cultura

Il raggio di luce – un racconto di Benedetta Bindi

“In verità, in verità vi dico che se uno non nasce di nuovo non può vedere il regno di Dio” Giovanni 3:1–36

Ero andato da solo con Laura a Parigi, per il nostro anniversario di matrimonio. Ero parecchio felice. Nostra figlia Giulia era ben sistemata a casa della zia, il cane in una pensione a Formello, io e mia moglie a girare per la capitale francese come fossimo due fidanzati.  

La domenica prima di ripartire siamo andati a passeggiare per la città, senza una meta precisa, avevamo poco tempo a disposizione prima di recarci all’aeroporto. Ad un certo punto ci siamo ritrovati nel quartiere Marais: è interessante, con tanti negozietti, belle residenze, e gallerie d’arte. Siamo entrati nella prima nella quale ci siamo imbattuti. Seduta dietro un bancone, una ragazza dai capelli rossi e degli occhiali bizzarri con una lente tonda e un’altra quadrata, ha alzato gli occhi dal suo libro, ci ha sorriso, per poi rimmergersi nella lettura. Mia moglie si è fermata a guardare il primo dipinto alla parete destra, grandissimo e colorato, che ritraeva una ragazza che correva in un prato. Io ho proseguito dritto, attratto da una tela piuttosto scura con al centro un raggio di luce, questo colpiva dall’alto il corpo di un uomo intento a sbucciare la frutta. Era meraviglioso. Mi sono avvicinato a leggere la didascalia, riportava la frase: “La joie n’est rien d’autre que cette rencontre avec un soudain rayon de lumière- La gioia non è nulla di più di questo incontro con un raggio di luce improvviso”.

Il titolo era appunto:” Rayon de lumière-Raggio di luce

Forse il pittore aveva semplicemente dipinto un volto, o aveva solamente voluto giocare con i chiari e scuri. Oppure, come ho voluto pensare io, in quella luce ha riconosciuto il mistero di qualcosa “più forte di noi”, e la voglia di rinascere.

Assorto a guardare il dipinto avevo dimenticato il tempo, quando ho sentito mia moglie toccarmi la manica della giacca: “Federico ma ti sei incantato? Dobbiamo andare o faremo tardi, io ho girato tutta la galleria e tu sei ancora qui?!”

Poco tempo dopo nell’aereo ho ripensato a quel dipinto che avrei voluto comprare, ma che quando ho chiesto il prezzo alla ragazza al bancone, ho pensato che con la stessa cifra noi ci andavamo avanti due anni! Così ho dovuto rassegnarmi, a scattargli una foto per non dimenticarlo. In ogni caso non era stato un caso finire proprio dentro quel posto, mi ha fatto ricordare la mia rinascita avvenuta quindici anni prima. 

Gesù ha provato a spiegare il concetto di rinascere, lo fa con Nicodemo, un filisteo che poi in futuro lo seguirà: “farsi rigenerare dall’alto” (Gv 3,3). Niccodemo è titubante in un primo momento, non capisce come una persona possa nascere una seconda volta.

Semplice, la chiamata di Gesù è una nuova nascita.

Per credere si deve costruire quella condizione nella quale tutto è possibile, e cambiare così la nostra anima.

Io ho toccato il fondo nella mia vita, mi sono trovato senza lavoro, per qualche tempo mi sono adattato a qualsiasi cosa per guadagnarmi da vivere, anche se in tasca avevo una laurea. Non mi vergogno a dirlo che per sei giorni, ho dormito in macchina, poi in maniera improvvisa tutto è mutato dentro e fuori di me. Fino al punto di avere un lavoro interessante, una moglie, una figlia, e godermi l’anniversario di matrimonio a Parigi. Tutto questo è stato possibile quando un giorno: “credere”, mi è venuto naturale. Gesù non attende che qualcuno vada da lui, Egli viene da sé, senza essere chiamato, perché è Lui che ci chiama.

Tengo come salva schermo del cellulare quel dipinto per ricordarmi quando, le cose girano storte, che un giorno quel raggio di luce mi ha colpito!

Così non mi lamento, e con il sorriso continuo il mio cammino.

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