Il semi parassita di Natale: il vischio
Il vischio è un semi-parassita. “Semi“ perché non “ruba” altro che la linfa grezza della pianta che lo ospita, provvedendo poi ad elaborarla in autonomia.E’ infatti una pianta dotata di clorofilla e quindi capacissima di fotosintesi. Non ha vere e proprie radici ma solo degli “austori” emessi a mo’ di trapani dal seme finchè non raggiungono un vaso linfatico portatore di acqua e sali minerali. Sulla corteccia lo ha portato un uccello, merlo o ghiandaia ad esempio, nel tentativo di pulirsi il becco rimasto appunto “invischiato” dopo un piccolo banchetto a base di frutti di vischio.
Pianta dioica (con fiori solo maschili o solo femminili) ed è un parassita su molti alberi in modo particolare su pioppi, tigli, meli, peri, aceri e biancospini. Di solito la pianta ospite non subisce danni, a meno che non ci siano troppi individui di vischio (in tal caso per si dovrà recidere il ramo infestato).
Caratterizzato da fusti legnosi contorti e fragili, con corteccia verde , sottile ed elastica che tende a fessurarsi longitudinalmente nella parte bassa del fusto e a diventare di colore più scuro.Foglie sempreverde, coriacee, carnose, oblungho-lanceolate, alla base semplicemente cuneate, con cinque nervi visibili.
Il vischio ha fiori gialli, poco appariscenti.
I frutti sono bacche sferiche,verde lucida o perlacea, appiccicose e velenose.
Il Vischio deve il suo nome alla sostanza viscida contenuta nelle bacche che sono tossiche per l’uomo ma non per gli uccelli i quali, dopo essersene nutriti, diffondono i semi tramite gli escrementi.Tutte le parti della pianta sono tossiche, in modo particolare le bacche. La sua tossicità dipende dall’alto contenuto in Viscumina e da altre sostanze peptidiche. L’avvelenamento da vischio ha una sintomatologia molto seria e complessa (con manifestazioni a carico sia del sistema cardiocircolatorio, di quello nervoso e dell’apparato digerente) e, sebbene raramente, può indurre il collasso circolatorio ed avere esiti fatali.
Al vischio sono riconducibili leggende e tradizioni molto antiche: per le popolazioni celtiche, che lo chiamavano oloaiacet, era assieme alla quercia considerato pianta sacra e dono degli dei; secondo una leggenda nordica teneva lontane disgrazie e malattie; continua in molti paesi a essere considerato simbolo di buon augurio durante il periodo natalizio.