Oggi è il giorno in cui disse: “Questo matrimonio non s’ha da fare”
– Signor curato, – disse un di que’ due, piantandogli gli occhi in faccia.
– Cosa comanda? – rispose subito don Abbondio, alzando i suoi dal libro, che gli restò spalancato nelle mani, come sur un leggìo.
– Lei ha intenzione, – proseguì l’altro, con l’atto minaccioso e iracondo di chi coglie un suo inferiore sull’intraprendere una ribalderia, – lei ha intenzione di maritar domani Renzo Tramaglino e Lucia Mondella!
– Cioè… – rispose, con voce tremolante, don Abbondio: – cioè. Lor signori son uomini di mondo, e sanno benissimo come vanno queste faccende. Il povero curato non c’entra: fanno i loro pasticci tra loro, e poi… e poi, vengon da noi, come s’anderebbe a un banco a riscotere; e noi… noi siamo i servitori del comune.
– Or bene, – gli disse il bravo, all’orecchio, ma in tono solenne di comando, – questo matrimonio non s’ha da fare, né domani, né mai.
Il 7 Novembre del 1628 Don Abbondio incontra i Bravi e Alessandro Manzoni comincia il suo romanzo storico, I Promessi Sposi, proprio narrando questo episodio.
Meschino, egoista, pavido, pusillanime, mediocre, forte coi deboli, debole coi forti, sempre pronto a scansare tutti i pericoli, a restare sempre neutrale per evitare rischi, a badare solo a sé stesso, non certo “un cuor di leone”.
Quanto assomigliamo, ancora oggi, noi italiani al personaggio di Don Abbondio.