Non abbiamo parlato, non serviva: l’ho respirato e lui forse ha fatto altrettanto
Oggi camminavo all’alba per Villa Borghese. La luce di taglio attraversava la chioma degli alberi. I miei passi si alternavano al cinguettio dei pappagallini verdi e al barrito fuori luogo di un elefante del Bioparco. Un uomo anziano seduto su una panchina fissava la punta delle proprie scarpe tra ghiaia e ghiande. Al mio passaggio ha alzato lo sguardo azzurro mare e mi ha sorriso. Mille segni del tempo ad incorniciare i suoi occhi accesi ed è stato facile immaginarlo bambino, e i suoi sogni magari infranti potevo come toccarli con mano. Ho ricambiato il sorriso, mi sono seduta a fianco a lui giocando con i miei piedi tra le sue ghiande. La mia tuta quasi sfiorava la flanella dei suoi pantaloni grigi, puliti, dalla riga centrale dritta e ordinata.
Non abbiamo parlato, non serviva, l’ho respirato e lui forse ha fatto altrettanto. Lui guardava il cielo, e io di sottecchi lui. Ha accarezzato Golia che si era messo tra noi, con mani nodose dal sapore di velina e sapone di Marsiglia, al limitare delle quali si intravedeva il polsino della camicia celeste appena consunto. Poi si è alzato, ha accennato a togliersi il cappello Borsalino con un gesto che trasudava consuetudine, sollevandolo appena con tre dita, mentre in silenzio si allontanava tra cinguettii e i barriti.
L’ho guardato andare, fiero, forse gli costava mantenere quella postura dritta. Avrei voluto saperne di più, ma forse no, avrebbe rotto l’incantesimo proprio delle cose non dette. E ho pensato quanto sarebbe più facile tutto se ci affannassimo di meno e se mettessimo un pizzico, un solo pizzico, d’amore in più in tutte le cose che facciamo.
Domitilla Shaula Di Pietro