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Che tipo di veleno c’era nella mela di Biancaneve? Il nuovo libro di Roberta Bruzzone ed Emanuela Valente

Dieci casi di cronaca nera tra i più sconvolgenti degli ultimi anni. Una criminologa e una giornalista da sempre in prima linea contro la violenza sulle donne. Un’analisi lucida e necessaria degli stereotipi di genere che hanno provocato queste tragedie annunciate, per sconfiggerli una volta per tutte.

I maschi sono intelligenti, le femmine sono utili. I maschi sono “progettati” per comandare, le femmine per accudire. Gli uomini devono provvedere economicamente alla famiglia e realizzarsi nel lavoro, le donne devono stare a casa. Questi sono solo alcuni degli stereotipi di genere più comuni che ancora permeano la nostra cultura. Pensate che siano in gran parte retaggi di un passato ormai superato? Questo libro ci dice che non è affatto così. Gli stereotipi di genere sono tra noi, ogni giorno. E no, non sono affatto “innocui”, come molti sembrano considerarli. Attraverso la ricostruzione di dieci casi di femminicidio tra i più sconvolgenti degli ultimi anni, Roberta Bruzzone ed Emanuela Valente analizzano i principali preconcetti culturali e sociali che hanno operato in queste vicende inconcepibili, eppure reali. Stereotipi, pregiudizi e tabù a cui hanno obbedito un po’ tutti: le vittime, gli assassini, l’opinione pubblica e perfino i media che ne hanno parlato. Il quadro che ne emerge non è consolatorio: le idee sessiste sono ancora molto radicate, in ognuno di noi, senza distinzioni di condizione economica e culturale. Lungi dal voler giudicare, ma con lucidità e senza fare sconti a nessuno, Favole da incubo intende aiutarci a prendere coscienza di quelle voci che parlano dentro di noi, spingendoci ancora, nostro malgrado, a fare distinzioni di genere nella vita di ogni giorno. Perché la presa di coscienza è il primo, necessario passo per cominciare a scardinare questi schemi mentali e fare in modo che crimini tanto orribili non trovino più un terreno in cui mettere radici, crescere e riprodursi. Intervenire in tempo per fermare l’escalation è possibile, e soprattutto è possibile innescare quel profondo cambiamento culturale che può mettere fine una volta per tutte alla violenza sulle donne.

Chiediamo a Roberta Bruzzone:

– Da bambina, quale era la tua fiaba preferita?

Questa è una bella domanda perché in effetti nella mia famiglia c’era l’abitudine di raccontare favole ma io, da autentica rompiscatole sin da piccina, ne mettevo sempre in discussione i passaggi salienti e quindi non c’era gusto nel raccontare favole a me nella vana speranza di farmi addormentare. Anzi, facevo domande su domande, alcune già abbastanza tecniche a dire il vero, come quelle relative al tipo di veleno contenuto nella mela di Biancaneve. Però ho sempre ritenuto la favola di cappuccetto rosso decisamente quella più irrealistica perché quel lupo travestito da innocua nonnina proprio non mi andava giù. Insomma, possiamo dire che non avevo una favola preferita ma che mi divertivo già da allora a metterle seriamente in discussione tutte.

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