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Quando un Funerale diventa un momento di Grazia “urbi et orbi”

Quando don Natalino ha preso parola per l’omelia su quell’ambone e davanti a una Chiesa dei Santi Pietro e Paolo a Rovellasca, gremita quasi fosse Natale, abbiamo tutti da subito capito che anche lui era commosso e le parole gli uscivano con fatica.

Il Vangelo del giorno, scelto per il funerale di Paola, era quello di Zaccheo e subito il sacerdote ha detto che come Zaccheo tutti noi, davanti alla morte di questa giovane mamma, ci sentiamo piccoli e abbiamo bisogno di capire, di vedere Gesù in mezzo alla folla per fargli tutte le nostre domande e quindi, come Zaccheo appunto, cerchiamo un albero su cui salire per vederlo meglio, un albero con le radici solide, che ci possa sostenere. E quale è quest’albero? La Croce.

E chi incontriamo sulla Croce? – ha chiesto alla folla don Natalino per poi rispondere – Incontriamo Gesù.

Quali sono le tre espressioni che Gesù ha detto sulla Croce?

La prima: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? Gesù prova il dolore umano dell’abbandono, a volte non capisce perché, si fa le nostre stesse domande. Le domande di Paola che chissà quante volte si sarà chiesta: Dio Mio, perché proprio a me? Perché questa malattia che continua a crescere? Perchè tutto questo dolore?

E sono le stesse domande, caro don Natalino, che ci siamo fatti tutti qua dentro in particolar modo noi e i nostri figli nel lungo viaggio che ci ha portato da Roma a questa Chiesa: perché questo accanimento della malattia con Paola?

E sono le stesse domande che, allargando gli orizzonti, parlando “urbi et orbi” ci facciamo tutti nel mondo: perché la morte, perché le guerre, perché il dolore.

Esemplare la risposta di don Natalino: “Queste domande se le fa anche Gesù perché Dio non è il Dio della morte ma della vita. La morte proviene dall’uomo”.

Seconda espressione di Gesù sulla Croce: Tutto è compiuto.

Qui don Natalino, dall’ambone, ha guardato Francesco, il marito, e ci ha detto: “Eravamo qui il 17 giugno del 2023 per il vostro matrimonio….” E inaspettatamente si è fermato bloccato dall’emozione ed è subentrato il Silenzio.

Pochi attimi in cui tutti noi siamo tornati col pensiero a quel giorno di Festa, di un’altra Festa, celebrata pochi mesi fa.

Don Natalino, come tutti noi, non riusciva ad andare oltre e tutti in quegli attimi abbiamo sentito proprio lo Spirito Santo Consolatore scendere ancora copioso sull’assemblea di fedeli e darci forza e coraggio per continuare.

“Quante volte Francesco ci siamo confrontati in queste ultime settimane e mi hai detto: tutto quello che dovevamo fare l’abbiamo fatto. Ecco fratelli e sorelle che cosa vuol dire tutto è compiuto. Vuol dire aver fatto il proprio dovere fino in fondo. Vuol dire aver amato. E’ questo il senso della vita, non importa quanto sarà lunga o corta, è importante averla vissuta appieno, amando. Quindi Paola può benissimo dire oggi: tutto è compiuto.”

Che parole bello don Natalino, valide per tutti noi e per i miei figli che continuavano a domandarmi: ma come fa zio Cecco ad essere così “apparentemente” sereno?

Terza e ultima espressione di Gesù sulla Croce: Padre nelle tue mani affido il mio Spirito. Dopo le domande, dopo l’aver verificato di aver fatto tutto il proprio dovere, anche Paola – ha detto in conclusione don Natalino – ha consegnato il Suo Spirito a Dio, si è affidata totalmente e fiduciosa a Lui e oggi noi siamo qui a Celebrarlo.

La Parola è poi passata al silenzio e tutti abbiamo avuto la consapevolezza che, pur trovandoci ad un funerale – tradizionalmente un momento di dolore – stavamo vivendo contemporaneamente un momento di Grazia pura, da attingerne a piene mani.

Grazie Don Natalino, di queste parole che hanno risposto a tutte le nostre domande, miei e dei nostri figli e che sono valse per Paola e Francesco ma possono valere per ciascuno di noi.

Grazie Francesco e Paola perché mentre don Natalino ci insegnava queste verità dall’Ambone, voi ce le avete testimoniate sull’Altare della vita.

p.s.

In ultimo, cara Paola, correggo quello che ho scritto giorni fa nel saluto che ti ho inviato. Quello del 30 agosto mentre eri seduta sulla panchina con mia moglie, non era una espressione malinconica ma, ha ragione don Natalino, era uno sguardo risoluto, appagato, da “tutto è compiuto”.

Quella era la tua consapevolezza, quella sera, l’ho capito solo oggi. Sapevi che avevi fatto tutto il possibile, ti stavi incamminando verso il lungo tramonto della vita, con accanto l’amato Francesco, ed eri riuscita a passare ancora a salutarci.

Grazie di tutto questo.

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