editorialifamigliaPapa Francesco

Sapeva che era il Papa e questo le bastava

IL PAPA – Mi accorsi che piangeva, mentre le voltavo le spalle perché mi abbottonasse il grembiule per andare a scuola. Ero solo un bambino. “Mamma, è successo qualcosa?” le chiesi, preoccupato. “II Papa è grave” singhiozzò. Non compresi. Il papa gravemente ammalato era Giovanni XXIll. Lei, la mia mamma, come milioni di persone, semplicemente lo amava. Donna di paese, povera, con cinque figli da sfamare, del suo pontificato non sapeva quasi niente. Semianalfabeta, di certo non aveva letto le encicliche da lui emanate.

Sapeva che era il Papa e le bastava. Di lui si fidava. Dal Papa buono si sentiva protetta. Quell’aria, poi, da vecchio parroco di campagna la rassicurava. Nella loro semplicità i poveri, i semplici, attribuiscono al Papa anche poteri che non ha. Di quella mattina di tanti anni or sono, ricordo tutto: il suo volto, che pochi anni dopo, non avrei più rivisto, il posto dove eravamo, il tono lamentoso della voce, le guance bagnate che tentava di asciugare. Si può piangere per il Papa, ammalato, incompreso, o inascoltato che sia? È giusto pregare perché il Signore ce lo conservi ancora? In fondo è una persona anziana e sofferente. Certo che si può, anzi, si deve.

Sulle spalle di Francesco, ci siamo tutti, credenti e non credenti. Nessuno più di lui brama la pace per questa povera e bistrattata umanità. Nessuno più di lui la implora presso il trono del buon Dio. I credenti lo sentono vicino, gli parlano, gli aprono il cuore come si fa con i santi in paradiso. Lasciateli stare, non vi intromettete. Il popolo santo di Dio ha conservato una sensibilità particolare per captare la voce dello Spirito. Mettiamoci in ascolto.

Milioni di persone avrebbero come unico desiderio quello di poterlo vedere, stringergli la mano, accarezzarlo, essere da lui benedetti. I dotti studiano, spulciano i documenti, analizzano i discorsi “politici”, passano in rassegna le encicliche e i documenti emanati. Fanno paragoni con i predecessori, si lanciano nell’immaginare il volto del successore. In questi anni tanti lo hanno stiracchiato di qua e di là. Troppo progressista, ancora troppo tradizionalista. Fughe in avanti, rigurgiti nostalgici.

Lo dico sorridendo: se potessimo mettere insieme i “consigli” che da ogni parte del mondo gli abbiamo suggerito, la biblioteca vaticana non basterebbe a contenerli. La Chiesa è bella anche per questo, nella nostra antica e grande casa c’è posto per tutti, le opinioni sono benvenute, le idee hanno diritto di cittadinanza, i consigli sono accolti. Nessuno, però, osi pensare di essere l’Illuminato di cui non si possa fare a meno. Siamo tutti inutili servi. Guai se non ci fosse il Papa. Resteremmo ad accapigliarci per i prossimi millenni oscurando la luce del Vangelo.

A lui, non a me, è affidato il timone della Nave; su di lui, non su di te, incombe il peso schiacciante della Chiesa. Ma può un uomo, anziano, sofferente, fare fronte a tanta fatica in un mondo in cui gli anziani non suscitano troppa simpatia? L’esempio lampante lo abbiamo sotto gli occhi. Dirgli grazie è un dovere. Sostenerlo in ogni modo, una grazia. La preghiera non è un toccasana ma nemmeno un’illusione.

È comunione con Dio, con i fratelli, con l’umanità, con il Creato, con i morti. È respiro dell’anima, apertura della mente, riposo del corpo. Di Dio non bisogna aver paura. Cercare il suo volto è averlo già intravisto. Nessun imbarazzo, quindi, a insistere nel chiedergli la guarigione di Francesco, sempre rimettendoci alla Sua volontà. Nessun timore nel parlargli cuore a cuore.

L’Amore purissimo sa valorizzare ogni parola, ogni sospiro, ogni gemito, ogni gesto scaturito dalla fede. Il bicchiere d’acqua dato al povero, però, per assurgere a purissimo atto di carità, deve essere “fresco”. Donato, cioè, senza umiliarlo, senza sminuirlo, ma facendolo sentire importante, prezioso, come lo è per Dio. Se solo al Papa potesse arrivare il giornale che abbiamo tra le mani, vorrei potergli dire:

«Forza, Francesco! Non arrenderti, non cedere, resisti. Tu ci sei prezioso. Le nostre preghiere e quelle dei tuoi prediletti, i poveri, non sono solo parole, ma gemiti accompagnati da lacrime sincere. E tu, meglio di chiunque, sai che piange solo chi veramente ama».

Maurizio Patriciello

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