Non vergognatevi di recitare il Rosario da soli, mentre andate a scuola, all’università o al lavoro, per strada e sui mezzi di trasporto pubblici…
Non vergognatevi di recitare il Rosario da soli, mentre andate a scuola, all’università o al lavoro, per strada e sui mezzi di trasporto pubblico; abituatevi a recitarlo tra voi, nei vostri gruppi, movimenti e associazioni; non esitate a proporne la recita in casa, ai vostri genitori e ai vostri fratelli, poiché esso ravviva e rinsalda i legami tra i membri della famiglia.
Questa preghiera vi aiuterà ad essere forti nella fede, costanti nella carità, gioiosi e perseveranti nella speranza.
(Giovanni Paolo II: Messaggio ai giovani 13 aprile 2003)
Il Rosario è, nato dall’amore dei cristiani per Maria in epoca medioevale, forse al tempo delle crociate in Terrasanta. L’oggetto che serve alla recita di questa preghiera, cioè la corona, è di origine molto antica. Gli anacoreti orientali usavano pietruzze per contare il numero delle preghiere vocali. Nei conventi medioevali i fratelli laici, dispensati dalla recita del salterio per la scarsa familiarità col latino, integravano le loro pratiche di pietà con la recita dei “Paternostri”, per il cui conteggio S. Beda il Venerabile aveva suggerito l’adozione di una collana di grani infilati a uno spago. Poi, narra una leggenda, la Madonna stessa, apparendo a S. Domenico, gli indicò nella recita del Rosario un’arma efficace per debellare l’eresia albigese. Nacque così la devozione alla corona del rosario, che ha il significato di una ghirlanda di rose offerta alla Madonna. Promotori di questa devozione sono stati infatti i domenicani, ai quali va anche la paternità delle confraternita del Rosario. Fu un papa domenicano, S. Pio V, il primo a incoraggiare e a raccomandare ufficialmente la recita del Rosario, che in breve tempo divenne la preghiera popolare per eccellenza, una specie di “breviario del popolo”, da recitarsi la sera, in famiglia, poiché si presta benissimo a dare un orientamento spirituale alla liturgia familiare. Quelle “Ave Maria” recitate in famiglia sono animate da un autentico spirito di preghiera: “E mentre si propaga la dolce e monotona cadenza delle “Ave Maria”, il padre o la madre di famiglia pensano alle preoccupazioni familiari, al bambino che attendono o ai problemi che già pongono i figli più grandi. Questo insieme di aspetti della vita familiare subisce allora l’illuminazione del mistero salvifico del Cristo, e viene spontaneo affidarlo con semplicità alla madre del miracolo di Cana e di tutta quanta la redenzione” (Schillebeeckx). La celebrazione della festività odierna, istituita da S. Pio V per commemorare la vittoria riportata nel 1571 a Lepanto contro la flotta turca (inizialmente si diceva “S. Maria della Vittoria”), il giorno 7 ottobre, che in quell’anno cadeva di domenica, venne estesa nel 1716 alla Chiesa universale, e fissata definitivamente al 7 ottobre da S. Pio X nel 1913. La “festa del santissimo Rosario”, com’era chiamata prima della riforma del calendario del 1960, compendia in certo senso tutte le feste della Madonna e insieme i misteri di Gesù, ai quali Maria fu associata, con la meditazione di quindici momenti della vita di Maria e di Gesù.
Piero Bargellini