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Il mio compleanno – un racconto di Benedetta Bindi

“ Continua a piantare i tuoi semi sempre, non sai quali cresceranno, forse tutti” A.Einstein

 Oggi compio cinquant’anni, non so con quali stratagemmi, ma ci sono arrivato a spegnere tutte queste candeline. 

Non ho ancora perso i capelli, e non ho nemmeno la pancia. Eppure la stempiatura avanza, e adesso correre un’ora mi stanca, ne ho dimezzato il tempo, ma nel complesso sono ancora quello di un tempo, con delle rughe in più, è dentro che sono cambiato. 

Se guardo la mia vita fino a  qui, posso dirmi  felice, perché so che le mie parole hanno confortato qualcuno, e i miei abbracci hanno scaldato alcuni cuori.

I miei sogni di quando avevo vent’anni, a modo loro, ossia non esattamente nei tempi che avevo previsto, si sono avverati. 

Per farlo mi sono guardato spesso allo specchio ripetendomi: “Mauro non mollare”. Mi  ha insegnato a farlo  soprattutto mia madre e  un amico, si chiama Paolo, ora ha ottantasette anni. 

Faceva il falegname, aveva il negozio sotto casa mia, lui è mio padre adottivo, il  compagno di ogni stagione della mia vita.

Sono cresciuto nutrito dal suo amore, oltre quello  dei miei genitori. Lui non ha mai avuto figli, con sua moglie non sono riusciti ad averli, ma la vita compensa sempre in qualche modo, e sono arrivato io

Tornavo da scuola, mangiavo, studiavo, e poi scendevo da lui che lavorava. Forse mi mancava una figura maschile a casa, ero figlio unico, mio padre ingegnere, era spesso all’estero.   

Sono diventato suo amico a dieci anni, un giorno gli ho domandato se mi poteva costruire un boomerang per me.

Poi abbiamo iniziato a parlare di calcio, perché aveva appiccicato al muro un poster del Milan,  e ho scoperto che tifava  la stessa squadra, in una città che si può essere solo laziali e romanisti! 

Ho iniziato a passare ogni giorno da lui, e  nel tempo a  confidargli  tutto ciò che mi passava per la mente, mentre lo guardavo lavorare ammirato. 

Passione Mauro, ci devi mettere amore in quello che fai” mi rispondeva, quando gli  domandavo come faceva a fare mobili così belli. Salutandomi mi ripeteva sempre una frase, che mi dice ancora:

 Fatti felice come puoi “.

Ancora adesso lavora con le mani a casa,  crea oggetti nella sua  sala hobby, l’altro giorno mi ha regalato un piccolo stadio fatto di cartone, bellissimo. 

Paolo e io  avevamo una passione comune oltre al calcio: mia madre.

Mi diceva: “La signora rossa, è  la più  sorridente e bella del quartiere, tu e tuo padre siete fortunati!”   

La chiamava così, perché aveva i capelli color mogano. 

Ci siamo conosciuti grazie a lei, che mi ha consigliato di andare dal falegname dai capelli ricci che le ricordava ricordava Riccardo  Cocciante, e non al  negozio di giocattoli, per il  mio boomerang.  

Oggi vorrei  che lei  fosse qui, a spegnere  le candeline con me, ma da tempo non è più in questo mondo. Ci saranno: mio padre, Paolo, i miei amici, mia moglie, e i due miei figli.  

Devo il senso del rispetto a mio padre, a mia madre e Paolo la  sicurezza.  Nella mia adolescenza sono cresciuto forte, grazie a loro, e se questa stabilità inizi ad averla  presto, diceva mia nonna, qualcosa diventi. Non sono un astronauta, non vado nello spazio, ma qualcosa sono diventato: ho una società che crea videogiochi.  Mi rammarico soltanto che mia madre abbia visto solo in parte il mio  successo professionale.   

Ricordo mi disse, con il suo solito sorriso: “per i tuoi cinquant’anni  la tua società sarà conosciuta nel mondo!” con quella intuizione materna, che sembrava  avesse un filo diretto con l’universo. Oggi posso dire che aveva previsto tutto alla perfezione. Le cose fino a dieci anni fa mi giravano così e così, abbiamo fatto tanti sacrifici con Eleonora, mia moglie, adesso la mia società va bene, ma ho perso mia madre.

Camminiamo su una strada complessa, fatta di speranza e disperazione, tormento e beatitudine: è la vita!

Guardo la foto di noi due, che ho qui sulla scrivania del mio studio. Io bambino, con lei felici. Anche se non posso più abbracciarla, sento la sua presenza in ogni sorriso, è in ogni traguardo che raggiungo.

Ho imparato a non far prevalere in me l’ego, che è  nemico della crescita, lei me lo diceva sempre.  Un tempo raccontavo tutto a tutti, forse per convincermi che ero bravo. Anche ai miei figli dico di essere umili, e di non vantarsi per i loro successi, di qualsiasi tipo siano.

Stasera Francesco,  il più grande di diciassette anni, porta anche la fidanzata, e Zeno il più piccolo di dodici anni, un suo amico. Entrambi sognano di diventare cantanti, e insieme scrivono testi di canzoni, sono bravi. Francesco invece vorrebbe fare veterinaria,  sono pieni di passioni e questo mi rende felice. Sento tanta poesia nel vedere loro cercare la propria strada!

 Ora vado a preparare,  sento mia moglie, un’altra mia fortuna,  che mi chiama, devo  chiudere  il computer, penserà che lavoro ancora!!

Prima di farlo però voglio  ringraziare il Signore,  colui che sento sempre sopra di me, ho imparato a resistere e combattere insieme a lui, a volte me ne dimentico,  ma per brevi periodi. Rimango incompleto, ho dubbi, sempre, così tengo un margine per migliorare! Non sono uno da lode, e non la voglio nemmeno, mi fermerebbe nel mio cammino! 

Mentre finisco di apparecchiare la tavola, mi sorprendo a pensare a quanto sia importante il legame tra generazioni. Paolo, con la sua saggezza, e mia madre, con il suo mondo. Intorno a me tutto si riempie di risate e voci, sento che ogni anno che passa non è solo un numero, ma un capitolo di una storia che continua a scrivere, una storia di amore, amicizia e crescita. Alzo il calice e, con un sorriso, dedico un pensiero speciale a Paolo e a mia madre, due fari luminosi nel mio cammino. Salute!

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