In ricordo di Carlo Casini – Quante vite hanno salvato dall’aborto?
“Giorgio, ricordati, noi dobbiamo sempre e solo domandarci una cosa: quante vite hanno salvato in questo Cav? Quanti bambini hanno strappato all’aborto?”
Ripetetevi all’infinito questa frase, con marcato accento toscano, e avrete la sintesi umana di Carlo Casini, morto oggi dopo mesi e mesi di isolamento “forzato” anche a causa della malattia che l’ha lentamente consumato.
Per circa venti anni ho avuto il piacere, l’onore, l’onere, la responsabilità, la fatica, la gioia, il dolore di stare al tuo fianco come responsabile dei giovani della Lombardia, poi come responsabile nazionale dei giovani del Mpvi e infine nella Segreteria Nazionale come dipendente e segretario organizzativo.
Per circa venti anni abbiamo viaggiato insieme in lungo e in largo l’Italia, per l’Europa con annuali viaggi a Strasburgo per il Concorso Europeo che tu amavi (e io con te perché li sono nato in questo volontariato) e persino Malta per aprire il nostro Movimento giovanile a nuovi orizzonti internazionali.
Ho visto in questi anni di tutto e di più di quello che può succedere in una “famiglia” grande come la nostra, in una federazione di oltre 600 centri, ognuno diverso, chi grande chi piccolo, ognuno composto da donne e uomini con i loro pregi e difetti.
Ho amato tutti quelli che ho incontrato perché tu amavi tutti quelli che incontravi, instancabile, a decine al mese nei vari incontri .
Carlo ,eri un instancabile guerriero della luce: ti bastavano dieci minuti di riposino in auto e poi ripartivi con le telefonate, l’agenda scritta a mano, la recita del Santo Rosario.
Carlo, eri un grande democristiano, nell’accezione buona del termine. Finivano interminabili riunioni di Giunta e tu, riaccompagnandoti a casa, mi dicevi “Giorgio, anche oggi abbiamo deciso di non decidere e ricordati, non sempre è un male”. Nella mia vigoria giovanile non capivo ma poi col tempo ho gustato la saggezza di alcune “non decisioni”.
Carlo, eri un grande mediatore e a volte hai dovuto prendere anche decisioni dure, difficili, per contrastare i numerosi attacchi esterni ma soprattutto i dolorosi attacchi interni.
Ho avuto la possibilità di sperimentare sulla mia pelle tutto questo e ricordo benissimo quando con le lacrime agli occhi mi hai comunicato che dovevo andarmene (ed eravamo a Nomadelfia) ma ricordo ancor meglio quel lunghissimo abbraccio all’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum quando, dopo anni di lontananza, ci siamo abbracciati a lungo anzi, senza pronunciare verbo e dopo il primo attimo in cui volevo naturalmente staccarmi mi hai detto: “No Giorgio no, rimani ancora qui a lungo…” e siamo rimasti abbracciati da soli, in mezzo all’Aula Magna, con attorno il silenzio che già era calato sulle nostre vite e sulle tue opere… ma vi rimanemmo a lungo.
Oggi non è il giorno per esaminare la tua vita, e non spetta minimamente a me farlo, io voglio solo lasciare questi pochi ricordi di te anche se nella mia mente, mentre ti scrivo, già affiorano tantissimi momenti, sorrisi, incontri, lezioni che ci vorrebbe un libro per raccoglierli tutti.
“Concepire il concepito”, fu uno dei primi incontri che organizzai quando ero studente universitario alla Cattolica di Milano e tu come ospite ti complimentasti con me per il titolo del convegno: ricordo ancora quel primo sguardo di compiacimento.
“Secondo padre”. Quando anni fa riuscii a portarti a Novate Milanese, in Parrocchia da noi, per un bellissimo incontro di formazione e i miei concittadini erano tutti onorati di questa presenza e davanti a mio padre ti chiamai “secondo padre” perché questo effettivamente sei stato per me e per tanti di noi.
“Life Happening”: all’inizio un po’ scettico ma poi anche tu accogliesti volentieri il passaggio da Seminario Quarenghi a Life Happening col nuovo “taglio” (che tanta discordi ha portato) per avvicinare altri giovani, per andare fuori dalle nostre quattro mura
Scritti. Quanti libri hai scritto per continuare a spiegare “ai grandi e ai piccoli” l’amore per la vita da difendere in ogni sede, in ogni luogo, con ogni mezzo messo a disposizione dalla ragione umano, dalla scienza e dalla giurisprudenza.
Mi pregio di avere una tua prefazione al mio libro, guarda a caso, che parla di vite salvate e che si intitola “Mi hanno accolto con un abbraccio.”
Progetto Gemma. Come eri contento della mia tesi sui primi dieci anni di Progetto Gemma ma soprattutto come eri felice quando qualcuno, per il proprio matrimonio, per il battesimo o in qualsiasi altra occasione, salvava una vita umana tramite questa meravigliosa idea.
La Vita umana prima meraviglia. Quel libretto sempre in borsa, il tuo bellissimo rapporto con Lucia Barocchi, la vostra gioia e il vostro costante entusiasmo per la vita che dava forza e coraggio a tutti noi.
Vite salvate. Davvero eri così, Carlo e lo ripeto a memoria di chi se l’è dimenticato o di chi ti ha conosciuto poco. Il tuo “interesse” principale è sempre stato quello di salvare vite umane, di strapparle all’aborto. E quando ci segnalavano il caso di un Cav (Centro di aiuto alla vita) senza presidente, non in regola con le quote, con la sede in uno scantinato, mentre lo andavamo a visitare tu mi ripetevi: “Giorgio, quante vite hanno salvato? Una? Anche una sola? Bene, per me questo Cav rimane aperto”. E così succedeva.
E queste parole mi hanno sempre ricordato quella preghiera dove si dice “Dio non ti chiederà i metri quadrati della tua casa, ti chiederà quanta gente hai ospitato”
Ti saluto Carlo con quest’ultima immagine di te, in un angolo, al Family Day al Circo Massimo stracolmo di gente. Ti ho salutato, mi hai salutato e mentre altri si alternavano sul palco ti ho detto: “Carlo, la vedi tutta questa gente? Quanti non sarebbero qua se non ci fossi stato tu, noi, le nostre operatrici, i nostri volontari, tutta l’opera dei Movimenti e dei Centri di Aiuto alla vita? Chissà tra questa gente in quanti sono venuti a Strasburgo, in quanti ai Quarenghi, in quanti sono stati strappati all’aborto. Eccoli, eccolo qua il Popolo della vita”.
Hai sorriso e mi hai chiesto” Giorgio, dimmi come stanno Sara e i figlioli….?”
Addio amico mio, addio Maestro, addio “secondo padre”
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