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Un abbraccio ai fratelli copti

Prendo in prestito le parole di don Andrea Lonardo, direttore dell’Ufficio Catechistico della Diocesi di Roma:

I copti sono egiziani (“copto” vuol dire esattamente “egiziano”, con i passaggi fonetici avvenuti nei secoli egyptos-kyptos-coptos) e chiamano Dio “Allah” come i loro confratelli (perché “Allah” è il nome non del Dio di qualcuno, ma vuol dire semplicemente “Id-Dio”, “Il Dio”).
Pregano dicendo: “Allah mahaba”, cioè “Dio è amore”. Hanno conservato la fede cristiana che l’Egitto aveva prima dell’invasione islamica e l’hanno conservata umilmente, trasmettendola di padre in figlio.
Hanno sempre incentivato la cultura, creando scuole e centri di studio che aiutassero tutti gli egiziani, non solo quelli copti, e la loro visione più aperta della donna e della vita ha contribuito e contribuisce alla vita degli egiziani.
Sono stati uccisi mentre pregavano come Gesù. Sono stati uccisi nel giorno in cui la Chiesa ricorda l’ingresso di Gesù a Gerusalemme per essere ucciso come un innocente e salvare i peccatori con il suo sacrificio.
Chi conosce Dio, ama come Gesù ha amato. Chi non ama, non conosce Dio. L’antiCristo si scaglia contro gli innocenti, così come si è scagliato contro Gesù.
I copti sono stati ancora una volta colpiti come innocenti e noi sappiamo che Allah è dalla parte degli innocenti. Ora ci sono orfani e vedove e noi sappiamo che Allah è dalla parte degli orfani e delle vedove. Che il loro martirio – ne siamo certi – illumini le menti e i cuori a comprendere che Dio è amore e dal cielo intercedano per l’Egitto e per tutti noi

 

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