cinemacultura

Sul film “La vita di Judy Garland”

Durante queste feste ho visto un film bellissimo su Sky che vorrei consigliare ai lettori de Il Centuplo: “La vita di Judy Garland “.

Mi ha emozionato moltissimo. Racconta Judy a 47 anni, pochi mesi prima della morte quando il suo astro è ormai in declino. Ha problemi con il divorzio, con l’affido dei figli ed è totalmente al verde, in America non ha più lavoro, ed è costretta ad un tour forzato a Londra città nella quale è ancora molto apprezzata.  Il film introduce ricordi per mezzo di flashback. Vediamo Judy bambina che interpreta Dorothy nel: «Il Mago di Oz». Una Judy oppressa dallo star system hollywoodiano, privata dell’infanzia e dell’adolescenza. Una ragazzina che sognava di poter mangiare un gelato o un panino con gli amici. Tutto le era vietato, dal gusto del cibo a causa di una dieta forzata, al piacere di relazioni con i suoi coetanei, perché lavorava anche 18 ore al giorno sostenuta dalle anfetamine che le facevano ingerire. (Adesso sotto i 18anni nel cinema non puoi lavorare più di sei ore). Un periodo di cui si porterà per sempre dietro i segni: l’insonnia, solitudine.

I semi della fine vengano gettati all’inizio della vita, vuole dirci il regista, il bravissimo Rupert Gold.  

L’attrice Reneè Zelweger ha vinto l’Oscar per questo film, è incantevole, grandissima, non se ne ha mai abbastanza.

Le sue battute che dietro il sorriso ti fanno capire il suo malessere: “Ha mai preso niente per la depressione?”
“Sì quattro mariti, ma non sono serviti a niente”

Rivedi quegli occhi che diventano tristi, e un istante dopo riprendono a giocare.

La solitudine è un tema costante per Judy Garland e si sente nel film, presenza palpabile quando arriva a Londra, separata dai figli piccoli che adora e si ritrova in una stanza d’albergo sontuosa, enorme, ma fredda e tanto vuota. Le persone che l’accompagnano se ne vanno, la porta si chiude alle loro spalle e lei resta lì sola.  E ti chiedi come passeranno le sue ore fino al prossimo spettacolo? Lei che di notte non riesce a dormire. Di cosa si riempirà ogni giorno ora che i figli non ci sono. Come è possibile essere famosi e insieme tanto soli? Avere un talento che forse ti schiaccia annullando tutto il resto?

Un film da vedere, magari tutti insieme in famiglia, o con amici, per riflettere che la vita che pensiamo magnifica di tante persone, spenti i riflettori nasconde a volte più ombre che luce. Dietro il successo c’è tanto lavoro e anche tanta gente che si avvicina solo per interesse.

Questo si riflette nei meravigliosi primi piani dell’attrice di Reneè Zelweger (che tutti ricorderanno per un altro film: il diario di Bridget Jones). Si avrebbe voglia di non smettere più di guardarla e continui a portartela dentro una volta spento il televisore.

A me è venuta in mente una frase di una grande poetessa, Alda Merini, che calza a pennello con l’anima di Judy:

IO NON HO MAI AMATO LA SOLITUDINE, MA SE STARE IN MEZZO ALLE PAROLE SIGNIFICA CONVIVERE CON LA FALSITÀ, PREFERISCO STARMENE PER CONTO MIO “.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *