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Quanto costa essere liberi di poter fare ciò che si ritiene giusto?

Il diritto all’obiezione di coscienza in Italia venne introdotto nel 1972, in merito al diritto all’obiezione contro il servizio di leva per motivi morali, religiosi e filosofici. Tale fattispecie giuridica introdusse la possibilità di rifiutarsi di adempiere ad un obbligo. L’esercizio del diritto all’obiezione è possibile anche in altri ambiti, come quelli connessi all’aborto da parte dei medici anche se in questo caso, non essendoci (per ora) l’obbligo di fare qualcosa, forse non sarebbe neppure il termine più corretto. Il diniego di alcuni farmacisti  di vendere prodotti anticoncezionali e la mancata disponibilità di molti medici, ginecologi e non, di strutture sanitarie pubbliche a praticare o collaborare all’operazione di aborto non comporta alcuna conseguenza penale o civile, non esistendo alcun obbligo di legge di svolgere le azioni che egli rifiuta di compiere. In Italia l’obiezione di coscienza medica verso l’aborto è del 70% circa. Tale “obiezione” è prevista per legge  (L.194/78): l’obiettore identifica l’aborto (IVG) come un omicidio di un soggetto della specie umana chiamato feto o embrione in base all’età (come bambino, ragazzo, adolescente, adulto, anziano ….) e pertanto è legittimato a non praticare l’aborto.
Tale forma di “obiezione” è garantita nella maggior parte stati dell’Unione Europea in cui si pratica l’aborto, salvo nei casi di pericolo per la vita della donna.
L’obiezione si fonda sul principio della libertà di coscienza, e garantisce una libertà di opinione e azione.
In alcuni ospedali ci sono solo obiettori: d’altra parte, se l’obiezione interessa molto più della metà dei sanitari coinvolti, non dovrebbe meravigliare. Ciò che dovrebbe far riflettere potrebbe essere invece che la maggior parte dei “tecnici del mestiere” obietti, ossia sia contrario all’aborto: chi segue le gravidanze, le conosce, ne ha studiato in dettaglio gli eventi e i meccanismi, forse si rende meglio conto di cosa sia veramente l’aborto! Ma a giornalisti, politici e demagoghi vari, ben lontani da tali conoscenze, ciò non fa affatto riflettere (non è che in genere certe categorie siano note per riflettere!).
Secondo i più abortisti a prescindere, ciò comporterebbe che la donna ne risulti così “punita”  nell’esercizio del proprio diritto all’autodeterminazione (ovviamente, che ci sia in gioco un altro soggetto biologicamente vivo pur giuridicamente privo di diritti viene sempre scotomizzato). Tanti ancora insistono che l’aborto sia un diritto di affermare la propria libertà di scelta a gestione del “proprio corpo”, anche se chi decede non è affatto parte del “proprio corpo”! Qualcuno definisce “Incostituzionale l’abuso che si fa dell’obiezione di coscienza per aborto che addirittura configurerebbe il reato di omissione di soccorso quando una donna che rischia la vita!”. Evidentemente chi lo dice ignora la realtà (o la gira, come la frittata)! Nei casi rari di rischio vita chiunque interviene, per stato di necessità e per obbligo di salvare la vita di uno (o due) pazienti, ma ciò comunque non costituisce neppure l’uno per mille delle richieste di aborto!
Nonostante alcuni si permettano impunemente di accusare i medici obiettori di chissà quali secondi fini, tutti da dimostrare (e pensare che muovere accuse infondate pubblicamente sarebbe pure reato!), l’elevata percentuale di obiettori medici dovrebbe, come si accennava prima,  far riflettere:
– perché obiettano?
– cosa si sono impegnati a fare nella vita?
– cosa si sono impegnati a non fare nella professione?
– cosa dice davvero la legge 194 e quanto viene sistematicamente non applicata?
Legge194 – Articolo 1: “Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio. L’interruzione volontaria della gravidanza, di cui alla presente legge, non è mezzo per il controllo delle nascite.
Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell’ambito delle proprie funzioni e competenze, promuovono e sviluppano i servizi socio-sanitari, nonché altre iniziative necessarie per evitare che l’aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite.
Il primo obiettivo non è (dovrebbe essere) quindi garantire il “diritto di aborto”, ma evitare l’aborto stesso ogni volta che ciò sia possibile! Tale obiettivo di fondo viene rispettato o assolutamente disatteso nella concessione della IVG? È stato rispettato in quelle pazienti che in anamnesi ti dicono “8-9 IVG, non ricordo (sentito con le mie orecchie e non una volta!)?  È rispettato quando alla madre di una sedicenne incinta viene detto “tenerlo è una pratica anche burocraticamente più incasinata visto che sua figlia è minorenne, … sarebbe più facile se abortisse!”?
La legge viene spessissimo disattesa in tutto il suo spirito: d’altra parte l’Italia è una repubblica fondata sul lavoro e il 30% dei giovani sono disoccupati!
C’è tanta demagogia nei sostenitori dei diritti di chi vuole abortire senza mai ipotizzare che dovrebbe aver diritti anche chi vuol campare (ma che non ha diritti perché giuridicamente, non biologicamente, considerato non avente diritto!) e che ha diritti anche chi non vuol sopprimere un giovanissimo individuo della propria specie!
Ci sarebbe da chiedersi a sto punto perché le terapie effettuate su feti in utero siano passate dal SSN visto che lo stesso non ha diritti! Forse perché si considera il feto una parte della mamma e il paziente viene considerato lei!
Ormai si vedono interventi chirurgici su feti in utero: chissà chi è il paziente?!
Circa l’obiezione di coscienza è la 194 stessa a dare le garanzie di legge al personale sanitario. Articolo 9: Il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie non è tenuto a prendere parte alle procedure ed agli interventi per l’interruzione della gravidanza quando sollevi obiezione di coscienza, con preventiva dichiarazione.
L’obiezione di coscienza esonera il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie dal compimento delle procedure e delle attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l’interruzione della gravidanza, e non dall’assistenza antecedente e conseguente all’intervento.
Non garantire a medici e sanitari il diritto di non commettere la soppressione di un soggetto della specie umana (ha lo stesso numero di cromosomi!), biologicamente vivo ed indifeso, sarebbe come obbligare qualcuno, in una nazione con pena di morte, a dover fare il boia quando serve!
È strano che si sostengano sempre e, spesso, solo i diritti che vanno di moda, dimenticando o sminuendo i diritti degli altri!
Recenti sono i fatti di cronaca nella regione Lazio. È stato istituito un bando per due medici chiamati per garantire l’aborto al San Camillo di Roma. La giustificazione è che se tutti fossero obiettori non ci sarebbe chi pratica l’aborto. Certo qualche dubbio sulla legittimità del concorso ne scaturisce: o vengono assunti solo per fare aborti oppure, se assunti per fare i ginecologi in quell’ospedale, significa creare un limite per accedere a quel concorso pubblico. In altri termini, per un concorso di assunzione pubblica vengono richiesti titoli e specifiche conoscenze o capacità tecniche. Qui si chiede anche di non essere obiettore e quindi escludo da un concorso pubblico tutti i medici obiettori, discriminandoli! Impedisco inoltre palesemente il diritto all’obiezione che garantiva di non avere “sanzioni”: essere esclusi da un concorso di assunzione è palesemente una gravosa “sanzione” e si vedrà come il diritto si esprimerà!
A questo punto forse dovrebbero fare anche un concorso per soli obiettori, per esempio per costituire delle commissioni per il rilascio del “documento, firmato anche dalla donna, attestante lo stato di gravidanza e l’avvenuta richiesta di IVG” e con cui la donna può presentarsi, dopo 7 giorni, per ottenere la interruzione della gravidanza” (194). Magari in questo modo si potrebbe finalmente applicare la 194: facendo veramente riflettere su ciò che si sta facendo (quante pazienti anni dopo, depresse nello studio di un neurologo dicono “se avessi capito bene cosa stavo facendo…”) e agendo come caldeggiato dalla legge al fine di cercare di risolvere i problemi che portano alla richiesta di aborto, ossia cercando, come da articolo 1 della 194, di evitare l’aborto e non di concederlo aprioristicamente come una normale opzione terapeutica!
Ma un tale concorso sarebbe sicuramente giudicato inaccettabile e tutti in piazza con le bandiere al vento!
I più insipienti ovviamente leggono la questione come “religiosi verso laici”. Per fortuna già nel 1981, alla vigilia del referendum sull’aborto, il maestro laico di diritto e libertà, Norberto Bobbio, affermava che “è un problema molto difficile, è il classico problema nel quale ci si trova di fronte a un conflitto di diritti e di doveri. Il diritto fondamentale del concepito, quel diritto di nascita sul quale, secondo me, non si può transigere. E’ lo stesso diritto in nome del quale sono contrario alla pena di morte. Si può parlare di depenalizzazione dell’aborto, ma non si può essere moralmente indifferenti di fronte all’aborto ».
Ma certo Bobbio era un saggio, e come dice un proverbio veneto, il saggio non sa nulla, il colto sa poco, l’ignorante sa molto, il mona sa tutto!
Chissà mai che si impari a ragionare con la propria testa diffidando da chi sa tutto!
Carlo Lovati
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Un pensiero su “Quanto costa essere liberi di poter fare ciò che si ritiene giusto?

  • Alfredo

    Mi piace pensare che si debba accettare di portare a termine la gravidanza, superando i condizionamenti dettati
    1) dalla “vergogna” familiare e sociale;
    2) dalla presunta incapacità di saper mantenere psicologicamente ed economicamente il nascituro.
    È poi, dopo il parto, sentirsi libera di non riconoscere il nascituro ma garantendo anche il suo diritto alla vita.

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