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L’ultimo Natale di Mizzi

Conoscevo Mizzi, la donna morta di freddo la scorsa notte in via della Conciliazione. La incontravo da qualche anno tutte le mattine mentre mi recavo al lavoro: ormai un piccolo rito, il nostro. Era sempre lì con le sue poche cose, sulle scale della chiesa della Traspontina, dove trascorreva anche le notti, o davanti alla vetrina di una vicina libreria se pioveva.

Mi fermavo a scambiare due parole con lei, sempre sorridente nonostante tutto, interrompendo spesso quel suo strano “lavoro”: scucire con delle forbicine ricami da pezzi di stoffa che le procurava “una signora”, così diceva. Non ho mai capito cosa ci facesse dopo; del resto era difficile capirla, con il suo italiano stentato (veniva da Skopje, Macedonia del Nord). Il 23 l’ho salutata, augurandole buon Natale, e dicendole che per qualche giorno non ci saremmo incontrati e che ci saremmo rivisti prima della fine dell’anno.

Mi ha detto: “Ciao Tiki”, mi chiamava così, perché il mio nome per lei era troppo difficile, e mi ha salutato agitando la mano con le forbicine. Mai avrei immaginato che sarebbe stata l’ultima volta.

Addio Mizzi, anzi, arrivederci. Sono certo che ora sei in un posto migliore.

Gaetano Vallini

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