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Proviamo a riflettere sull’aborto… oltre gli slogan!

Ci sono argomenti che per la loro particolare natura sono destinati da sempre a dividere l’opinione pubblica. L’aborto volontario è uno di questi. Da quando se ne discute, le opinioni si dividono sempre tra chi vuole con esso la riaffermazione del principio di autodeterminazione della donna, e tra chi invece riafferma la dignità dell’essere umano concepito, e che nella fase prenatale aspetta di essere partorito e dunque di venire al mondo. Non sempre il dibattito conosce però momenti sereni, anzi spesso accende l’opinione pubblica. Ultimamente infatti c’è stato un caso che ha riacceso i riflettori su tale tematica: domenica 16 febbraio, presso il Palazzo dei Congressi di Roma si è tenuta la manifestazione della Lega, guidata dal suo leader, Matteo Salvini, che nell’occasione però non ha mancato di farsi sfuggire un’uscita a mio avviso poco felice proprio sulla tematica dell’aborto.

Il leader del Carroccio si è espresso con queste parole: “Delle infermiere del pronto soccorso di Milano mi hanno segnalato che ci sono delle donne che si sono presentate per la sesta volta per una interruzione di gravidanza. Non entro nel merito di una scelta che compete solo alla donna. Non è compito mio né dello Stato dare lezioni di morale o di etica a chiunque, è giusto che sia la donna a scegliere per sé e per la sua vita. Però non puoi arrivare a prendere il pronto soccorso come la soluzione a uno stile di vita incivile per il 2020”.

Il Centuplo è un luogo virtuale costruttivo, ammantato da pacata volontà di confronto, e aperto alla positività della vita, e pertanto lascio ad altri luoghi l’onere della polemica politica. Ma tale affermazione, e il relativo dibattito che si è aperto, ci offre l’occasione di dire la nostra su questa realtà.

Pur affermando la nostra linea di assoluta difesa del diritto alla vita di chi è ancora nel grembo materno, non possiamo tuttavia uniformarci a delle affermazioni che lasciano intravedere una mancanza di sensibilità nei confronti di quelle donne che hanno dovuto sottoporsi ad interruzione della gravidanza; non ci sentiamo di etichettare queste donne come “esseri dallo stile di vita incivile”, portando a mo’ d’esempio qualche caso, col rischio di renderlo poi paradigmatico di tutta una realtà molto più varia e complessa…

Esiste una realtà in cui ci sono delle donne costrette (sottolineo e ribadisco questo concetto: COSTRETTE) ad abortire, e che spesso sono persone che si trovano in una sconfortante situazione di povertà materiale e culturale, solitudine e sopraffazioni, di cui sono più vittime che colpevoli. Sono tante le donne che in queste situazioni vengono lasciate nella loro solitudine, inchiodate dal disinteresse dei maschi che se ne lavano le mani e spariscono dalla circolazione… Sono tante le donne che, dopo aver interrotto la gravidanza, vivono la solitudine e il dramma del senso di colpa schiacciante. Sono tante le donne che meriterebbero di essere ascoltate, abbracciate, consolate, aiutate…

Ma è altrettanto vero che su questa realtà, l’altra propaganda, quella cosiddetta “radical-chic filo-abortista”, lascia cadere un silenzio tombale, rifugiandosi esclusivamente in una patetica sfilza di luoghi comuni e slogan, e non vuole tenere conto che spesso l’aborto più che la scelta consapevole di una donna, è invece l’imposizione dell’uomo su di essa. Per non parlare poi della retorica agghiacciante che ammanta le considerazioni sulla vita nascente. Ma, come si dice? Il diritto è diritto, e le “questioni di principio” da sempre hanno la meglio sulla realtà!

In tutto questo io credo che una lettura attenta della Legge 194/78 (perché l’ignoranza di questa molto spesso accomuna le due realtà sopracitate) possa aiutare a formare uno spirito critico che ci aiuti a trattare l’argomento senza cadere nella patetica reiterazione di stupidaggini a buon mercato. Nello stesso tempo sono sempre più convinto che una buona e mirata educazione affettiva, soprattutto per i ragazzi, possa favorire delle relazioni mature e responsabili, improntate sul rispetto reciproco e sulla consapevolezza delle proprie azioni…

Vorrei chiudere questa riflessione volgendo un pensiero a quelle donne che, per un motivo o per un altro, han dovuto interrompere la loro gravidanza. A queste sorelle vorrei ricordare che nulla oscura l’infinita bontà di Dio. Nello stesso tempo vorrei invitarle, esattamente come ha detto Papa Francesco, nei momenti di sconforto e di solitudine, ad alzare lo sguardo al cielo e a cantare una ninnananna ai loro bambini mai nati, che tra le braccia di Dio non mancheranno di chiamarle MAMMA!

Pasquale

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