Dio che dal niente ha creato tutte le cose si è fatto uomo
INCARNAZIONE – Un peccato che ho commesso spesso e non ho confessato mai – vi spiego, poi, il perché – è quello dell’invidia. Invidio gli uomini che tramano per riconoscimenti e titoli che nulla aggiungono alla loro persona; invidio quei giovani che impazziscono per imbottirsi di sostanze stupefacenti che li illudono e li deprimono; invidio chi si affanna per incrementare il suo già gonfio conto in banca. Beati loro. Ci ho provato, qualche volta, anch’io, ma, niente da fare, non ci sono mai riuscito. Sento scorrere sulla mia pelle il tempo che mi dona e mi ruba la vita.
Provo a immaginare a come sarà il mondo tra cento, mille, diecimila anni. Guardo, per quel che possono vedere i miei occhi, il cielo. Mi hanno detto che la pallina che mi sostiene è immersa in mezzo a cento miliardi di galassie ognuna delle quali è zeppa di cento miliardi di stelle. Un incubo. Che cosa sono? Un atomo? Meno, molto meno. Invidio il mio gatto e il mio cane; la lucertola e la rondine; il girasole e il pioppo del mio vicino. Beati loro che non si pongono domande. Sono un ingordo. Un pedante, incontentabile, ingordo. Purtroppo – e dico purtroppo – le cose non esercitano su di me alcun fascino.
Troppo poco. Voglio tutto. Certo, qualche soldino in più, mi farebbe comodo, ma giusto per darlo al mendicante sotto i ponti. Chi sono? Dove sto andando? E Miziotto, l’amico della mia infanzia, che tanto presto uscì da questo mondo? Dov’è? Dio? Mi spaventa. Invidio gli scienziati che si professano atei. Non capisco come facciano – proprio loro che di ogni fenomeno che osservano vanno alla ricerca di una causa – ad alzare bandiera bianca e proclamare solennemente, poi, che nel suo complesso, l’universo non avrebbe alcun bisogno di una causa. Li rispetto, leggo i loro scritti, ma non mi convincono e non mi aiutano.
Testardo, vado avanti. Credo che una causa prima ci sia, ci deve essere, c’è. Già, bella scoperta, non ho fatto che ritornare indietro. Una “Causa”, anche se con la lettera maiuscola, che vuoi che se ne importi di me, Maurizio Patriciello, nato in un minuscolo paese della provincia di Napoli, da genitori poveri e analfabeti. Ho avuto modo di vedere gli scheletri di re e regine, erano in tutto uguali a quelli dei loro servi e maggiordomi. I potenti di questo mondo si ammalano, soffrono e muoiono come si ammala, soffre e muore il più miserabile contadino delle Ande.
Nessuno di essi, per quanto si sia dato da fare, ha potuto rispondere all’enigma della vita e della morte. E si sono rassegnati. E hanno inventato mille bugie per ingannare se stessi e i giovani. Tira a campare. Goditi l’attimo fuggente. Ma – dico io – se fugge, questo benedetto attimo, come fai a godertelo? Pensa. Domani, a mezzogiorno sarai impiccato, il cappio già dondola in giardino e tu credi di potertela spassare la sera della vigilia come se niente fosse? Ma che dite? L’ateo? No, non mi convince. Meglio l’agnostico. Sì, è vero, un Dio dovrà pur esserci, ma è sordo e muto; se ne sta beato tra le nuvole a godersi lo spettacolo.
Magra consolazione. Meglio se non ci fosse, allora. Non può andare bene, non mi convince. Vado avanti. La ricerca continua. La mente brucia. Ma poi, da dove è sbucato questo Dio? Non reggo. Soffro di vertigini. Mi consolo, nemmeno il funzionamento del mio telefonino riesco a capire. Lo uso, ma continuo a non capirci niente. Le mille scoperte fatte negli anni hanno apportato tante comodità non la felicità. I motivi per cui siamo felici o infelici oggi sono quasi sempre gli stessi per cui erano felici o infelici i nonni dei nostri nonni.
C’è un messaggio per te, mi dissero. E qual è? Dio, questa energia incommensurabile, che dal niente ha creato tutte le cose si è fatto uomo. Proprio come me e te. Ma che dite? Per favore, smettetela di prendermi in giro. E perché lo avrebbe fatto? Perché ci ama alla follia. Troppo bello per essere vero. Talmente bello da fare scoppiare il cuore di gioia. E di pace. Chissà, forse Dio, giocando a inventare cose e animali nuovi, chiamandoci alla vita, ha superato sé stesso. E come ogni grande artista, estasiato e incredulo, si innamorò dell’opera d’arte uscita dalle sue mani. S’ incantò davanti al primo nato e continua a incantarsi davanti a ogni neonato.
Non so se in giro per l’universo, da qualche parte, ci sia altra vita; se dovesse esserci, nessun problema. Ma sono portato a credere di no; che gli uomini che calcano questo acino di pepe che chiamiamo terra siano i soli ad abitare lo spazio. Minuscolo grumo colorato e bello al punto che finanche Lui, il Creatore, lo ha scelto per porre la sua dimora. Dio nessuno lo ha mai visto, Gesù Cristo, ci ha detto chi è. È amore. Amore purissimo. Nel Bambinello adagiato nel presepe puoi vederlo. Mi fermo. Guardo. Osservo. Contemplo il Mistero. Me ne innamoro. Dio si è fatto uomo. Ogni uomo, allora, mi appartiene. A ogni uomo sono debitore. Capisco. Servire l’uomo è servire Dio. Caivano, Parco Verde, una delle più grandi piazze di spaccio d’ Europa. È la mia parrocchia. Droga, violenza, omicidi, povertà. Ma anche tanta vita. Nelle periferie degradate e neglette per un cristiano che vuole rendersi utile, c’è solo l’imbarazzo della scelta.
Occorre supplire a decenni di abbandono da parte dello Stato. Occorre amplificare il grido di dolore dei poveri. Ai tuoi bambini per i quali Gesù impazzisce, sono stati negati i diritti più elementari. E tu che fai? Fingi di non vedere? Ma no. Rimboccati le maniche, aguzza lo sguardo, prendi il coraggio, e forte della forza dello Spirito Santo, scendi in campo. Ti sporchi le mani, ti ferisci i piedi. Annunci il Vangelo, denunci il male, chiamandolo per nome: camorra, corruzione, politica collusa. Corri qualche rischio. Finisci sotto scorta. Dai fastidio. “ Prete, celebra la Messa, recita il Rosario, benedici i nostri morti e taci” ti dicono i nemici della fede e della vita. Sei sulla strada giusta. Dio ha smesso di abitare tra le stelle, ha traslocato al Parco Verde. Lo vedo dappertutto. Sono sue le lacrime di Anna, di Ciro, di Michele, di Peppino, di Raffaele, di tanti genitori che non ce la fanno a portare avanti la famiglia. È lui che viene quasi ogni sera a chiedermi di intercedere per un posto di lavoro.
È lui quel giovane scapestrato che vado a trovare in carcere. Lo prenderei a sberle, prego il mio Dio di mettergli un po’ di sale in zucca. È sempre lui che stava per essere gettato nella fogna – capite? Dio nella fogna!- da una futura, povera, mamma incinta che temeva di non potergli dare da mangiare. Siamo arrivati in tempo. Ce l’abbiamo fatta. Un bambino è nato. Dio, ancora una volta, si è fatto uomo. Posso accarezzarlo, coccolarlo, battezzarlo.
Che avventura, ragazzi, è la fede. Immerso nei problemi fino al collo – parola mia – ho scoperto la fonte della gioia. E la sciocca, vecchia invidia ha lasciato il posto a una gratitudine senza fine. L’unica parola – per me, ma, credo, per ogni cristiano- degna di essere pronunciata oggi è: grazie!
Maurizio Patriciello