Il denaro, il tuo dio; oppure Dio il tuo unico bene!
Quando Gesù parla in parabole sta utilizzando uno schema letterario che parte da una metafora, un’immagine, una storia per giungere direttamente all’uditore del racconto ed infine tirare le somme, cioè annunciare la buona novella del Regno e trarne le sue considerazioni etiche. In altre parole: la storia include noi che la stiamo ascoltando. Oggi, XXV Domenica del tempo ordinario, siamo noi gli amministratori della nostra vita che ci è stata donata ed affidata da Dio. E, dal momento che tutto è dono gratuito, nessun essere umano può assurgere a ruolo di padrone. Spodesterebbe ingiustamente e superbamente Dio, che è l’unico Signore (Dt 6,4). Nessuno di noi è Dio, nessuno è potente, nessuno è il padrone della sua vita. Quante volte può insinuarsi nella nostra mente: la vita è mia, e ne faccio quel che mi pare. Nelle canzoni rap contemporanee è usato molto spesso questo vocabolario dell’autonomia assoluta e autoreferenziale: i giovani e i ragazzini a ritmo di trap (altro genere musicale oggi assai diffuso e gradito) fanno eco al “catechismo del ‘fa quel cavolo che ti pare’, ‘non ascoltare nessuno eccetto te stesso’ …”. Si direbbe che sono figli della mentalità dell’amministratore disonesto.
Allora perché l’evangelista Luca loda questo fattore iniquo? Come mai dal padrone c’è stima per un dipendente così? Solo per una cosa Gesù elogia l’uomo: per la scaltrezza, la risolutezza e la sagacia nel trovare – dopo il licenziamento del padrone – nuovi amici che lo accolgano in casa loro. Da qui parte il messaggio, non più simbolico e metaforico, ma diretto a noi che stiamo leggendo questa pagina evangelica: se sei nei guai non essere passivo e in balìa degli eventi, ma sii risoluto e capace di prendere decisioni. Se hai peccato, non stare fermo e immobile nei rimorsi, ma datti una mossa a recuperare l’amicizia del Signore lasciandoti perdonare i tuoi peccati. Se stai sperperando la tua vita, che Dio ti ha donato, muoviti a recuperarle, amando il prossimo, impegnandoti per il Regno. Non lasciarti vivere, ma vivi! Non farti cadere le braccia, ma rimettiti in cammino con fiducia e speranza. Le parole del libro delle Lamentazioni fanno eco a questa capacità dell’amministratore in-fedele (infedele verso il padrone, ma fedele a se stesso):
Questo intendo richiamare al mio cuore,
e per questo voglio riprendere speranza.
Le grazie del Signore non sono finite,
non sono esaurite le sue misericordie.
Si rinnovano ogni mattina,
grande è la sua fedeltà.
Buono è il Signore con chi spera in lui,
con colui che lo cerca. (Lam 3, 21-23.25)
La seconda parte di questa pericope evangelica è la conseguenza da trarre per i discepoli, per coloro che vogliono vivere da “figli della luce”, per chi vuole conseguire trasparenza, giustizia, limpidezza e purezza di cuore. Si tratta di fare un uso corretto del denaro, perché esso – ci ricorda S. Ignazio di Loyola negli “Esercizi spirituali” – è la prima fonte di caduta dell’uomo, la prima occasione di corruzione del cuore. Il messaggio suona così da parte di Cristo: sii come l’amministratore nella furbizia, non nell’attaccamento al denaro; imita l’amministratore nel cercare la dimora, ma non intrattenere amicizie corrotte e disoneste; sii forte e deciso, prendi in mano la tua vita, ma guai a te se ti pieghi a mentalità mafiose; non accumulare niente sulla terra, perché tutto è dono e devi solo amministrarlo nella fratellanza e nella comunione. Fatti amici i poveri, perché un giorno essi ti apriranno le porte del Regno, fatti amico Dio che, pur essendo il Signore, è un Povero, è nei poveri ed è il tuo Amico. Anche se lo tradisci, non ti abbandonerà mai; anche se lo inganni, non ti licenzierà mai dal suo cuore. Gli appartieni. Ti ama. Solo, sii attento a non rovinarti e a non cadere nella perdizione. Il denaro può prendere il posto di Dio nella tua vita: fa che non ti accada.
don Domenico Savio
XXV Domenica del tempo Ordinario – Assisi, 18 settembre 2022