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Incontro con Giovanni Traettino, uomo innamorato di Dio

È più facile alzare muri che costruire ponti, che fermarsi ad ascoltare e a dialogare.

Soprattutto quando l’argomento ci coinvolge personalmente, come quello della fede. Intesa non come un aspetto astratto, ma reale. Che parte dalle origini, che riguarda la cultura, l’istruzione sociale, spesso millenaria, di popoli e di storie. Come il nostro Occidente, un’intera civiltà fondata sul cristianesimo.

Benché ognuno abbia le proprie radici, come nel nostro caso quelle cristiane, ciò non preclude la possibilità di conoscere altre culture, religioni, filosofie. Anzi! Ratzinger diceva: “La ragione (la conoscenza) e la fede hanno bisogno l’una dell’altra per realizzare la loro vera natura.”

Però, chiaramente, il dialogo non è cosa facile!

L’altra sera, nella nostra parrocchia, abbiamo felicemente accolto il pastore evangelico Giovanni Traettino, un uomo veramente innamorato di Dio, amico di Papa Francesco, il quale ha detto di lui di avere una fede più grande della sua.

Stranamente, però, questo incontro, invece di creare in me dei dubbi, mi ha confermato nelle mie ragioni. Mi ha dato certezze maggiori riguardo alla mia fede. Cristiana. Cattolica. Con a capo il Papa.

Cioè, ho avvertito che, nonostante la bellezza della riflessione più profonda sulla Parola di Dio, permaneva in me un senso di incompletezza.

Il protestantesimo è un tipo di fede più intimista, più individualista.

È come se si credesse in un Dio impersonale, che non disturba l’umanità. E invece, secondo me, il cuore del Vangelo è: “Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Ama il tuo prossimo come te stesso.”

Quindi la carità.
Quindi l’uomo.

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