La Venere degli Stracci: quale è stata la vera opera d’arte?
Hanno bruciato a Napoli la Venere degli Stracci. Anch’io ho avuto dispiacere per lo sfregio a un’opera d’arte.
Beninteso ho dovuto ripassare cos’è l’arte, l’arte moderna dico. La contemplo, cerco di sentirne la vibrazione interiore, persino nei tagli delle tele. Confesso che le donne di Tiziano mi piacciono di più di quelle di Modigliani, e che per i monumenti fasciati da teloni come bende la mia vibrazione è stata debole, e per alcune provocazioni, come quella di Piero Manzoni un po’ riluttante.
Ma l’idea di una Venere di stracci mi piaceva, era geniale. Immaginavo la tensione appassionata verso una bellezza che tenesse assieme gli stracci che sono le nostre singole vite solitarie, foglie morte se non allacciate da una comune compassione d’amore per le reciproche povertà. Stracci non gettati, non ostentati, neanche dati via in dono per segreto pudore; ma comunicati, messi insieme, a fare una sinfonia povera, un sogno, una bellezza dentro l’amaro segreto d’ogni vita.
Bruciata. Bruciata e dunque arte distrutta? Proprio la contaminazione ultramoderna fra opera d’arte ed evento d’arte, mi ha fatto balenare un pensiero. A dar fuoco agli stracci della Venere è stato un barbone, un senzatetto, un senza niente, di quelli che neanche un sasso, neanche una panchina (qualche sindaco c’è che le fa schiodare e portar via perché pisciate). Barbaro, vandalo, a morte…
Ma no, è lui l’artista ultimo, perché è lui il cencio. E’ lui il cencio d’una società che può allietare le piazze di simboli di bellezza, ma lasciare alla cenere la vita dei miserabili che l’artista celebrava. No, per quel che mi pare arte ultramoderna io sono convinto che l’opera conclusiva, l’evento capolavoro, il genio insospettato sia questo rogo fatto dal barbone. Rogo di cenci, rogo di sé, sostituzione di un corpo ignudo ai vestimenti dismessi. Proiezione vitruviana a rovescio, ma infinita e inesausta riproduzione di un grido d’arte che chiede alla bellezza il compimento di un sogno di un po’ d’amore. Arte. Venere contenta. Se non fosse accaduto era da inventare.
Non scuotete la testa: forse l’artista Pistoletto può capirmi meglio di tutti.
Giuseppe Anzani (da Avvenire)