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Cos’è la Bioetica e quali sono i suoi compiti

Come ho già avuto modo di dire nel corso delle mie lezioni universitarie e come ho già scritto in numerose pubblicazioni, per quanto rappresenti sempre più un tema di attualità scottante, è difficile giungere ad una definizione di Bioetica approvata da tutti, che sia – pertanto – universalmente ritenuta esaustiva e soddisfacente. Si può dire sicuramente che si tratta dello studio dei problemi morali e sociali legati alla ricerca scientifica in campo biomedico (manipolazioni genetiche, trapianti d’organo, etc.), e che la bioetica è una materia interdisciplinare tra scienze biomediche e scienze umane. Si va dalla biologia (e questo è ovvio) alla medicina, dalla filosofia morale al diritto, con vasti cenni ad altre materie ancora. 

            Pur in assenza di una univoca definizione di Bioetica, ecco a seguire quella che ho personalmente creato in occasione di un articolo pubblicato nel gennaio 2005 dal bimestrale culturale «Silarus», riportata successivamente nel volume «Bioetica Animalista – Dagli aspetti socio-filosofici alle applicazioni pratiche nella sperimentazione clinica dei farmaci» (Edizioni Universitarie Romane, Roma 2008), nonché utilizzata come prima definizione di Bioetica su Wikipedia Italia, dove rappresenta ancora – ad alcuni anni di distanza – l’ossatura principale di tale voce enciclopedica:

            “La bioetica è una disciplina recente che si occupa delle questioni morali che sorgono parallelamente al rapido progredire della ricerca biologica e medica. (…). Si parla per la prima volta di bioetica nel 1970, all’interno di un articolo dell’oncologo americano Potter (…). Sono assai numerose le problematiche legate alla bioetica, e l’opinione pubblica ne viene sempre più coinvolta nella vita quotidiana, anche per mezzo dei mass-media. Pensiamo, solo per fare alcuni esempi, a: clonazione, utilizzo delle cellule staminali, ingegneria genetica, procreazione assistita, sperimentazione clinica dei farmaci, trapianti d’organo nell’uomo, aborto, accanimento terapeutico, eutanasia, problematiche ambientali da compromissione dell’equilibrio biologico. Dagli anni Settanta ad oggi sono sorti molti centri privati e comitati pubblici di bioetica. In Italia il Comitato Nazionale di Bioetica è stato fondato nel 1990, ed è organo consultivo della Presidenza del Consiglio dei Ministri. (…). Comitati etici sono presenti in tutte le strutture sanitarie pubbliche italiane (AA.SS.LL., aziende ospedaliere, etc.), e sono composti da personale medico e paramedico, da esperti in psicologia clinica, filosofia, sociologia, materie giuridiche, teologia, etc.. Stanno nascendo bioeticisti in senso stretto, in virtù dell’insegnamento accademico della Bioetica, non solamente come singola materia inserita all’interno di Storia della Medicina, di Medicina Legale o di Filosofia Morale; difatti, nel 2001 è stata eretta la prima facoltà di Bioetica al mondo (…), in Roma”[1].

            La Bioetica, quale materia di studi accademici, vanta – al proprio interno – numerose sezioni che non fanno altro che rapportare la bioetica stessa ad altre materie opportunamente correlabili; per cui, sentiremo parlare di Bioetica e Diritto, Bioetica della fase terminale della vita, Bioetica nell’atto medico, Bioetica e psichiatria, Bioetica ed ambiente, etc..

            Entrando maggiormente nel dettaglio, nei corsi accademici di Bioetica, si studiano: la giustificazione epistemologica dell’etica nelle scienze sperimentali, l’etica dell’atto medico e del rapporto medico/paziente, il rapporto tra etica e diritto (compresi i ruoli del diritto civile, penale ed amministrativo nella tutela della vita umana e della salute), l’etica nella sessualità umana e l’antropologia della sessualità, aspetti bioetici nelle politiche demografiche internazionali, l’etica della regolazione della fertilità, l’etica nella fase nascente della vita umana, lo statuto biologico ed antropologico dell’embrione umano, i problemi etici in neonatologia, la bioetica negli interventi medici sull’uomo, l’etica della sperimentazione in medicina, il concetto di morte cerebrale, l’etica dei trapianti di organi, i problemi etici delle trasfusioni e quelli correlati all’ingegneria genetica ed alle terapie genetiche, le problematiche etiche nella medicina del lavoro, l’etica dell’allocazione delle risorse, il concetto di qualità di vita ed il criterio costi-benefici nelle politiche di prevenzione e cura della popolazione, la bioetica nella fase terminale della vita, l’etica ed il valore giuridico dei testamenti di vita e delle dichiarazioni di volontà dei pazienti, l’umanizzazione della medicina nella fase terminale della vita, la bioetica e l’ambiente, le correnti ecoetiche attuali, i problemi etici correlati al rispetto della natura e degli animali.

            Un’autentica moltitudine di campi applicativi per la Bioetica, che non deve sorprendere se si pensa che etimologicamente il termine indica l’etica della vita (bios = vita ed ethos = etica; dalla stessa radice greca deriva il termine ethikos, che significa “teoria del vivere”, da cui il termine moderno etica). Non a caso, tra gli svariati modi di indicare la definizione di Bioetica ne va indicata una, più breve e semplice di quella personalmente ideata e prima citata, che indica nella Bioetica – o Etica della Vita – la disciplina che riflette sul rapporto tra la libertà e la vita, tra il significato dell’azione dell’uomo ed il significato ontologico dell’uomo, cioè della vita. Un recente (l’abbiamo detto, il termine risale al 1970) ambito intellettuale per l’approccio alle questioni sollevate dal progresso scientifico e tecnologico.

Vediamo ora, quali sono i compiti della bioetica.  La bioetica ha il compito di dare risposte agli interrogativi che si susseguono nel corso dell’evoluzione della scienza e della tecnologia e delle loro possibili applicazioni sulla vita, in particolare dell’uomo: quanto è tecnicamente possibile è anche tecnicamente lecito?[2]

Per quanto concerne la Bioetica nella Storia, va detto che se il termine risale a poco meno di quarant’anni fa, il dibattito etico-morale sulla vita viene da molto più lontano. Fin dai tempi più antichi la tutela della vita e dell’integrità fisica delle persone era elemento centrale della società umana intorno a cui erano state predisposte leggi, norme di comportamento e stabilite consuetudini. I fondamenti della svolta etica, che avvengono nell’ambito della Scuola ippocratica consistevano nel principio fondamentale di “non recar male al paziente”, ma anzi a “provvedere sempre al suo bene”.

            Con lo sviluppo delle conoscenze mediche ed il perfezionamento dell’organizzazione dell’azione medica, l’attenzione si sposta alla pratica medica in rapporto alla morale e al diritto. Le più rappresentative opere in tal senso partono dal XVII secolo, con le cosiddette questiones medico-legales (proprio con questo stesso titolo è stata pubblicata un’opera in nove volumi, tra il 1621 ed il 1651) del dottor Paolo Zacchia (medico personale dei pontefici Alessandro VII ed Innocenzo X, nonché consulente alla Rota Romana e del sistema sanitario dello Stato del Vaticano), per approdare – alla fine del secolo successivo – all’elaborazione di un’autentica deontologia medica, su precisi doveri del medico. Successivamente, è stata ulteriormente sviluppata l’etica medica, dando impulso all’etica della vita e delle applicazioni mediche.

            La bioetica affida le proprie valutazioni ad un approccio multidisciplinare che tiene in considerazione non solo gli aspetti scientifici, ma anche questioni medico-legali, giuridiche, psicologiche e sociali. La spinta allo sviluppo di questa nuova disciplina – per l’appunto, la Bioetica – nasce dall’intreccio di fenomeni sociali e culturali:

  • capacità di gestire il grande potere offerto dal progresso scientifico;
  • consapevolezza che esistono dei diritti umani inalienabili fondati sulla dignità della persona;
  • crollo del mito della neutralità della scienza;
  • necessità di ripensare il rapporto dell’uomo col suo pianeta[3].

Infine, per quanto concerne la Bioetica nei confronti della scienza, la crescita esponenziale del progresso scientifico ha evidenziato due aspetti ambivalenti e contrapposti:

  • il miglioramento delle condizioni di vita;
  • il rischio di deriva verso l’autodistruzione dell’umanità.

Tutto ciò opportunamente premesso, anche – se non soprattutto – a favore di chi non dovesse ancora conoscere il reale significato ed il campo applicativo della Bioetica, questi ultimi due punti – appena citati – ci conducono verso il discorso della tecnoetica, che affronteremo nel prossimo articolo per “Il Centuplo”, discorso fondato proprio sulla tendenza, talvolta anche esasperata ed egoistica, verso il miglioramento delle condizioni di vita dell’uomo e sul conseguente rischio di deriva verso l’autodistruzione dell’umanità. Temi, questi, profondamente bioetici, ancor più precisamente tecnoetici, e molto spesso trattati – a volte superficialmente, altre volte no – sul grande schermo, soprattutto nell’ultimo quarto di secolo.

Prima di dedicarci alla tecnoetica trattata dalla Settima Arte, è necessario concludere questa prima parte sulla bioetica con un cenno critico circa gli attuali modelli che chiamano la medicina moderna (parte importante della bioetica) ad assecondare le richieste della realtà sociale e culturale di oggi (benessere, salute, bellezza, soddisfazione dei desideri, etc.), offrendo lo spunto a scelte individuali all’insegna di un relativismo etico, che resta la questione – e la preoccupazione – fondamentale, al centro di tutto il nostro discorso.

Tale preoccupazione nasce nel momento in cui gli strumenti di azione umana sono già attualmente in grado di consentire interventi stravolgenti, e lo saranno sempre di più nel futuro. Diventa, pertanto, sempre più impellente per la società civile, destinataria della bioetica, individuare comportamenti morali ed etici coerenti con il significato profondo ed immutabile della realtà dell’uomo e del suo senso nello spazio ambientale che egli occupa, ed evitare le derive pericolose conseguenti ad incontrollate scelte individuali.


[1] BACCARINI F., La bioetica: sfida per le coscienze del terzo millennio, in «Silarus» (n. 237/2005) e BACCARINI F., Bioetica Animalista – Dagli aspetti socio-filosofici alle applicazioni pratiche nella sperimentazione clinica dei farmaci, Edizioni Universitarie Romane, Roma 2008.

[2] Cfr. la lezione del collega prof. Giorgio Palestro “Il futuro della Bioetica: problemi e prospettive” (7 giugno 2008), per gli studenti del Master in Bioetica.

[3] Ibidem.

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