La differenza tra canti liturgici e inni politici
Il Signore Gesù si è messo nelle mani degli uomini, è vero. E gli uomini, tra loro, sono così diversi, per indole, cultura, età, gusti. È vero. Basta mettere insieme un piccolo gruppo di persone per un progetto comune e, dopo poco tempo, avvertiranno l’esigenza di darsi una regola, uno statuto. In questi anni, se non avessimo avuto l’argine forte della Costituzione, dai fiumi spumeggianti dei partiti politici avremmo non poche volte rischiato l’inondazione. In una società liquida come la nostra, oggi più che mai, occorrono punti fermi e veri. Ancòre sicure cui aggrapparsi per non naufragare. Nessuno di noi è stato testimone oculare della nascita, morte e resurrezione di Gesù. Nessuno ha ricevuto da lui il mandato di annunciare il vangelo. Finanche delle più autentiche esperienze mistiche avremmo potuto dubitare se non ci fossero state confermate dalla Chiesa. La Chiesa, che, santa e peccatrice, cammina al passo dei tempi, con i piedi fermi sulla Roccia che è Cristo. Dalla Chiesa abbiamo ricevuto il Kerigma e i sacramenti. Questa Chiesa ci ha ordinato preti e vescovi. La catena non si è mai interrotta; siamo uomini del terzo millennio e, nello stesso tempo, contemporanei di Gesù. La Chiesa non ha mai chiesto ai suoi ministri di rinunciare alla propria personalità. Al contrario. C’è solo l’imbarazzo della scelta per scovare nel corso della sua storia due volte millenaria, personalità di spicco e non solo dal punto di vista teologico. Tra Francesco di Assisi, Ignazio di Lojola, Filippo Neri, c’è una grande differenza; come tra Teresina del bambino Gesù e Chiara Lubic. Eppure tutti, innamorati dello stesso Dio, altro non chiedevano che amarlo e servirlo nei fratelli. C’è spazio per tutti, nella Chiesa. “ La messe è molta”, purtroppo sono gli operai che scarseggiano. Nessun problema, quindi, per le diverse personalità chiamate a incarnare la carità con i propri carismi.
Nel momento in cui, però, i cristiani pensano di tradurre in un partito i valori in cui credono, devono farsi carico delle responsabilità che ne scaturiscono. Entrando nell’agone politico, diventano di parte, missione questa che spetta ai laici. Chi sente questa vocazione non può, non deve, accedere al sacerdozio. Al sacerdote, infatti, la Chiesa ha chiesto un’altra cosa, talmente importante da farglielo promettere davanti a Dio e all’assemblea liturgica nel giorno dell’ ordinazione. Ha chiesto innanzitutto l’obbedienza. Obbedire, per un uomo maturo, intelligente, colto, preparato è forse il sacrificio più pesante. Obbedire “in piedi” naturalmente, senza timori e senza adulazioni al proprio vescovo e alla Chiesa, anche quando ti dovessero flagellare. Padre Pio, Don Mazzolari, don Milani lo hanno fatto e per questo, oggi, ci danno più garanzie e brillano di più. La libertà interiore del prete deve avere rispetto massimo della libertà dei fedeli. Quando salgo l’Altare, devo mettere da parte il mio umore, i miei gusti spirituali, le mie convinzioni teologiche e liturgiche. Quando celebro è Cristo che celebra. È Cristo che i fedeli sono venuti a incontrare. Quando celebro impresto le mie mani e la mia voce a Cristo che desidera arrivare a tutti. Quando celebro avverto una responsabilità che mi schiaccia. Dio si sta fidando di me. La Messa non si tocca. Non si tocca perché non è mia proprietà privata; per rispettare il diritto dei fedeli; perché i cattolici che militano in diversi partiti, almeno a Messa, si sentano fratelli. E se hanno difficoltà a farlo nelle piazze e nei palazzi, almeno tra i banchi di una chiesa possono stringersi la mano. Il politico cattolico ha una missione grande da svolgere, il prete una più grande ancora.
Il politico cattolico può anche mettere alla porta del suo partito qualcuno, il prete non potrà mai farlo in chiesa. Alla polizia compete arrestare il reo, al magistrato condannarlo, al prete convertirlo. All’amore, alla giustizia, alla verità. Non è facile, me ne rendo conto. La sete di giustizia, l’amore per i poveri e per la verità, non poche volte, potrebbe portarci a dire parole, a fare gesti di cui pentirci. Non è questa la strada, la Chiesa me lo ricorda. E quando scende in campo perché i diritti dei piccoli sono calpestati, il prete lo farà sempre con lo stile che gli è proprio. Gli inni dei partiti – di destra o di sinistra – lasciamoli ai partiti. In chiesa continuiamo a cantare “inni e cantici spirituali” per la lode di Dio e la salvezza degli uomini.