editoriali

Non pietre ma piume: le parole delle canzoni sul podio di Sanremo

Le tre canzoni sul podio di questo Sanremo sono il manifesto di un nuovo maschile. Ci sono tre uomini che parlano di sentimenti usando un linguaggio emozionale e diretto, così vero che quando ascolti ciò che cantano non solo senti loro, ma senti anche il te stesso cantato da loro. Ci sono le emozioni dei padri e dei figli. Nei tre testi c’è la bellezza ma anche il dolore associati all’amare e all’essere amati. E poi c’è la consapevolezza di un’imperfezione che non è fragilità, ma è verità. Il sottotesto di questo podio è che non si diventa uomini rincorrendo il modello del “vero uomo”, ma lo si diventa essendo veri a se stessi. In un tempo in cui la musica ha messo la potenza distruttiva della “parola pietra” – quella che la scagli e ti colpisce per la violenza con cui ti arriva al cuore – sento che questo podio sanremese celebra la “parola piuma”. Sono canzoni con testi profondi e diretti, sentimentali ma non melensi. E mi piace anche guardare l’età di questi tre artisti. C’è un giovane adulto, da poco fuori dall’adolescenza. C’è un giovane uomo che sta consolidando la sua adultità. E poi c’è un uomo adulto che è diventato padre. Tre tempi della vita adulta che divengono tre passaggi evolutivi e trasformativi.

Non avrei mai immaginato che quest’anno il Festival della Canzone Italiana sarebbe diventato per noi uomini un vero manifesto di che cosa è quel cambiamento di “ruolo di genere” maschile di cui noi uomini abbiamo bisogno. Eppure, su questo podio, il cambiamento da “vero uomo” a “uomo vero” lo vedo raccontato bene. Vedo un uomo che sa stare dentro il dolore della fine di un amore e lo canta per ciò che è. Vedo un uomo che rinuncia all’idea di Super-uomo che avrebbe dovuto/ voluto essere e che comprende che questa rinuncia è la migliore verità che può donare a se stesso. Vedo un uomo che celebra la propria paternità come un passaggio evolutivo che lo rende capace di essere un uomo migliore.

Si c’è proprio tanta bellezza sul podio, quest’anno. Secondo me, mancava Giorgia lì sopra. Anche lei doveva essere lì. Per tanti motivi. E anche per aver messo al centro del suo brano una delle parole più importanti per noi esseri umani del terzo millennio: la parola “cura”. Ma Giorgia sa chi è. Sa che non è il podio, ma è la vita che con il suo incedere lento, ti permette di raccogliere le vittorie più grandi.

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