Dio … così diverso da come lo pensavamo!
Le tre parabole dell’accoglienza e della misericordia raccontate da Gesù alla presenza serena e felice dei peccatori e dei pubblicani a lui avvicinatisi e di fronte alle critiche e mormorazioni sprezzanti degli scribi e dei farisei non mirano tanto ad un semplice e netto schieramento da parte di Cristo. Non si tratta di un’alleanza con i peccatori a sfavore dei giusti. Non si gioca una partita dove l’arbitro favoreggia la squadra dei peccatori perché i giusti ne escano umiliati e sconfitti. Molto di più. Sono tre racconti che dicono a più riprese chi è Dio, com’è fatto il cuore di Dio e di conseguenza sono la radice dei gesti di Gesù, tanto odiati e mal sopportati dagli scribi e dai farisei.
Dio è un pastore che desidera radunare il gregge disperso, fosse anche una sola pecorella ad aver rotto l’integrità del popolo che gli appartiene. Perché per Dio nessuno di noi è un numero. Dio ama ciascuna creatura come se fosse l’unica ad esistere dinanzi a Lui, ci ricorda San Giovanni della Croce. Dio è anche una donna che cerca la moneta perduta e, trovatala, ne gioisce con le amiche vicine. Dio è padre di due figli che non hanno ancora conosciuto chi egli sia.
La terza ed ultima parabola – quella nota sotto la dicitura “parabola del padre misericordioso” – ha al centro due poli: il padre stesso e la casa. Potremmo unificare anche le due polarità, parlando di centralità della casa paterna. Sta di fatto che sia il figlio il minore che il maggiore vivono con fatica e disagio la casa del padre. Il peccatore si allontana dall’abitazione e dalla famiglia, mentre il secondo la subisce come lavoratore di un padre esigente e anaffettivo. Il figlio più piccolo crede che nell’autonomia e nel distacco dalle relazioni possa trovare la pace tanto desiderata, il figlio maggiore non capisce che un fratello ritrovato e un padre felice di questo sono il significato profondo della vita. Entrambi i figli hanno un concetto errato di paternità e non sanno cosa sia la fraternità.
Il cuore della parabola sta nel comportamento del padre, non in quelli dei figli. Sappiamo di essere (speriamo di saperlo tutti) ribelli come il minore e invidiosi come il maggiore. Siamo facili a cadere nell’autoreferenzialità e, quando vediamo perdonati gli altri con larghezza grande, siamo gelosi e ci irritiamo. Dio è un Padre che aspetta ogni nostro ritorno dalle cadute e dalle ricadute e viene incontro a noi quando ci irrigidiamo e ci rattristiamo. Dio ci cerca sempre. Cerca ogni uomo e ogni donna. A prescindere da cosa fanno e come agiscono. Il suo amore è un fuoco incandescente, dinanzi a cui le nostre colpe sono come “goccia d’acqua in un bracere ardente” (Santa Teresa di Lisieux).
Meta finale delle tre parabole: chi si sente perdonato, perdona. Chi è riempito della misericordia di Dio, non farà alcuna fatica ad accogliere e a usare misericordia. Chi è nel gelo del suo cuore chiuso invece mormorerà contro Dio, additandolo come ingiusto. Ed è cero che Dio non è totalmente “giusto”. Egli è Buono. Egli è la Bontà. È l’Amore che crea, che ricrea, che trasforma e rigenera. Fa risuscitare i cadaveri. Lava i peccati più sporchi. Risorge chi era morto. Gustiamo la bellezza della misericordia di Dio con le parole di Papa Francesco, tratte da una delle sue più piccole e più dense lettere apostoliche:
Niente di quanto un peccatore pentito pone dinanzi alla misericordia di Dio può rimanere senza l’abbraccio del suo perdono. È per questo motivo che nessuno di noi può porre condizioni alla misericordia; essa rimane sempre un atto di gratuità del Padre celeste, un amore incondizionato e immeritato. Non possiamo, pertanto, correre il rischio di opporci alla piena libertà dell’amore con cui Dio entra nella vita di ogni persona. La misericordia è questa azione concreta dell’amore che, perdonando, trasforma e cambia la vita. È così che si manifesta il suo mistero divino. Dio è misericordioso (cfr Es 34,6), la sua misericordia dura in eterno (cfr Sal 136), di generazione in generazione abbraccia ogni persona che confida in Lui e la trasforma, donandole la sua stessa vita. (…) La misericordia rinnova e redime, perché è l’incontro di due cuori: quello di Dio che viene incontro a quello dell’uomo. Questo si riscalda e il primo lo risana: il cuore di pietra viene trasformato in cuore di carne (cfr Ez 36,26), capace di amare nonostante il suo peccato. Qui si percepisce di essere davvero una “nuova creatura” (cfr Gal 6,15): sono amato, dunque esisto; sono perdonato, quindi rinasco a vita nuova; sono stato “misericordiato”, quindi divento strumento di misericordia.
don Domenico Savio