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Il calcio che mi piace

Non mollo mio figlio da quando ha iniziato a giocare a calcio (cioè dall’ultimo anno di asilo), lo porto gli allenamenti, assisto da lontano senza che mi veda, mi diverto ad ogni partita e controllo … controllo che entra ed esca dal campo con il sorriso se non sulle labbra, almeno nel cuore (ed una madre il sorriso nel cuore lo scova, certo!). Sul calcio ne ho sentite tante e durante i momenti di calcio ne ho viste tante ma io odio “i banalismi” … e metto in comune qui, la mia piccola esperienza.

Amo il calcio: quando gioca l’Italia, nel corsello in comune alle villette in cui viviamo, mettiamo una televisione unica, delle sedie e si sta insieme tutta la sera … un tuffo indietro agli anni ‘40. I piccoli siedono davanti (maschi di 13 anni), le femmine sulle sedie (principesse pettinate e truccate da La Scala ed invece siamo agli Europei), noi genitori in piedi con un bicchiere di bianco freddo e fermo in mano. Si gioisce, si soffre, si urla, si ride … si fa tutto, tutti insieme … per questo calcio non esistono impegni di lavoro o sofisticati apericena … esiste solo uno spirito di gruppo che per l’Italia ci fa sudare ed aspettare pazientemente tempi migliori, quelli dei giovani che crescono.

Amo il calcio: quando me la sento proprio di fare una pazzia e con il primo stipendio, non pago la rata del mutuo ma compro tre pacchetti con biglietto più volo per Manchester, al teatro del calcio si gioca la finale di Champion, i miei colori, bianco neri, contro quelli rosso neri. E’ il 28 Maggio del 2003. Perdiamo ai rigori. Mio padre perde dieci anni di vita, mio fratello non parla per due giorni. Io sorrido: che esperienza super. In aeroporto si mischiano le tifoserie, zero incidenti, beviamo e chiacchieriamo con amici che sento ancora oggi: sono passati più di vent’anni.

Amo il calcio: quando giocano “i grandoni” della nostra società sportiva di Milano, anno 2008, play off per andare ai nazionali. Chi ti trovi in tribuna? I piccoli del 2012 che esultano, tifano, fanno il dodicesimo uomo e a gara finita, vengono invitati in spogliatoio a fare festa con i fratelloni … costo del biglietto 5 euro, senso di squadra, di appartenenza e di solidarietà inclusi nel prezzo.

Amo il calcio: quando gioca mio figlio, fa il capitano, ultima di campionato siamo sul 3:3, si procura un rigore e lo fa tirare al più triste della squadra, a quello che ha avuto la giornata storta perché l’amicizia è più importante del risultato finale. Amo il calcio quando si fa male un avversario ed i nostri corrono a vedere che il danno non sia troppo danno, anche perché temono di farsi loro male, un giorno.

Amo il calcio quando la palla della rimessa laterale non viene calciata lontano per perdere tempo ed avvantaggiare i vincenti ma passa di mano in mano come fosse un testimone a ricordare “vinca davvero il migliore”. Amo il calcio quando diventa opportunità per un ragazzo ucraino scappato dalla guerra in Italia, con un fratello al fronte da due anni, di giocare gli allenamenti per poter essere un dodicenne normale, senza pensieri di morte almeno un paio d’ore almeno un paio di volte alla settimana. Amo il calcio quando vedo i giocatori uscire stravolti che sembrano dire, ad ogni categoria, “ho dato tutto, ho combattuto, ho rispettato, ho imparato”.

Amo il calcio quando ci regala momenti eterni come “la partita del secolo” Italia Germania 1970, semifinale a Città del Messico, partita talmente grandiosa da venir ricordata nel bellissimo libro “L’album dei sogni”. Amo il calcio quando ci parla di amore e fedeltà: Totti alla Roma, Maldini al Milan, Del Piero alla Juve.

E lo so, in campo ogni tanto si vede quello che io chiamo “effetto Dazn” ossia ragazzini un po’ poco aderenti alla loro realtà che esultano come campioni senza avere il piede e la strada dei campioni. E lo so, in panchina a volte ci sono allenatori discutibili che sbagliano il tono di voce e le parole più che lo schema. E lo so, sugli spalti ci sono genitori arrabbiati, delusi, amareggiati da altro che troppo vedono nel figlio e troppo mettono sulle quelle due spalle gracili. Ma nonostante questo, il calcio resta uno sport per tutti, per le società di serie A, per gli oratori e per i cortili.

Il calcio ti insegna che a volte non tutto dipende da te, c’è una quota di “rotondità” nella palla e nella vita che sfugge ai programmi … per questo viva l’impegno serio con grinta e serietà ma benvenuto imprevisto, benvenuto insuccesso, benvenuta sconfitta.

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