editoriali

Stare vicino ai malati in ospedale fa parte della cura

Ieri un amico mi raccontava piangendo della madre morta di Covid, portata via da casa e ricoverata, che lui non ha più visto per due mesi, prima che morisse, e che non ha mai più salutato, mai, se non per un medico veramente degno di questo nome, che gliela ha passata al telefono. Ora io mi chiedo: se si possono avvicinare medici, infermieri, addetti alle pulizie, allo stesso modo con tute, scafandri, triple protezioni, guanti e tutto quello che si può indossare non si sarebbero potuti far entrare almeno i figli di quella meravigliosa signora, che sono stati la sua unica ragione di vita, l’unico pensiero da quando si alzava a quando andava a dormire per gli ultimi cinquanta anni di vita? (E così per tutti i morti?)

Certo, è scomodo avere gente intorno in terapia intensiva, ma la cura del cuore è parte della cura, non tutto è corpo.

Il benessere è qualcosa di più complesso.Io non dico che questo virus non sia grave e pericolosissimo, ma secondo me le misure prese non sono assolutamente commisurate al pericolo. Lo dico dall’inizio, lo dico ancora di più adesso che lo conosciamo meglio e che abbiamo le cure. Le misure prese ora – lockdown totale dopo oltre un anno, ragazzi chiusi in casa in primis – sono fuori scala. E’ un po’ come se si proibisse la circolazione alle macchine perché ogni anno in Italia muoiono 3000 persone di incidenti stradali (e 150mila feriti). Non morirebbe più nessuno di incidente, ma la nostra vita sarebbe molto diversa e più limitata.

Lo so, non sono un medico, ma sono una persona che legge e pensa (e per inciso conosco anche i meccanismi dell’informazione, ci lavoro da oltre 25 anni) e credo di avere diritto a un’opinione. Per questo mi vado convincendo del fatto che il virus è grave ma non è come ce lo raccontano: ci si può convivere e si può anche curare, anche se purtroppo non sempre (ma questo è di ogni malattia). Certo, è più complicato organizzare le cure di base che chiudere tutto.

A me sembrerebbe logico adottare misure di massima precauzione – isolamento – solo per le categorie che possono rischiare qualcosa, mantenere le regole e farle rispettare, ma non togliere la vita e il sostentamento a tutti, comprese le categorie per le quali il rischio è prossimo allo zero (nessun ragazzo sano è morto, mentre qualche anno fa nel mio quartiere un ragazzino è morto per strada accanto alla mamma perché è caduto un vaso da un balcone: che facciamo, non usciamo più?) e che stanno pagando un prezzo troppo alto per la misura del pericolo.

L’assenza di virus non è l’unico indicatore di salute delle persone: il mio amico che non ha più visto la mamma per mesi avrebbe corso volentieri, con tutte le precauzioni, un minimo rischio di fronte alla certezza di un dolore senza rimedio.

Costanza Miriano

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