Filù spicca il volo – un racconto di Paolo Velonà
Fin da piccola Filù si era appassionata alle imprese dei grandi viaggiatori del passato. Aveva un libricino illustrato in cui si narravano le “Meravigliosissime storie” – c’era scritto così – di Ferdinando Colombetti, Cristoforo Passerucci e soprattutto di Bartolomeo Cormorano. Quest’ultimo in particolare era per lei un vero e proprio mito. Filù trascorreva le giornate a guardare l’immagine di Cormorano con quei suoi occhiali da aviatore e il tipico cappellino di pelle scura. E mentre teneva lo sguardo fisso sul libro, immaginava di trasvolare sugli oceani, attraversando interi continenti. Il suo giovane cuore di rondine allora batteva molto forte; e il suo desiderio d’avventura, ancora così vivo, riempiva con la fantasia tutti gli spazi lasciati liberi dalle sue vaghe conoscenze. I deserti dell’Africa, di cui aveva solo sentito parlare a scuola, diventavano nella sua mente distese di sabbia scintillante, che la notte si illuminavano sotto i riflessi della luna; e le grandi masse oceaniche prendevano ora la forma della schiena di un enorme delfino ora quella di una balena, che correva e saltava e spruzzava acqua nel cielo. Un giorno Filù aveva portato il suo libro a scuola, per mostrarlo alla classe, ma la maestra Tortorella non l’aveva presa affatto bene:
– Queste sono favole Filù, e qui si studia la storia!
E la storia era che i grandi esploratori del passato erano in realtà delle persone molto avide, desiderose di soldi e di potere. Le traversate che avevano compiuto erano state solo dei colpi di testa, riusciti fortunosamente, e che in ogni caso il progresso tecnico scientifico aveva reso inutili e desueti.
– Pensateci bene, bambini: a che serve volare con le nostre ali, se abbiamo gli aerei che ci portano ovunque?
In fondo la maestra Tortorella non diceva niente di diverso da quello che si sentiva alla televisione. Filù non amava affatto il telegiornale, che considerava più noioso della matematica. Ma quando le capitava di buttare un occhio allo schermo, allora vedeva Bruno Cornacchia – famoso conduttore del tg – che tutto soddisfatto sciorinava i suoi cartelli, alterano tragiche informazioni a statistiche ancor più tragiche:
– Cadute in aumento del 37%, è davvero necessario viaggiare?
– Giro di vite sulla sicurezza: da oggi controlli più serrati per chi vola senza paracadute e senza braccialetto satellitare!
– Al via lo smart-sky! Un sistema di monitoraggio intelligente del cielo. Si prevedono sanzioni per oltre 200 mila furbetti del volo.
Le settimane passavano rapidamente, la primavera era finita da un pezzo e Filù era cresciuta. Il corpo le si era allungato, diventando sinuoso e snello, e sotto le morbide piume del petto, le erano spuntate due “cose”… che lei – chissà perché – non poteva fare a meno di guardare senza che le venisse da ridere. In sé non avevano nulla di male, intendiamoci, ma messe lì sul suo corpo, le sembravano ridicole e tremendamente fuori luogo. Il carattere di Filù, invece, non era cambiato di molto. Certo era un po’ più pensierosa di un tempo, ma il cuore le batteva ancora forte anche senza un particolare motivo, le bastava un nulla per sentirsi felice e la fantasia riempiva sempre le sue giornate. Filù aveva già avuto qualche esperienza di “volo”: con gli amici aveva provato a lanciarsi giù da qualche albero, facendo un paio di piroette nell’aria. Ed una volta, in compagnia di un suo compagno di classe, l’aveva combinata grossa. Si era arrampicata su su, fino all’ultimo piano della scuola e si era lanciata di sotto. Era planata nel cortile vicino all’ingresso della palestra, dove aveva trovato la prof Civetta, che l’aspettava con una bella letterina in mano. In casa era stata una vera tragedia, la mamma di Filù l’aveva presa davvero sul personale:
– Come ho fatto a tirare su una figlia così? – si chiedeva, agitando le ali – che madre snaturata sono! – e vedendola così sconvolta, Filù si era ripromessa che non le avrebbe mai più disubbidito.
Il tempo vola e per le rondini ancor di più. In un batter d’ali era arrivata l’estate e Filù, ormai maggiorenne, aveva preso il suo diploma. Il suo corpo snello agile e slanciato ora faceva battere il cuore a diversi rondinotti. Filù aveva degli occhi vivaci e allegri, in cui si poteva vedere un velo di malinconia, il che li rendeva ancora più affascinanti. I rondinotti però erano ben più interessati alla sua coda, che non al resto. E quando la vedevano ancheggiare per la strada le sorridevano lanciandole sguardi vogliosi. Dapprincipio Filù aveva provato molto fastidio per quegli “stupidi superficiali” che erano le rondini maschio, poi aveva finito con il farsene una ragione… “in fondo i rondinotti son fatti così!” E le succedeva anzi, che se si trovava in qualche stormo d’amici e le attenzioni erano tutte rivolte alle altre, allora Filù si sentiva brutta e goffa e, se avesse potuto, sarebbe corsa a nascondersi sotto le ali dei genitori, come quando era un pulcino. In fondo Filù era una rondine timida e insicura, anche se la gioia di vivere e la passione del volo non l’avevano mai abbandonata. E così alla fine della scuola aveva voluto organizzare un viaggio insieme alle sue amiche. Certo non si trattava di traversare l’Atlantico, ma di sorvolare il lago di Bracciano da una riva all’altra. Al solo pensiero Filù si sentiva già tutta emozionata… e chissà quante ne avrebbe avute da raccontare se non fosse stato per quella cosa che dissero alla tivù:
– In arrivo una terribile ondata di influenza aviaria. Mettersi in volo in queste condizioni, sarebbe da irresponsabili! – e per rendere ancora più solido il suo ragionamento, l’immarcescibile Bruno Cornacchia aveva riportato una delle sue statistiche sul tasso di diffusione del virus in relazione ai battiti d’ala.
Settembre era quasi finito e guardandosi allo specchio Filù aveva notato che qui e là le era spuntata qualche piuma bianca e che i suoi occhi non avevano più la lucentezza di un tempo. Ma questa – almeno per il momento – era una cosa di cui si era accorta solo lei. Alla tivù Cornacchia parlava dell’imminente arrivo di una perturbazione atlantica, da classificarsi come “allerta rossa”.
– Bisogna ascoltare i consigli del meteorologo: restiamo a casa!
E mentre partiva il servizio sull’uragano Katy che sconvolgeva il nord Europa, la nostra Filù si affacciò al balcone. Il cielo era limpido e il pesante caldo dell’estate aveva lasciato il posto ad un vento fresco e leggero. Filù guardò verso l’orizzonte e respirò a pieni polmoni, gonfiando il suo morbido petto. Poi, senza rendersene nemmeno conto, saltò giù. L’aria le avvolse tutto il corpo, come in un abbraccio. Ruotò su se stessa, danzando nell’aria e mentre il sole le accarezzava le piume fece un paio di giravolte. Sembrava rimbalzare nel cielo, come un sasso lanciato da un bambino in uno stagno. Ancora un tuffo, poi una spirale, infine schiaffeggiò l’aria, sparendo oltre l’orizzonte.
C’è chi dice che Filù colpita da un fulmine sia precipitata dalle parti di piazza Mazzini, altri sostengono che sia morta in un reparto ospedaliero del Forlanini, colpita dalla recrudescenza di influenza aviaria. C’è chi giura, infine, di averla incontrata a Bogotà, dove pare abbia messo su famiglia. Onestamente non saprei dirvi che cosa ne sia stato di Filù. Ma forse non è poi così importante saperlo. Perché quello che conta è che Filù abbia spiccato il volo. Buon viaggio Filù, ovunque tu sia!
Paolo Velonà