cultura

Tempo di Noci: la discoteca delle Streghe

E’ tempo di noci! I frutti a guscio di un albero magico anzi esoterico o meglio ancora una discoteca per le streghe di un tempo. La leggenda, infatti, ebbe probabilmente origine presso il confine tra la provincia di Avellino e quella di Benevento, sede del “noce stregato” più famoso del mondo. Fu qui che il vescovo Barbato, probabilmente proprio dopo essersi imbattuto in una di queste cerimonie pagane, fece sradicare l’albero per ostacolare ulteriori incontri di queste danzatrici dette “Janare”. L’albero però ricrebbe e le ballate continuarono ancora a lungo, anche dopo il 1600, quando il noce originario morì.

Ma quello non è un caso unico nella storia del folklore italiano: anche a Roma, ad esempio, si tramanda che la chiesa di Santa Maria del Popolo venne fatta innalzare dal papa Pasquale II sul luogo ove precedentemente cresceva un noce, sotto il quale migliaia di diavoli amavano riunirsi e danzare durante la notte. Ancora adesso la superstizione popolare sconsiglia calorosamente chiunque di riposare o, peggio, addormentarsi sotto un albero di noce, se non ci si vuole risvegliare con un forte mal di testa o, peggio, con la febbre alta. Inoltre, si evitava di piantare questi alberi troppo vicini alle stalle per il bestiame perché se le radici fossero penetrate al di sotto gli animali allevati avrebbero cominciato a star male. È un dato di fatto che nelle adiacenze degli alberi di noce non crescono altre piante: questa caratteristica, che anticamente è stata associata alle attività stregonesche che vi si svolgevano sotto, ha una spiegazione scientifica nel fatto che le radici di questa pianta, come anche le sue foglie, contengono una sostanza tossica, la juglandina, capace di far morire le altre piante.

L’albero del noce è legato anche numerose leggende della mitologia greca e romana ma anche di nostri avi contadini. Siccome in Grecia si pensava che fosse un dono dei re persiani, gli antichi greci lo chiamarono “Karya Basilica” ovvero noce regale e lo ritenevano un albero profetico. Proprio in Grecia, la pianta del noce era legata al dio Dioniso e al mito di Caria. Si racconta infatti che Dioniso si recò in Laconia e venne accolto dal re Dione. Qui si innamorò di una delle tre figlie, Caria, che ricambiò il sentimento verso il dio dell’ebbrezza. Le sorelle di Caria, Orfe e Lico, gelose di questa relazione, iniziarono a spiare e fare pettegolezzi sul dio Dioniso che, preso dall’ira, dapprima le fece impazzire e successivamente le tramutò in rocce. Ma Caria, venuta a sapere dell’accaduto, morì per il dolore. Allora Dioniso, follemente innamorato della ragazza, decise di rendere eterno il suo ricordo, trasformandola in un albero di noce, che potesse produrre frutti fecondi. In seguito, la dea Artemide fece visita al re ed alla regina per raccontare loro l’accaduto. I Laconi, riconoscenti verso la generosità della dea, eressero un tempio in suo onore e a ricordo della principessa Caria Occidentale. Il suo nome scientifico è Juglans regia; “Juglans” è il termine latino che indicava l’albero ed è una contrazione della locuzione “Jovis glans“, cioè “ghianda di Giove“, così chiamata in virtù della bontà e dell’alto valore nutritivo del frutto.

Ancora oggi giungono racconti, ai giorni nostri, di leggende contadine tramandate dai nostri antenati, nello specifico mio nonno legava un filo di paglia intorno all‘albero perché così i frutti non cadessero prima di maturare; altri anziani dicevano che la sera della notte di San Giovanni, se si ponevano alcune foglie di noce in una bacinella d’acqua, il giorno dopo quell’acqua poteva essere usata per un pediluvio per chi soffriva della tremenda puzza dei piedi.

In gastronomia dalle noci ancora immature ed avvolte dal mallo si ricava un ottimo liquore chiamato “nocino”, che anticamente era considerato una panacea per ogni male. Secondo la memoria, la raccolta delle noci indispensabili alla sua fabbricazione va fatta proprio nella notte di San Giovanni (tra il 23 e il 24 giugno), ovvero in correlazione del Solstizio d’Estate, a piedi nudi e percuotendo i rami con un legno. Solo così il liquore che ne verrà acquisirà quelle proprietà taumaturgiche per le quali va famoso! Ancora oggi in collaborazione con mia suocera, proprietaria di una gelosa ricetta tramandata dai suoi avi, produciamo il nocino ma vi assicuro che vado con le scarpe a raccogliere i malli e vi assicuro che viene buono lo stesso.

Del Gaizo Costantino

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