I cani non ci vedono tanto bene ma guardano molto bene
Dichiaro subito che in questo pezzo c’è un fortissimo conflitto di interesse: io amo i cani e vorrei che alla fine delle mie righe, molti di voi facciano una corsa in canile o in allevamento per prendere con sé uno di questi meravigliosi animali.
Nel 2020 tra un decreto giallo ed uno rosso ed uno arancione, io e mio figlio ci concedevamo delle corse nei parchi del nostro paese (quando permesse dalla legge) con il pensiero di dare casa ad un cane già da molto tempo. In una delle nostre passeggiate abbiamo visto un esemplare di cui ci siamo innamorati, ne abbiamo parlato in famiglia e con mio marito totalmente contrario abbiamo prenotato una visita in un allevamento…..due mesi dopo, facevamo spazio a Leila, una cucciola di border collie. E da allora non abbiamo ancora smesso di sorridere a lei e grazie a lei.
Butto qui qualche suggestione caso mai vi servisse ancora una spintina per prendere con voi un cane…
Uomo e cane, condividono spazi e destini da 14.000 anni: i primi indizi di vita insieme risalgono al Paleolitico e provengono soprattutto da quella regione che oggi chiamiamo Iraq. Il cane per come lo conosciamo noi, filogeneticamente forse proviene dal lupo, forse dallo sciacallo, forse dalla volpe. Il processo di domesticazione dei canidi selvatici ha portato in questi animali delle modifiche sia fisiche sia psicologiche. I cani addomesticati rispetto ai canidi selvatici hanno naso e muso più corto perché non devono cercare il cibo, hanno dimensioni più ridotte perché non devono più combattere ed hanno un pelo spesso con colori eterogenei e diversi dall’originale perchè non devono più nascondersi. I cani addomesticati rispetto ai canidi selvatici sono mediamente più docili, sono quasi sempre capaci di giocare e soprattutto hanno poco o nulla paura dell’uomo.
Nel corso della storia, come si sa, i cani hanno imparato e svolto tantissimi lavori diversi: compagnia, caccia, guardia, battaglia, salvataggio, terapia-sostegno dei disabili.
Oggi, grazie a studi dedicati, si sa che i cani riconoscono fino a 100 parole umane, decodificano il nostro linguaggio corporeo e sono dotati di intelligenze multiple, le più importanti delle quali sono: l’adattativa, la lavorativa, l’istintiva. L’intelligenza adattativa consiste nella capacità di apprendere soluzioni ai problemi per riproporle quando serve (ho letto di un terrier che avendo sete ed avendo trovato la ciotola dell’acqua vuota, ha spostato la sua ciotola sotto un rubinetto ma non potendo fare altro si è deciso a portare la ciotola in mano al padrone). L’intelligenza lavorativa o ubbiditiva consiste nella predisposizione del cane ad essere disponibile per svolgere attività sotto il comando dell’uomo (l’esempio tipico è rappresentato dai pastori tedeschi che diventano cani poliziotto soprattutto perché sanno ubbidire a chi li conduce). L’intelligenza istintiva invece fa parte del corredo genetico e consiste negli schemi che il cane eredita (l’esempio più chiaro è dato dai border collie che sanno mettere in gregge le pecore senza che nessuno lo insegni a loro. Inoltre i border, ripropongono lo schema per gli altri animali: quando un border rincorre uno scoiattolo, una lepre o un’anatra non lo fa mai per istinto predatorio, che non ha, ma lo fa per istinto di raggruppamento). In generale sembra che le razze si spalmino sulle tre intelligenze in modi diversi. Normalmente le intelligenze si esprimono in maniera da competere per cui le razze che esprimono maggiormente l’intelligenza ubbiditiva esprimono meno quella istintiva (e questo potrebbe guidare la scelta del compagno di giochi).
Al di là di questi tecnicismi, veniamo al dunque: perché aprire la propria casa ad un cane? Semplicemente perché fa bene. Ormai esistono evidenze scientifiche sulla capacità dei cani di abbattere lo stress umano: diversi studi sono in grado di dimostrare come accarezzare il proprio cane riduca nel padrone, gli indici fisici di stress come la tachicardia. Inoltre essere proprietari di un cane, obbliga a camminare almeno un pochino tutti i giorni, ed anche in questo ambito si sprecano i dati che descrivono un miglioramento della pressione arteriosa di chi conduce a passeggio il proprio animale rispetto a chi conduce una vita sedentaria. Ma c’è molto altro. Accettare di prendersi cura di un cane ti ricorda come la cura non concede soste: ci si può attrezzare e organizzare con i turni per chi esce di casa a fare giretto pipì al mattino e chi la sera ma di fatto un cane non sarà mai autonomo e ti richiederà sempre attenzione. Lo farà in modo silenzioso e grato; tanto che alla fine i padroni si scopriranno capaci di attenzioni e pensieri di preoccupazione per il quattro zampe esattamente come se si trattasse di un membro della famiglia perchè di fatto lo è.
Avere un cane dunque allena la dedizione e la cura. Di più, avere un cane ti obbliga ad avere a che fare con un essere che per lo più subisce, non attacca, non si difende…diremmo oggi un fragile. Avere un cane ti fa cancellare dalla testa che i soprusi siano legittimi o pensabili. Avere un cane ti impedisce di essere bullo perché i suoi occhioni ti ricordano che, certo volendo puoi maltrattarlo, ma a costo di vergognartene tutta la vita. C’è dell’altro. Il cane insegna lo sforzo di capirsi al di là delle parole. Loro ci riescono quasi sempre, con lo sguardo. Noi quasi mai, con nulla.
Si può fare con tutti i cani, un gioco che parla di quanto loro cerchino costantemente la relazione attraverso lo sguardo: ai corsi di addestramento, si chiama proprio “watching”. Ci mettiamo seduti su una sedia di fronte al cane, in mano teniamo un premietto di cibo e osserviamo cosa fa il cane. Potrebbe essere che annusi la mano in cui teniamo la golosità, potrebbe essere che abbai, potrebbe essere che scodinzoli ma se noi teniamo duro e non concediamo il premietto, il cane presto o tardi si piazzerà davanti a noi, tirerà su la testa per guardarci. Alla fine il cane pianterà i suoi occhi nei nostri come a dirci “ok cosa devo fare per diventare tuo amico?”.
I cani non ci vedono tanto bene ma guardano molto bene: la loro visione è a pochi colori ma il loro sguardo è penetrante. Leggono il nostro corpo e quindi sanno se devono temerci o se devono consolarci. Causalmente ho scoperto questa cosa un pomeriggio di ritorno a casa: avevo un’emicrania fortissima ed entrando in casa ho deciso di sedermi su una sedia della cucina perché il dolore e la nausea erano fortissimi. La nostra border Leila ha immediatamente lasciato le sue attività per correre da me, mettere il suo muso sulla mia coscia ed aspettare con me che l’emicrania passasse. Non si è mossa per un’ora. Solo quando ha visto riaffiorare il sorriso sul mio viso, perché l’antidolorifico aveva fatto effetto, si è concessa di allontanarsi.
Ai cani non sfugge nulla perché non si lasciano distrarre dai cellulari, dalla tv o dai social: per loro esistiamo solo noi con i nostri vissuti. Il loro sguardo impegna ed ingaggia: non puoi restarne indifferente. Loro si fidano di noi anche quando noi non ci fidiamo di noi stessi. Sarà che non hanno alternativa: noi siamo i loro compagni e questo a loro basta.
I cani, conoscono il perdono meglio di qualunque specie animale. Loro ricordano ma loro ricominciano da capo ogni volta: se il giorno prima li hai trascurati, loro il mattino dopo ti accoglieranno con solito sguardo e solito scodinzolio fuori dalla loro cuccia.
Per loro, la nostra imperfezione non è un problema e la superano senza rancore. Il risultato finale di tanto amore cieco è un sottofondo di malinconia: guardiamo i cani e ci sentiamo indegni…forse questo sentire, può spronarci ad essere migliori, attenti ed empatici con loro e con i nostri simili.