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“Cor a cor”: fai del bene e fallo sapere

LA TORTA – « E te ne torni a casa felice, portando nel cuore i suoi occhioni pieni di gioia …». Sono le ultime parole del messaggio che Antonello mi invia dalla piazza antistante la stazione ferroviaria di Napoli, la sera di lunedì 31 ottobre. Come sempre, i nostri ragazzi – tra loro anche alcuni minorenni – hanno caricato le loro auto dei pasti cucinati in casa, hanno indossato la pettorina rossa con la scritta “Cor a cor”, e sono volati dai fratelli e sorelle senza fissa dimora. Da un po’ di tempo, come obbedendo a un comando, oltre alla cena calda, donano anche il classico dolce napoletano, la sfogliatella, molto apprezzata da italiani e stranieri. Una nota di colore, un dolce porta allegria.

Non solo, quindi, lo stretto necessario. Padre Sossio Del Prete, fondatore delle “Piccole ancelle di Cristo Re”, morto nel 1952, alla tavola dei suoi poveri, voleva che non mancasse un bicchiere di vino e un sigaro. I santi sono fatti così, sanno leggere nei fondali dei cuori e farebbero di tutto per portarvi un pizzico di gioia. Sono partiti dalla parrocchia, dunque, lieti ed entusiasti. È proprio un bel gruppo, che va crescendo di volta in volta. Abbiamo adottato il motto: « Fa il bene e fallo sapere”. Fallo sapere, non certo per inorgoglirti, sarebbe patetico e ridicolo. Fallo sapere, perché altri siano incoraggiati a tirare fuori il meglio di sè. Questo miracolo è accaduto tante volte. Nel giro di pochi minuti il carico di carità svanisce. Almeno per questa sera, la cena per fratelli che contemplano le stelle è assicurata.

Ma succede qualcosa. Una giovane mamma si avvicina tenendo per mano le sue bambine. La più piccola, proprio quel giorno ha compiuto quattro anni. Un compleanno triste, senza regali, senza festeggiamenti, senza un dolcino. I poveri. Dovremmo andarli a cercare, i poveri, e chiedere loro la cortesia di lasciarsi aiutare. Per renderci più umani, per darci la possibilità di accarezzare Gesù che in essi si nasconde. Un attimo. Antonello, papà da pochi mesi, capisce che occorre inventare una piccola festa alla bimba povera per illuminare il suo faccino triste. È vero, non possiamo sfamare tutti gli affamati del mondo; è vero, non possediamo case da dare a tutti i senzatetto. È vero, tante tragedie, tante guerre, ci trovano impotenti.

È vero anche, però, che quel poco che possiamo fare, abbiamo il dovere di farlo. Una torta. Correre in una pasticceria, comprare una torta, trovare una candelina, cantare “ tanti auguri a te” è nelle loro possibilità? Certo. Allora va fatto, e subito, senza porre tempo in mezzo. E va fatto da loro, senza giudicare chi non lo fa, senza recriminare sulle cose che non vanno, che pure sono tante. C’è un tempo per ogni cosa. Questo è il momento di far festa a una bambina triste e senza casa. «E lei ha ricambiato con un abbraccio». I poveri non hanno altro, ma, a ben guardare, altro non serve. Un semplice abbraccio e il gruppo di volontari fa ritorno a casa “portando nel cuore i suoi occhioni pieni di gioia». Occhioni che, lo so, saranno capaci di consolarli nei giorni della tristezza e daranno loro la forza di non tirare i remi in barca quando sopraggiunge lo scoraggiamento. Occhioni che consoleranno e tormenteranno le loro giornate. Ho sentito il dovere di scrivere questa testimonianza dopo aver letto la notizia dei minorenni che,a Roma, hanno aggredito un fratello senzatetto. Un episodio di grande tristezza. Questi minorenni ci interpellano. Essi vanno educati, aiutati, custoditi. E questa responsabilità ricade sugli adulti. Scandalizzarsi per questa o quella situazione non serve a molto.

Ho voluto, perciò, contrapporre al male fatto a un clochard da alcuni minorenni, il tanto bene che altri minorenni si sforzano di fare. La migliore educazione per quanto riguarda il rispetto e l’amore al prossimo in difficoltà, si fa soprattutto con l’esempio. Non poche volte, con noi, vengono diversi papà con il figlio o la figlia al seguito. È bello vederli incamminarsi con i sacchetti che penzolano dalle loro mani. Insieme al loro papà, alla loro mamma, si sentono al sicuro, hanno imparato a non aver paura, sono felici di poter essere di aiuto. Credo che dopo aver fatto un’ esperienza simile, mai e poi mai, qualcuno di loro si permetterebbe di schernire, mortificare un fratello o una sorella tanto povero da essere costretto a dormire sotto il cielo. Maurizio Patriciello.

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