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Ringrazio i miei genitori per la loro “educazione alla maturazione”

I miei genitori sono stati, oltre che eccezionali per intelligenza, capacità e mille altre cose, sono stati dei grandissimi lavoratori. Però, quando ho compiuto 18 anni mi hanno fatto un bel discorso, che nessun altro genitore ha fatto a tutte le centinaia di compagni di scuola, e non solo, che io conoscevo: “Ora hai 18 anni, noi ne abbiamo 60 (erano 58 e 59, e all’epoca – 1982 – 60 anni era come dire 80 di oggi, anche se stavano benissimo; mia madre era sanissima a 95 anni, figuriamoci…). Adesso andiamo a fare la delega bancaria e d’ora in poi in banca ci vai solo tu. La spesa la fai sempre tu. L’assicurazione la fai tu, trattative e quant’altro. Con il condominio te la vedi tu. Fai tutto tu”. E così fu. Quindi, sono quasi 40 anni che faccio tutto io, e quando sono arrivato a 35-40 anni, chiedevo agli amici ed amiche: “Senti, ma tu come ti trovi con l’assicurazione? Quanto paghi?” o altre cose; io erano 20 anni che me ne occupavo e sapevo districarmi alla grande, e loro mi rispondevano: “Non lo so. Fa tutto papà”, oppure: “Ci pensa mio fratello”, e via discorrendo.

Non potevo chiedere loro nulla!! Non sapevano mai niente. Faceva sempre qualcun altro in casa. Io erano fior di lustri che facevo da me, andavo a litigare e a trattare con i direttori di banca, altrimenti spostavo il conto se non mi accontentavano, etc. etc. E mio padre diceva a mia madre: “Franco fa la spesa quando gli pare, senza dircelo prima. Controlla da solo quello che manca e fa la spesa meglio di te, che compri più cose che finiscono buttate… mentre con lui non manca mai niente e non avanza mai niente”.

Se sono maturo il triplo della media dei miei coetanei, e – perché no – se sono arrivato ad essere un pubblicista e saggista tradotto e pubblicato in 11 nazioni, in 3 continenti, e docente universitario apprezzatissimo da 15 anni (da fine ottobre saranno 16), è anche per quella che chiamerei “educazione alla maturazione” dei miei, mentre ad altri si preparava ancora il pranzetto e la cenetta quando avevano 30 anni e più.

A 28 anni mi sono fatto casa, e l’ho gestita da solo meravigliosamente, senza una colf, senza niente di niente. Era uno specchio, e ne avevo curato arredamento, pulizie, tutto! Mio padre mi veniva a trovare abbastanza spesso. Mia madre no. Una volta, mentre non c’ero per lavoro, venne una zia che non veniva mai (abitava lontano e stava male) e allora mia madre (che pure aveva le chiavi di casa mia, come io quelle di casa loro) ebbe l’intelligenza e la delicatezza di telefonarmi per chiedermi se potesse andare a casa mia per farla vedere a zia. Quindi, io non potevo sapere, né potevo lasciare appositamente in ordine. Dissi ovviamente di si (pregando Dio di aver riposto nel cassetto i preservativi e che non stessero in bella vista 😀 Per fortuna, tornato a casa, li trovai nel cassetto).

La sera, mia madre mi telefonò per dirmi: “Non ho mai visto una casa (nota: un fior di attico, grande e impegnativo) di un uomo così splendidamente in ordine. Sei unico”, e dire che i complimenti, da insegnante severa anche in famiglia, si contano sulle dita di una mano, mentre gli altri avevano mammine molto più “gentili”.

Fu un’enorme soddisfazione. Meritatissima. Insomma, quando avevo 30 anni, i miei coetanei mi apparivano ventenni. A 40, dei trentenni, a 50… ancora trentenni.

Devo ringraziare i miei anche per questo, perfino per la severità. Almeno sono venuto molto maturo, capace di gestire qualsiasi cosa già da tanti decenni, e non vezzeggiato e portato quotidianamente in trionfo, oltre che lasciato crescere dentro una campana di vetro, facendo a loro di tutto, tanto da renderli dei mezzi cretini, in alcuni casi.

Un pensiero su “Ringrazio i miei genitori per la loro “educazione alla maturazione”

  • Tuttavia percepisco un ego smisurato… A volte pieno di prosopopea. Sei tu che ti porti in trionfo…i miei genitori, sicuramente assai meno intelligenti, mi hanno solo invitato alla consapevolezza ed umiltà. Il resto l’ho appreso coltivandomi da solo…. Libero… Perfino dal conosciuto.

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