Facciamo una doccia alla nostra anima: ecco come Dante, nel Purgatorio, spiega la “confessione”
Dopo essermi cimentata con Inferno e Paradiso, non mi resta che spendere due parole sul Purgatorio.
La questione, però, è un po’ problematica. Il Purgatorio non è un Regno eterno (nel giorno del Giudizio si svuoterà e non avrà più motivo di esistere) e Dante non si concentra su approfondite trattazioni teologiche come negli altri. C’è, sì, una bellissima trattazione della dottrina dell’amore, ma è decisamente troppo complessa per dedicarci solo poche righe.
Allora sono partita dal presupposto che il Purgatorio dantesco è la cantica delle allegorie e che il Purgatorio stesso non è che una grande allegoria. L’allegoria della penitenza dopo la confessione.
Questo appare evidente nel canto IX, quando viene descritta la porta del Purgatorio, ed è di questo che ho deciso di parlare.
Il vero e proprio ingresso nel Purgatorio avviene, come dicevo, solo al canto IX. Qui Dante si trova davanti ad un portale preceduto da 3 gradini e custodito da un angelo. I 3 gradini sono, nell’ordine, uno bianco e splendente come marmo, uno scuro e crepato come la pomice, uno rosso sangue e screziato come il porfido. L’angelo è rivestito di una tunica grigia, ma reca in mano una spada fiammeggiante e 2 chiavi, una d’oro e una d’argento. È seduto sulla soglia del portale, che è limpida e trasparente come diamante.
La porta nel suo complesso è una potente e bellissima allegoria della Confessione. I 3 gradini rappresentano le 3 fasi della confessione:
- il marmo bianco e lucente riflette l’immagine di Dante ed è la fase dell’esame di coscienza, in cui ognuno di noi deve guardarsi dentro e vedersi sinceramente così com’è;
- la pomice, scabra e ruvida, rappresenta il momento della confessione orale, in cui, con grande difficoltà, ci apriamo ad un’altra persona, temendo di esporci al suo giudizio;
- il porfido rosso sangue esprime il dolore della penitenza (e ricorda quel lavare “le vesti nel sangue dell’Agnello” che ci renderà puri alla Fine) che dobbiamo affrontare per redimerci.
Passiamo ora all’angelo. Il suo aspetto è dimesso: tutti gli altri angeli hanno vesti candide e splendenti. Quest’angelo no, perché rappresenta il confessore. Tutti gli angeli sono messaggeri di Dio, ma questo è uno strumento più umile degli altri. Il confessore deve, in qualche modo, annullare la propria personalità per essere in grado di ascoltare senza pregiudizi e di giudicare senza acrimonia. L’angelo, però possiede 3 oggetti che mostrano il suo potere:
- la spada fiammeggiante è la forza della Giustizia divina;
- la chiave d’oro è l’autorità concessa da Dio al confessore di rimettere i peccati;
- la chiave d’argento è il discernimento, cioè la capacità di giudicare l’effettivo pentimento.
Rimane un ultimo elemento: la soglia di diamante. Essa rappresenta sia la purificazione dell’animo (è bianca e riflette le immagini come il primo gradino, ma è trasparente e non lattea) sia la costanza che chi si è confessato deve avere per non ricadere nel peccato.
Fin qui di fatto ho solo spiegato a grandi linee (quanto ci sarebbe da dire ancora!) il brano del Purgatorio e dov’è, allora, la buona notizia, il messaggio positivo del giorno? In quello che l’angelo dice a Dante aprendogli le porte del Purgatorio.
L’angelo dice, innanzitutto, che Pietro lo ha incaricato di eccedere in misericordia piuttosto che in severità. È un’ottima notizia: vuol dire che Dio ci viene sempre incontro; che quello che non riusciamo ad ottenere noi con il nostro pentimento verrà colmato dalla Grazia; che il confessore deve andare oltre la prima impressione e “darci una possibilità”.
L’angelo dice anche che, una volta saliti sul monte del Purgatorio, non si deve guardare in basso, pena il tornare indietro. Detto così, sembra un tranello da videogame, ma bisogna fare attenzione. L’angelo vuol dire che, una volta confessati dobbiamo ricominciare, non tornare a tormentarci per i peccati commessi perché una confessione sincera li cancella completamente e ricordarli non solo significherebbe che non crediamo al valore della Confessione, ma ci esporrebbe anche alla tentazione di ricadervi.
Ecco quindi le mie buone notizie di oggi. La prima è che Dio è infinita Misericordia e queste non sono vuote parole: vuol proprio dire che è sempre disposto a venirci incontro là dove le nostre intenzioni sono buone, ma le nostre forze insufficienti. La seconda è che dobbiamo credere nella Confessione, dobbiamo sfruttarla, perché ci permette ogni volta di ricominciare, di ripartire come creature nuove e ripulite, con nuove vie e nuove possibilità davanti.
Facciamo più docce alla settimana per ripulire il nostro corpo, allora perché non confessarci più spesso per ripulire la nostra anima?
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bellissimo articolo, complimenti. lo citerò sul mio lavoro Dante a Bismantova
Giuseppe, poi mandaci il libro che ci facciamo una bella recensione. Giorgio – direttore@ilcentuplo.it