Brevi rilessioni sulla legittima difesa
Nelle aule parlamentari si sta discutendo in questi giorni della riforma dell’istituto della legittima difesa. Senza pretesa di esaustività proviamo a fare il punto della situazione.
Forse non tutti sanno che l’istituto della legittima difesa ha origini risalenti infatti è stato disciplinato nel 1930 nel cosiddetto Codice Rocco. Tuttavia e nonostante il contesto storico nel quale il codice ebbe origine, sarebbero erroneo e eccessivamente semplificatorio liquidarlo come codice sic et simpliciter “fascista” . E’, al contrario, un codice che ancora oggi ha il pregio di essere attuale riuscendosi ad adattare alle disposizioni costituzionali oggi vigenti.
Proprio in questo codice, nella parte generale, tra le scriminanti, venne disciplinata la legittima difesa che è un istituto peculiare in quanto, in presenza di determinate condizioni, consente ai singoli l’uso della forza per agire a propria tutela. Ciò è possibile se il pericolo in cui versa il soggetto passivo di una condotta lesiva sia “attuale” e giustificato “dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui da una offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa”.
Intorno al criterio della proporzionalità si sta scatenando la diatriba politica.
Per le ragioni sopra dette, non è corretto asserire che il criterio della proporzionalità sia stato introdotto con la riforma dell’allora governo Berlusconi – il Guardasigilli era Maroni- ma è ben più risalente. La ragione del criterio è evidente: se si consente al privato di agire in autotutela è necessario che la reazione del singolo sia proporzionata rispetta all’offesa. Ma proporzionata rispetto a cosa? Rispetto al bene giuridico leso. Per cui se ad essere leso, o messo in pericolo, sia il bene della vita allora l’azione contrario potrà arrivare a mettere in pericolo o ledere un bene di pari rango ma nel caso i cui ad essere leso, o messo in pericolo, sia una bene materiale (ad esempio il patrimonio) una reazione che metta in pericolo il bene della vita altrui sarà sempre sproporzionata.
Ma ciò è pienamente condivisibile e costituisce una conquista del diritto.
Solo lo Stato può reagire alle azioni criminose altrui, solo allo Stato è consentito dettare delle sanzioni che abbiano non solo una valenza punitiva ma anche rieducativa. Nella sola ipotesi in cui la reazione dello Stato sarebbe tardiva rispetto alla tutela di un bene primario come quello della vita allora la legge consente al privato di agire ex sé. Sempre che sussista il principio di proporzionalità. Principio che funge da argine all’idea che ognuno possa farsi giustizia da solo sentendo messo in pericolo il proprio patrimonio o la propria abitazione. In altri termini, le proprie RES.
Prima di modificare questo istituto, vorrei che tutti noi facessimo una riflessione: veramente vogliamo porre sullo stesso piano la nostra vita con le nostre ricchezze? veramente vogliamo consentire ad ogni singolo di autotelarsi? E se sì, perchè solo nella propria abitazione o nei propri negozi e non anche per le pubbliche vie? Avrebbe meno valore la nostra vita se venisse messa in pericolo in una pubblica piazza?
Meditiamo, gente, meditiamo.