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La didattica a distanza ha portato disuguaglianza e non può continuare a settembre

Sono trascorsi ormai oltre due mesi da quel 4 marzo in cui le scuole vennero chiuse per emergenza fino al 16 marzo, poi fino al 3 aprile, poi fino al 13 aprile, poi fino a maggio e oggi al 16 maggio non abbiamo certezze su come si concluderà l’anno scolastico e come si svolgeranno gli esami di stato, di licenza media, di strumento nei licei musicali, dei ragazzi che frequentano le scuole parentali.

La didattica a distanza è stato il solo modo per salvare l’anno scolastico e mantenere un contatto tra insegnanti e alunni e si è passati da un semplice non perdere lezioni alle valutazioni vere e proprie, con tutti i limiti dello svolgere interrogazioni e verifiche tramite dispositivi tecnologici.

La ministra Azzolina parla di grande successo della didattica a distanza e di nuove prospettive aperte da questa modalità di fare scuola, successo calcolato sulla base di numeri, la didattica a distanza è stata attivata quasi ovunque. Ma è davvero un successo?

La comunità di Sant’Egidio ha svolto una ricerca su 800 famiglie di 27 quartieri della capitale iscritti a 44 istituti diversi. Per il 61% degli studenti delle scuole primarie la didattica a distanza non è mai partita, non solo hanno dovuto rinunciare alla socialità e al rapporto reale con gli insegnanti, ma non sono stati seguiti.  Hanno però ricevuto compiti da svolgere senza spiegazioni adeguate; la responsabilità della gestione dello studio è ricaduta sulle famiglie con notevoli disuguaglianze date da situazioni diverse: condizioni lavorative dei genitori, livello culturale, difficoltà di lingua per studenti stranieri, possibilità di avere dispositivi e connessioni alla rete adeguate. Anche i sussidi per tablet e rete internet sono arrivati a poche famiglie.

“Sono troppi i bambini che non hanno potuto godere del diritto allo studio – spiega Marco Impagliazzo presidente della comunità di Sant’Egidio- ormai ci troviamo davanti a studenti di serie A e studenti di serie B. E se non vengono prese delle importanti misure questo divario si allargherà inevitabilmente”.

La senatrice PD Vanna Iori ha presentato in commissione cultura un emendamento al Decreto Scuola per eliminare il voto numerico dalle scuole primarie e sostituirlo con un giudizio sintetico. Il pedagogista Daniele Novara si spinge oltre affermando: “Quest’anno non ci può essere in qualsiasi ordine e grado di scuola alcuna valutazione, né un numero, né un giudizio”.

La situazione eccezionale che stiamo vivendo è stata pagata pesantemente dai minori che hanno visto la loro vita stravolta, le loro relazioni azzerate dentro un clima di paura gestito da adulti impreparati che hanno messo in standby bambini e ragazzi perché la priorità era la lotta al virus, come se i nostri figli potessero essere messi in pausa e poi riavviati secondo le esigenze adulte.

Novara si chiede se in questa condizione dovremmo dare una valutazione agli studenti sul fatto di aver resistito o dare un voto alle famiglie che hanno meglio seguito i figli creando una disparità sociale che la scuola pubblica dovrebbe colmare, non acuire.

Chiediamo quindi alla ministra se può essere considerato un successo e una risorsa per il futuro un modo di fare scuola che impedisce di fatto una valutazione serena e equa e aumenta il divario sociale mettendo in difficoltà soprattutto le categorie già svantaggiate. Non è la missione della scuola pubblica quella di dare opportunità a tutti e non inchiodare ad un destino minore chi non parte da situazioni di vantaggio sociale?

In fase 2 della emergenza la priorità assoluta della scuola è lavorare ad un ritorno alle lezioni in presenza riconoscendo che la didattica a distanza è stata solo un metodo tampone in condizioni di crisi acuta. Molti ragazzi hanno accumulato lacune da colmare e se non ce ne faremo carico seriamente creeranno un divario sempre più grande.

In vista di settembre di fronte alla paura di nuove ondate di contagi, la risposta non può essere solo didattica a distanza, ma investimenti in strutture e nuovi insegnanti per eliminare l’annoso problema delle classi troppo affollate. Era un problema anche prima, se la crisi ci porterà a risolverlo avrà fatto qualcosa di buono.

Sull’ obiettivo di garantire il diritto all’istruzione a tutti i minori famiglie e insegnanti devono fare fronte comune. L’insegnante svolge servizio pubblico al pari di medici, infermieri, forze dell’ordine; ha un compito fondamentale perché tiene in mano il futuro delle nuove generazioni. Certamente negli ultimi tre decenni il ruolo dell’insegnante non è stato tenuto in debito conto ed è tempo di ridare il giusto onore ad una professione fondamentale per il paese. Agli insegnanti chiediamo di essere all’altezza del compito, della professione che hanno scelto. Di riconoscere che il vero insegnamento può essere solo in presenza e i dispositivi moderni un utile ausilio. Non possono rifiutarsi di tornare a scuola per paura.

Se gli adulti hanno paura a chi guarderanno i piccoli per imparare ad affrontare il pericolo?

Belinda Bruni Selis

Fonti: https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/05/13/coronavirus-la-proposta-della-senatrice-pd-iori-niente-voti-per-le-scuole-primarie-non-tutti-hanno-potuto-fare-lezioni-e-verifiche/5799967/

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