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La tecnoetica nel cinema

La “tecnoetica” potremmo definirla come la disciplina che si occupa di porre dei principi comuni fondamentali per la (ri)scoperta di una dimensione etica della tecnologia.

Se consideriamo quanto la tecnologia stia diventando, giorno dopo giorno, sempre più la struttura portante della nostra società, e se a ciò aggiungiamo la rilevanza del messaggio mediatico,comprendiamo il perché risulti utile occuparci di come la tecnologia venga rappresentata al cinema, che – di fatto – rappresenta il veicolo mediatico principale, in quanto capace di contattare persone in ogni angolo della Terra, sia attraverso la proiezione nella sala cinematografica, sia occupando largamente i palinsesti delle televisioni, entrando – pertanto – in tutte le case.

Delle tematiche etiche relative al mondo tecnologico che diventa protagonista di storie per film, abbiamo già dibattuto nell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, all’interno dell’edizione 2006 del Corso Estivo di Bioetica, sul tema: “Tecnicizzare l’uomo o uma nizzare la tecnica? Bioetica al futuro”.

Durante il corso, ci siamo soffermati sull’uso distorto che i media in generale, e il cinema in particolare, operano sulle tematiche eticamente rilevanti, al fine di manipolare le coscienze, tentando di condurle – in maniera più o meno subliminale – verso un pensiero ed un comportamento di stampo nichilista, relativista. I grandi temi della bioetica sono sviliti a materia da horror fantascientifico – ad esempio, trattando di clonazione, uso degli embrioni, etc. – o a isola felice di approdo degli odierni egoismi, con la rappresentazione di un progresso utile ad assicurare non solo la salute, ma finanche la bellezza ed il godimento, a qualunque costo, senza prendere minimamente in considerazione problemi etici e morali a ciò strettamente correlati.

Il cinema, pur essendo una delle forme artistiche più recenti, ha da tempo superato per popolarità e per presa sul pubblico le altre forme artistiche. Insieme alla televisione, ha comportato una superiorità dell’immagine rispetto alla parola scritta. Com’è stato epocale il passaggio dall’oralità alla scrittura nella trasmissione del sapere, così si vive in una transizione che va dalla scrittura all’immagine.

Il cinema, in particolare, è un grande elemento di diffusione di modelli di comportamento, che vengono imposti in tutto il mondo, in quanto i film vengono visti da persone di ogni razza, età e cultura.

La delicatezza e l’attualità di un siffatto dibattito sul rapporto tra cinema e tecnologia sono dimostrate da iniziative come quella dell’Università degli Studi di Milano, con il lavoro svolto dalla dottoressa Antonella Testa, dell’Istituto di Fisica Generale Applicata, la quale afferma: «In una società visualmente orientata come quella in cui viviamo, non si può omettere di considerare il ruolo del film quale veicolo di diffusione dei contenuti di scienza e tecnologia […]. Non c’è dubbio, infatti, che larga parte della popolazione attinga anche al cinema ed alla televisione per la costruzione della propria visione della scienza e della sua pratica. […] La narrazione attraverso il film della scienza e della tecnologia, della loro pratica e della loro storia, risulta essere dunque un tema alquanto attraente per le implicazioni che ne possono derivare sulla pubblica percezione dei con-
tenuti di scienza e tecnologia»

Per qualsiasi riflessione etica sul tema della tecnologia rappresentata sugli schermi, dobbiamo evidenziare come i prodotti qualitativamente migliori ed eticamente apprezzabili siano rappresentati dai documentari di divulga-
zione scientifica, per lo più visionabili sul piccolo schermo televisivo. Ma se nel titolo abbiamo preferito puntare il dito sulla tecnologia rappresentata sul grande schermo cinematografico, c’è un motivo ben preciso.

La ricchissima produzione cinematografica concernente le tecnologie ed il mondo scientifico, prevalentemente di genere fantasy e di produzione statunitense, si dimostra di enorme impatto commerciale internazionale, rappresentando – per la stragrande maggioranza del pubblico internazionale –l’unico approccio alla scienza e alla tecnologia.

Inoltre, laddove la produzione cinematografica non raggiunge lo spettatore in occasione dell’uscita dei film nelle sale, lo potrà fare in un secondo momento, grazie al noleggio ed alla vendita dei film in DVD e su altri supporti tecnologici ed informatici e – soprattutto – con la visione televisiva delle pellicole, che completa questa massiccia penetrazione del prodotto, permettendo al prodotto cinematografico fantascientifico di surclassare anche in televisione – come presenza quantitativa nei palinsesti e per gli elevati ascolti – il documentario di divulgazione scientifica, che – pure – nasce solitamente proprio come prodotto per la TV.

Il problema etico non risiede tanto nell’estrema capacità di penetrazione del prodotto cinematografico fantasy in sé e per sé, bensì nel fatto che questo genere filmico –a differenza del documentario di divulgazione scientifica – contiene messaggi che creano infinite maggiori riserve e problematiche etiche.

Peraltro, oggigiorno la scienza rappresenta ben poca cosa nelle scuole di gran parte del mondo occidentale, Italia in particolare, per quantità e qualità media dell’insegnamento, nonché per la scarsa considerazione comunemente riservata dagli studenti alle materie scientifiche.

L’unione di questi due fattori – la scarsa formazione scientifica nelle scuole e il modesto appeal di cui gode presso le masse il documentario di divulgazione scientifica – fa sì che le conoscenze in materia si formino prevalentemente con il cinema.

Pertanto, citeremo qualche esempio di film commerciale che si è occupato di tecnologia e scienza per meglio comprendere le responsabilità che il cinema ha nel contribuire a formare in maniera eticamente discutibile le masse nei confronti di queste materie, attraverso film apparentemente innocui e meramente commerciali.

Ci serviremo di brevi schede di essi, per favorire le doverose riflessioni e gli approfondimenti sulle tematiche tecnoetiche che ci interessano (progresso dell’uomo, intelligenza artificiale, tecnica al servizio della ricerca dell’immortalità e della felicità, tecnologie, biotecnologie, nanotecnologie, clonazione, manipolazioni genetiche, etc.).

Partiamo dalle pellicole sottoposte all’attenzione dei corsisti in Ateneo, per poi passare in breve rassegna altri film che hanno una valenza relativamente alle tematiche che ci interessano.

«A.I. – Intelligenza Artificiale» (USA, 2001), di Steven Spielberg, con Haley Joel Osment e Jude Law. Film ambientato in un futuro in cui i progressi tecnologici sono rapidissimi e l’uomo è in grado di riprodurre esseri simili in tutto e per tutto agli umani; robot che possono soddisfare ogni necessità, al di fuori dell’amore. David, invece, è un robot-bambino che appartiene all’ultima generazione; egli può anche amare. Viene affidato ad una coppia il cui figlio, affetto da un male apparentemente incurabile, è stato ibernato in attesa di una cura adeguata. La giovane donna che si ritrova questo robot per figlio, deve vincere forti resistenze interiori per riuscire ad accettare questo arrivo innaturale. David, però, riesce a farsi benvolere da lei. Ma tutto cambia quando giunge l’inattesa guarigione del figlio naturale. David dev’essere abbandonato in un bosco per liberarsene, ma anche per salvarlo dalla distruzione. Per lui inizia un lungo viaggio che, solo dopo 2000 anni, lo porterà a realizzare il sogno di ritrovare la madre e, soprattutto, di ricevere il suo amore. Spielberg ha dato vita a questa idea di Kubrick; una fiaba-fantasy che il regista propone allo spettatore senza approfondire i numerosi interrogativi etici. Gli elementi chiave che ci possono condurre ad un’opportuna riflessione sono:

1) considerazioni etiche sulla tematica dell’Intelligenza Artificiale;

2) difficoltà relazionali nell’uomo di oggi: tendenza, espressa in vari film (ma anche nella letteratura), al desiderio di produrre robot capaci di sentimenti. Perché l’uomo, oggigiorno, è giunto al punto di sognare un oggetto che gli somigli e che lo ami senza riserve?

3) Etica dell’ingegneria genetica: considerazioni sulla tendenza innaturale
che l’uomo dimostra di avere nell’imitazione e nel controllo della Natura.


«The Island» (USA, 2005), di Michael Bay, con Scarlett Johansson ed Ewan McGregor. Metà del XXI secolo. Una catastrofe ecologica ha distrutto il pianeta Terra; i sopravvissuti vivono in una sorta di grande riserva, sorvegliati e monitorati in tutte le loro azioni quotidiane. Due sopravvissuti, un uomo e una donna, avvertono l’esigenza di sapere che cosa ci sia fuori da quel luogo, non ricordandosi di averne mai conosciuti degli altri. Muovendosi di nascosto, tra controlli e pericoli, riescono a essere scelti tra coloro che vengono inviati nell’“isola”, che sarebbe l’unico luogo rimasto incontaminato, il cui raggiungimento rappresenta il grande desiderio di tutti i sopravvissuti al disastro terreno. Ma una volta giunti nel mondo esterno, i due scoprono che non esiste nessuna isola incontaminata, e che si tratta solamente di un tragico raggiro. Tutti coloro che li hanno preceduti nella conquista di un posto nell’isola non ci sono più, perché sono
stati sacrificati per salvare le persone che li hanno commissionati per disporre di pezzi di ricambio per qualunque evenienza medica o estetica. Insomma, ogni persona particolarmente agiata può permettersi di farsi co-
struire una sorta di clone che gli permetta di avere qualsiasi ricambio, potendo così contare su una sorta di assicurazione per la vita eterna in Terra! I due fuggitivi, scoprendo la verità, comprendono di essere dei “prodotti di laboratorio”. Tra mille peripezie, riescono a far scoprire l’incredibile traffico, e a rimanere a vivere pienamente da esseri umani sulla Terra, scoprendo anche di amarsi. Pur offrendo molti spunti di riflessione, il film – un po’ come tutti quelli che trattano queste
tematiche – si preoccupa più dell’azione, del ritmo e degli effetti speciali che non dei contenuti. Interrogativi delicatissimi s’impongono, non senza indurci delle preoccupazioni angoscianti. Segnaliamo la necessità di riflettere, visionando il film, sui seguenti punti:

1) etica dell’ingegneria genetica: imitazione e controllo della Natura;

2) la riproduzione artificiale di esseri umani e le relative implicazioni etiche;

3) l’aspirazione all’eternità (non vissuta, però, nel giusto contesto spirituale), al perfetto benessere psico- fisico, all’edonismo, al culto della bellezza;

4) quale strada prenderà la scienza nel prossimo futuro? L’uomo sarà in grado di controllarla, o la possibilità di modificare e costruire condurrà la genetica lungo strade contrarie al rispetto alla sacralità della vita umana?

5) La clonazione diventerà pratica abituale? E, se sì, chi avrà la responsabilità di dire cosa si può fare e cosa no? E sulla base di quali ideali e di quali presupposti potrà fornire queste indicazioni?

«The Final Cut» (Canada, 2004), di Omar Naim, con Robin Williams. Il film narra di un futuro, non lontano, in cui sarà possibile – per chi possiede abbastanza denaro – farsi impiantare un chip nel cervello che registri tutto quanto accade nella vita. Si avrà così una banca dati di ricordi che potrà essere utilizzata per una video-memoria postuma. Visionaria la scena in cui la chiesa dove si celebra il funerale del ricco magnate, viene trasformata letteralmente in un cine-club, con parenti ed amici del defunto che guardano il film della sua vita, ridono, si commuovono, applaudono! Alan Hackman (Ro- bin Williams) di mestiere fa il montatore di ricordi, ed è tra i più richiesti anche per la sua abilità nel lavorare sulle immagini, ritoccando la vita dei clienti. Un giorno – però – mentre lavora, affiora un suo ricordo dell’infanzia che gli ha segnato profondamente la vita e che aveva tentato di rimuovere. Convinto di aver provocato la morte di un suo compagno di giochi, Alan lo rivede da grande e cerca allora di capire cosa sia successo veramente quel giorno. Da quel momento ha inizio la ricerca della verità. Il ventiseienne regista americano Naim (di origine libanese) al suo primo film, tocca temi come quello delle manipolazioni della memoria trascurando (candidamente o colpevolmente?) bioetica e neurologia. Il punto di partenza era stimolante. La registrazione delle vite degli individui, riprese da loro stessi,è un qualcosa che rende discretamente interessante una fantascienza che si fa coinvolgente per quei margini di realismo che tutto sommato possiede. La realizzazione delle situazioni proposte dal copione sembra, infatti, meno lontana di quanto si possa pensare in prima battuta. Ma dalla visione del film non può non emergere una denuncia di
carattere etico sulla strumentalizzazione della vita e sulla mercificazione della morte. Chi crede nel libero arbitrio confida in un montatore universale – che può essere solamente Dio – che osserva idealmente tutto il film della nostra esistenza, senza però deciderne la sequenza e senza operare tagli e montaggi.

Un archivio universale potrebbe somigliare all’idea tecnologica di un Dio che tutto osserva e registra. Un Dio pronto a presentarci,durante il giudizio universale, il conto per il film della nostra vita. La verità delle immagini che registrano l’interezza di un’esistenza è un qualcosa di schiacciante e disarmante anche per il più abile dei mistificatori; ma se tutto questo viene gestito dagli uomini e non da Dio, è chiaramente passibile di errore,di manipolazione, non solo per meglio commemorare i defunti, ma anche – se non soprattutto – per condizionare l’esistenza dei vivi. Oltre a quanto appena riportato, ecco gli altri punti sui quali suggeriamo di impostare la riflessione:

1) il controllo e il primato dell’uomo sulla vita;

2) l’uomo di oggi e il culto di se stesso;

3) l’aspirazione all’eternità; anche in questo caso non vissuta nel giusto
contesto spirituale.

Uscendo dal trittico di pellicole sottoposte all’attenzione dei corsisti in Ateneo nel 2006, lasciamo all’attenzione e alla curiosità del lettore alcuni altri titoli che possono completare questo lavoro, segnalando:

«Blade Runner» (USA, 1982), di Ridley Scott, con Harrison Ford, Sean Young e Daryl Hannah. Il film è ambientato in una Los Angeles caotica, sovrappopolata e perennemente grigia, nella quale l’agente Dec-
kard (Harrison Ford), dell’unità Blade Runner, viene richiamato in servizio perché si rende necessaria la sua capacità di rintracciare ed eliminare esemplari insubordinati di replicanti. Per meglio intenderci, si tratta di far fuori, senza troppi scrupoli, quegli androidi che sono destinati al lavoro nelle colonie spaziali, ma che si ribellano a questa situazione. Il film è tratto da un romanzo di P.K. Dick. Gli elementi di riflessione:

1) la riproduzione artificiale di esseri viventi (umani e animali) e le relative implicazioni etiche;

2) le problematiche esistenziali e di identità, in relazione ad un futuro legato ad una sperimentazione che non si porrebbe limiti etici;

3) etica dell’ingegneria genetica: considerazioni sulla tendenza innaturale che l’uomo dimostra di avere nell’imitazione e nel controllo della Natura.

«Corto circuito» (USA, 1986), di John Badham, con Steve Guttemberg. Un fulmine si abbatte sulla Nova Robotica, creatrice di uno straordinario robot, il numero 5. La scarica provoca un mutamento comportamentale, a causa del quale il robot fugge. Il suo inventore, Crosby, lo cerca ovunque, aiutato perfino dall’esercito. Il robot impara la gioia di vivere appieno la vita, come un essere umano, e lotta disperatamente per non essere distrutto. Spunti di riflessione:

1) considerazioni etiche sulla tematica dell’Intelligenza Artificiale;

2) il desiderio di produrre robot che facciano ciò che l’uomo non vuole fare, e contestuale timore che gli stessi robot sfuggano al controllo dell’uomo che li ha creati, rivoltandoglisi contro, con tutti i pericoli e le paure connesse.

Nel 1997, segnaliamo il quarto episodio della saga cinematografica di «Alien», vale a dire «Alien – La clonazione» (USA, 1997), di Jean-Pierre Jeunet, con Sigourney Weaver e Winona Ryder. Narra della risurrezione (dopo un paio di secoli) della donna-astronauta Helen Ripley, grazie all’opera di scienziati che hanno recuperato tracce del suo DNA. Si parla di esperimenti genetici, di clonazione, di creature che si rigenerano da un corpo all’altro. Più che lasciarsi distrarre dall’imponenza degli effetti speciali e dai ritmi forsennati, si invita a rimanere attenti a raccogliere gli spunti per le opportune riflessioni:

1) la riproduzione artificiale di esseri viventi (umani ed animali) e le relative implicazioni etiche;

2) le problematiche esistenziali e di identità, in relazione ad un futuro legato ad una sperimentazione che non si porrebbe limiti etici; 3) etica dell’ingegneria genetica: considerazioni sulla tendenza innaturale che l’uomo dimostra di avere nell’imitazione e nel controllo della Natura.

Dello stesso anno è «Gattaca – La porta del l’universo» (USA, 1997), di Andrew Niccol, con Ethan Hawke ed Uma Thurman. I sor prendenti progressi scientifico-tecnologici permettono, in un tempo non lontano dal
nostro, di scegliere la composizione genetica del bambino che si vuole avere. Guai, a questo punto, a concepire in modo naturale un bambino! Questi potrebbe essere non valido, così come accade a Vincent Freeman, etichettato in tale modo in quanto concepitonaturalmente, e ritenuto pericolosamente vulnerabile alle emozioni ed agli imprevisti della vita. Insomma, per il mondo rappresentato in questo film, occorre essere sani, belli e perfetti (nonché, rigorosamente in naturali) per avere diritto a vivere. Siamo in un mondo futuribile in cui si viene al mondo in provetta, programmando tutti i particolari in laboratorio. Si sente molto l’influenza delle tendenze New Age e Next Age, in voga alla fine degli Anni Novanta ne-
gli USA, giunte – poi – anche in Europa.

Molte le discipline interessate dal film: genetica, eugenetica, sperimentazione, ecc. Le lettere del titolo, GATTACA, affatto casuali, sono una composizione delle iniziali delle quattro basi azotate che compongono il DNA: Guanina, Adenina, Timina, Citosina. Una citazione in apertura, è quella dello psichiatra W. Gaylin, cofondatore dell’Hastings Center, uno dei principali centri di bioetica statunitense: «Non solo credo che arriveremo a manipolare la Natura, ma anche che sia proprio questo che Madre Natura vuole da noi». Spunti di riflessione:

1) l’aspirazione all’eternità (non vissuta, però, nel giusto con-
testo spirituale), al perfetto benessere psicofisico, all’edonismo, al culto della bellezza;

2)etica dell’ingegneria genetica: considerazioni sulla tendenza innaturale che l’uomo dimostra di avere nell’imitazione e nel controllo della Natura;

3) problematiche etiche legate all’eugenetica. Di titoli ve ne sarebbero molti
altri, ma non c’è lo spazio per andare oltre, cosa che qualsiasi lettore potrà dilettarsi a fare, per l’appagamento della propria curiosità e per approfondire quanto fin qui riportato.

In conclusione, dobbiamo essere sempre più spettatori consapevoli di ciò ch vediamo, anche di film apparentemente innocui e meramente commerciali. E, in relazione alle problematiche più strettamente correlate al rapido progresso tecnologico, la questione non consiste nel cercare di fermare
questo progresso, bensì nel recuperare un pieno ed autentico valore della persona, che deve sempre rimanere centrale e correttamente anteposto alla scienza ed alla tecnica.

Franco Baccarini

NOTE

1 Cfr. J. M. GALVÁN , La tecnoetica, Relazione nel Se-
minario «Speranze e timori della scienza e la tecno-
logia», 44a Settimana Sociale dei Cattolici Italiani, 21

giugno 2003 disponibile in
http://www.eticaepolitica.net/tecnoetica/jmg_la_tec
noetica[it].htm (accesso del 15/12/2008)
2 Cfr. M. LOSITO, J. THAM (a cura di), Bioetica al futuro.
Tecnicizzare l’uomo o umanizzare la tecnica?, Libreria
Editrice Vaticana , Città del Vaticano in press. 3 A. TESTA, «Scienza, cinema e televisione: cosa ci ha

offerto la produzione italiana di film e fiction nel No-
vecento?», in JCOM 2/2 (2003). 4 Per approfondire si può consultare F. BACCARINI,

«Cinema e Tecnologia», in Il Filo Rosso, n. 42/2007;
ID., Tecnoetica nel Cinema, Ed. Palombi, Roma 2009.

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