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L’Atalanta, come la Juventus, merita di restare in Champions League

Dunque Andrea Agnelli, presidente della Juventus, in un momento in cui il nostro calcio (e per la verità anche il nostro Paese) non avrebbe bisogno di ulteriori tensioni ha detto che sarebbe bello se a livello internazionale fossimo rappresentati da una società come la Roma (espressione di un brand famoso nel mondo) che non da una società come l’Atalanta (frutto di un miracolo provinciale).

Poi ha chiarito meglio il suo pensiero (ma quando si “chiarisce” vuol dire che la prima versione non è venuta benissimo), poi si è messo in contatto col presidente Percassi per dirgli che lui rispetta molto l’Atalanta e che non c’era “nulla di personale”.


Provo, con un po’ di fatica, a venire incontro al giovane e brillante patron juventino che secondo me, oltre a molte virtù imprenditoriali (peraltro non sfavorite dall’atto di nascita), ha anche la tendenza ad essere un po’ troppo padronale in certe sue esternazioni.

E’ vero che ci sono società che col loro “fascino”, con le loro possibilità e anche con la loro storia possono ambire ad attenzioni particolari; è giusto che chi in passato ha spianato la strada al consolidamento della nostre quote di posizione debba veder considerati i propri meriti (è anche grazie alla Roma, al Milan, ad altre big in difficoltà se ora abbiamo stabilmente quattro squadre in Champion’s: anche se l’Atalanta per la verità vi ha acceduto classificandosi al terzo e non al quarto posto).

Però, oltre al passato, esiste un presente ed esiste un futuro. Esiste la regola (di vita!) che il blasone bisogna sempre riaffermarlo e meritarlo. Ed esiste la regola ancora più importante che chi sa farsi strada – in tutti i campi – con intelligenza, impegno, fantasia, serietà, talento e pulizia non può veder misconosciuti i diritti conquistati!


Il calcio e lo sport in generale sono pieni di sogni realizzati (e l’Italia è una miniera). E i sogni (altrui) vanno ammirati e rispettati. Soprattutto da parte di chi ha sempre e solo dormito in letti di piume.

Marino Bartoletti

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