La tenerezza e Alain Delon
Ieri sera in uno slancio di tenerezza verso l’anima del compianto Alain, di cui le mie orecchie bambine hanno sentito parlare per tutti gli anni 80 con toni enfatici da mia madre (calmierati da mio padre), ho visto il Gattopardo.
Solo l’amore per la cinematografia italica e per le anime dei defunti hanno fatto il miracolo: tenere a bada la narcosi per le quattro ore di film comprese le incivilissime interruzioni pubblicitarie piazzate alla cactus ogni due per tre.
Vorrei dare un parere da cineasta.
Ma temo di essermi impallata tra ventagli sbattuti a velocità ultrasoniche, fossette geniene di Alain e balze millestrati di gonne di signore volteggianti.
In tutto ciò mi sono chiesta più volte, con una certa preoccupazione, che fine avessero fatto i visceri addominali della Cardinale, stretti a compressione non graduata in un corpino con la circonferenza del mio polso destro.
La tenerezza maggiore però, devo dire, s’è sprigionata a fine pellicola.
Quando il principe di Salina, maestoso Lancaster, va giù di ginocchia al passaggio del Don che accorre a portare il Santissimo a casa di un presumibile moribondo, preceduto dal chierichetto che suona la campanella per avvisare.
Una roba che fino a qualche decennio fa accadeva sul serio.
Nelle nostre strade.
Ci si inginocchiava al passaggio del clergyman per rispetto a quella particola. A quel pezzetto di pane. A quel Corpo di Re, che come ogni Re merita ginocchia piegate e saluto.
Ma la tenerezza non è venuta fuori dalla riflessione per la perdita di questa usanza, eh.
Mo facciamo fatica pure a salutarci tra viventi, per strada, figuriamoci.
La tenerezza me l’ha data Lancaster. Burt, proprio.
Ateo convinto nella vita vera.
Che aveva rifiutato il ruolo di Ben Hur qualche anno prima, nel film colossal, perché non voleva averci a che fare manco di striscio con quella roba lì.
E dopo qualche anno si inginocchia.
Per finzione eh. Perché il suo personaggio riflette sull’inconsistenza delle cose di quaggiù.
Eh però, chissà.
Geniale.
Il Boss dico.
Le escogita tutte, pur di farci cadere ai suoi piedi.