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Il concilio, la Pace, la Guerra e la legittima difesa

Ogni atto di guerra, che mira indiscriminatamente alla distruzione di intere città o di vaste regioni e dei loro abitanti, è delitto contro Dio e contro la stessa umanità e va condannato con fermezza e senza esitazione. (Gaudium et spes 80)

Perché il Concilio denuncia la guerra con tali termini? Non è una ovvietà ribadita? Ahimè purtroppo non ancora. Per tanti – forse anche sedicenti religiosi e uomini e donne dle cosiddetto buonsenso – la guerra è un estremo rimedio o male minore. È la risoluzione dei problemi con la forza. Ecco che la Gaudium et spes alla luce di Gesù uomo nuovo e modello di umanità in pace con sé stessa ci ricorda che ogni guerra (non solo tra popoli ma anche quella domestica) è delitto contro Dio. Non è questione solo sociale. La guerra è un peccato teologale. Contro la fede. Disarmiamoci, e smetteremo di continuare a sferzare la schiena di Cristo con flagellazioni violente e sanguinose. Raccogliamo il sangue sparso. O meglio lasciamolo per poco: non per amore di cruenta memoria, nè per puntare il dito contro i criminali di guerra ma come monito di conversione: mai più missili. Mai più bombe. Sono flagelli contro Cristo.

La guerra non è purtroppo estirpata dalla umana condizione. E fintantoché esisterà il pericolo della guerra e non ci sarà un’autorità internazionale competente, munita di forze efficaci, una volta esaurite tutte le possibilità di un pacifico accomodamento, non si potrà negare ai governi il diritto di una legittima difesa. I capi di Stato e coloro che condividono la responsabilità della cosa pubblica hanno dunque il dovere di tutelare la salvezza dei popoli che sono stati loro affidati, trattando con grave senso di responsabilità cose di così grande importanza. Ma una cosa è servirsi delle armi per difendere i giusti diritti dei popoli, ed altra cosa voler imporre il proprio dominio su altre nazioni. La potenza delle armi non rende legittimo ogni suo uso militare o politico. Né per il fatto che una guerra è ormai disgraziatamente scoppiata, diventa per questo lecita ogni cosa tra le parti in conflitto.

Coloro poi che al servizio della patria esercitano la loro professione nelle file dell’esercito, si considerino anch’essi come servitori della sicurezza e della libertà dei loro popoli; se rettamente adempiono il loro dovere, concorrono anch’essi veramente alla stabilità della pace. (Gaudium et spes 79)

Il Concilio parla nel contesto degli anni 60, dove non esisteva ancora un’ attrezzatura nucleare così pericolosa come oggi. Riscritto oggi il documento direbbe che “la legittima difesa” è rarissima, perché oggi difendersi con armi di distruzione di massa significa un male radicale. Ce lo ricorda quotidianamente Papa Francesco. Se le rivoluzioni dei teologi della liberazione potevano essere comprese un pochino e le guerre di difesa nei secoli passati avevano una giustificazione per motivi di ordine e di mitigazione del male oggi questo va detto in altri termini.

Non solo. Il Magistero parla in un contesto dove per evitare strappi maggiori si tenta una mediazione comunicativa, ma sappiamo che Gesù ha detto chiaramente: chi si adira commette peccato. Persino una parola offensiva, anche se in difesa di un innocente, potrebbe facilmente tramutarsi in vendetta.

Quanto costa sopportare le spine del “perdono”, del “porgere l’altra guancia”. È spinoso, spinosissimo amare i nemici. Ma questo feconda il mondo di amore potente e che fa risorgere.

Sac. Domenico Savio Pierro

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