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Oh stupenda povertà! La strada di una Croce

L’hanno portata in chiesa alla sera, sulle spalle di quattro  uomini forti. L’ho vista alzarsi piano piano, quasi, dondolando perché molto pesante (credo che pesasse più di un quintale e mezzo); ad un certo punto ha come allargato le braccia e ci è parso che volesse abbracciare il mondo intero; ho guardato il suo volto, era triste sì, ma nello stesso tempo c’era un’aria di bontà, di amore che faceva impressione e che sembrava rivolto alla gente che era lì per assistere alla cerimonia. Finché è stata fissata dietro l’altare, nell’abside rivolta a tutta la chiesa. Mi è sembrata sul monte Calvario, mi è sembrato di udire quel grido “ Padre nelle  tue mani consegno il mio Spirito” – mentre il suo capo si chinava sulla spalla.

Mai una croce mi ha impressionato così tanto, mai il Signore mi è apparso così vicino, mai mi è ,sembrato di vedere il volto di Dio. L’avevo chiesta a uno scultore che mi aveva  prima mostrato un’immagine di S. Francesco fatta da lui e che era in una casa di famiglia. Mi impressionò: era composta di tanti piccoli pezzetti di ferro che l’artista aveva saldati insieme facendone una bellissima statua del Santo. Da lì ho avuto l’idea di realizzare l’immagine di Cristo; senza sapere cosa sarebbe uscito.

Ho visitato lo scultore nell’atelier mentre lavorava: si udiva un disco di musica classica che ti creava l’ambiente mentre tu sognavi il Cristo non so sotto quale sembianze. E un po’ alla volta apparivano sotto la saldatura dell’artista le membra, il corpo e infine il volto. Lui lo sognava e poi lo traduceva in realtà: il mio Cristo.

Quante volte ho guardato le sue mani sanguinanti, i suoi piedi contorti che sostenevano il suo corpo trafitto dalla lancia del soldato! Quante volte si è fermato il mio sguardo su quel corpo morto in croce per me! È proprio su quel Crocifisso che hanno fissato i loro occhi e hanno trovato la forza per arrivare alla donazione totale molti Santi e Sante che hanno vissuto la loro povertà, in modo così “radicale” da voler assomigliare al Signore. San Francesco, Santa Chiara, Santa Filippa, Santa Elisabetta di Ungheria e altri che seguendo il Crocifisso hanno vissuto una vita di paradiso. Si sono spogliati di tutto, hanno rinunciato a tutto, trasformando il loro corpo in un semplice strumento  per servire il signore . ” Nudus nudum Christum sequi “…

E’ la Chiesa della “paupertas radicalis” che noi troveremo nella lunga storia dell’umanità.

Ma c’è  un altro filone che prende il via da questo Crocifisso. Quello sguardo amoroso che Gesù ha lanciato dall’alto della croce verso i poveri che Lui ha sempre amato con una predilezione particolare, porta la Chiesa a guardare verso di loro con un affetto senza limiti. E fin dai primi Padri, dalle prime esortazioni, che i poveri sono l’oggetto amoroso di tutti coloro che vogliono amare il Crocifisso. San Gregorio Nazianzeno, S. Giovanni Crisostomo, Sant’Agostino, vedono nell’amore verso i poveri la strada maestra che ci porta in cielo. E c’è un terzo filone che si è aperto nella strada della Chiesa e che è I’ultimo atto di amore verso il Crocifisso. “Dare Ia vita per i poveri”, sacrificare la vita come Gesù, il Crocifisso, per gli altri. È l’ultimo atto di chi ama il Crocifisso ed è disposto a dare la vita per i poveri: il martirio.

Si è aperta una nuova strada agli amanti del Signore: il Crocifisso è lì davanti ai nostri occhi, nudo in una donazione totale; così i nostri martiri hanno guardato nei loro occhi i nostri poveri nudi; e per loro sono stati capaci di dare la vita. Il martirio fa parte della Chiesa; fin dai tempi primitivi il cristiano ha fissato il Crocifisso e Lui ha guardato in faccia i poveri e nei poveri ha visto l’immagine di Dio. Mons. Romero ha visto bene in faccia i suoi poveri sacrificati inesorabilmente dalle unghie del capitalismo selvaggio e ha voluto strapparli alla ferocia dei militari. È morto mentre offriva il Santo Sacrificio della Messa. Una schiera enorme di sacerdoti, con i loro cristiani: centinaia di morti perseguitati, torturati, violentati, massacrati, squartati  solo in Argentina sono circa 30.000; 29.000 gli scomparsi morti sotto le unghie del Generale Pinochet – come nei primi secoli del Cristianesimo, non tanto per non rinunciare alla loro fede, ma per non rinunciare a una delle tre virtù teologali a cui non si può rinunciare.

Sono morti per amore dei poveri, per lo stesso amore per cui il Crocifisso ha dato Ia vita. E il mio Crocifisso dalle braccia aperte resterà lì per testimoniare per sempre, insieme ai nostri martiri, I’amore per i poveri.

Oggi il mio Cristo è stato portato nella chiesa cattedrale, segno di amore per tutti i nostri cristiani. E il Crocifisso è là : o in un capannone sgangherato adibito a cappella, o a chiesa, o su una collina in mezzo a sterpi o erbacce, come se fosse lì per benedire tanta povera gente, a preservare tutti nelle loro casette dalle disgrazie e dalle malattie, o in un crocicchio, quasi per indicare il sentiero che porta in paradiso tra i tanti sentieri che possono portare alla dannazione. Il Crocifisso è sempre là: le braccia aperte per indicare la sua bontà nell’accogliere tutti, la sua bocca per esprimere la sua parola: Venite, benedetti; il suo capo reclinato per posarsi sullo sguardo di tutti e a tutti mostrare la sua misericordia. Finché tutti scopriranno che sono essi stessi un pezzettino di quella croce e di quel Crocifisso che è lì per salvare l’umanità.

Oh benedetto Crocifisso, oh stupenda realtà!

Quanti sono i Santi che nudi hanno seguito il Signore, quanti sono i poveri che hanno imitato il Signore nudo e che nudi non hanno avuto vergogna di presentarsi così davanti agli uomini grandi.

Oh stupenda povertà!

Ho pensato: chi sarà stato quel cristiano che per primo ha tracciato il segno della croce; non certamente su sé stesso, ma su un muro, su una sala di preghiera? Non lo sappiamo, ma la storia ci dice che primi segni di croce li troviamo proprio nelle catacombe, graffiati nel tufo o segnati con il colore.

Oh stupenda carità, oh immenso amore: forse non pensava lui che milioni e milioni di crocifissi sarebbero apparsi nel mondo intero, e che centinaia di Santi avrebbero imitato quel Cristo nella sua donazione e nella sua povertà, e che milioni di persone avrebbero portato scolpita nel loro cuore la passione e la croce del Signore. Poi, quando si costruirono  le chiese, apparve il Crocifisso come oggetto di culto, come la croce gemmata realizzata a mosaico alla fine del IV secolo nella chiesa di Santa Prudenziana in Roma. Nel V secolo è il simbolo della croce con la figura del Redentore mostrata alla pietà dei fedeli. Il Crocifisso si afferma sempre di più fino ai crocifissi lignei ricoperti da una lamina d’argento nell’Xl secolo. Ed eccoci al XII secolo, che è un’autentica esplosione di artisti e devozioni al Crocifisso fino a Cimabue (Arezzo 7268-1271), Giotto (Padova 1304-1306), Masaccio (Napoli L426), Fra Angelico (Firenze 1437-1446), Mantegna (Verona 7459), Antonello da Messina (Anversa 1475)… Sono le connotazioni essenziali del Crocifisso: le braccia stirate a forza sulla croce, le gambe che si incrociano sui due piedi trafitti, il capo reclinato, sofferente, coronato di spine.

Oh stupenda realtà, impressa profondamente nel cuore del cristiano. Quante lacrime sparse per il Signore! Quante processioni di poveri si sono unite a queste pie donne che per prime hanno pianto per Lui.

Oh stupenda carità!

Mons.Guido Piccoli comboninsieme

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