cultura

La favola senegalese – un racconto di Benedetta Bindi

“Quel che la favola ha inventato, la storia qualche volta la riproduce” – Gustave Flaubert

Oggi vado a letto felice, come se mi avessero messo una medaglia al collo, di quelle che ho visto indossare agli atleti durante le Olimpiadi. 

Io mi chiamo Mirko, ho quindici anni mal portati, ossia tutti i miei coetanei sembrano più grandi di me! Qualcuno potrebbe osservare che ho usato un espressione scorretta. Lo so!

Mia madre quando le dicono: ”sembri molto più giovane dei tuoi cinquant’anni! Te ne davo appena quaranta” sorride e si gonfia come un pavone. A me, quando mi dicono: ”fai le medie? La seconda o la terza?”, mi  sale una rabbia che sento le guance prendere fuoco, e divento rosso come il sedere di un babbuino. Ho finito il primo anno del liceo, ma pare che la gente non possa  nemmeno immaginarlo. 

Per me , sembrare più piccolo significa portarsi male gli anni, anche se mia madre mi dice,  che nel tempo sarà una fortuna. Ma io vorrei esserlo adesso fortunato, non quando dovrò portare una dentiera.

Stefano, il mio migliore amico, fa rugby, ed è una massa di muscoli.  Trovo se li porti benissimo gli anni, tutti gli gliene danno diciotto anni. Prima delle vacanze ha iniziato a  spuntargli  anche la barba, io non ho nemmeno i baffi! Come vorrei  essere come lui, sicuramente Laura, una ragazzina bionda e carina da matti che da quest’anno frequenta il mio gruppo,  mi guarderebbe!

Lei invece guarda solo Jonathan, il figlio dei proprietari del ristorante dello stabilimento. Lui ha la mia età ma ovviamente ha dieci centimetri più di me, e la circonferenza di un suo braccio è come la mia gamba. 

Così mi trovavo solo sotto l’ombrellone, in preda ad una gelosia rovinosa, e a una rabbia feroce verso il mio corpo, identico a quello che disegnavo io, quando avevo tre anni. Tutte stecche per braccia, gambe, tronco, tranne un cerchio per la testa. 

Laura sotto i miei occhi, scherzava con il suo innamorato, facendosi abbracciare con la scusa dei tuffi, poi quando gli altri hanno preso  il pedalò, lei e lui,  hanno raggiunto i miei amici.  

Io avevo già  detto che  avevo mal di pancia, che tra l’altro era anche vero, perchè dal nervoso mi si era rigirato lo stomaco. Ho sentito Laura dire: “ragazzi guardate laggiù, c’è un incendio”, e Jonathan gli ha risposto: ”tranquilla è piccolo, e poi ci sarà chi lo spegne” poi l’ha sollevata mettendo le sue  mani sui suoi fianchi, e l’ha messa sul pedalò, mentre lei sorrideva felice. Io ho guardato dove Laura aveva indicato e ho visto un fumo nero venire da uno degli stabilimenti vicini. D’istinto ho preso il secchio di mio cugino,  quello celeste, enorme,  dove lui mette i granchi  o qualsiasi cosa si muova. Volevo correre  a vedere cosa era accaduto. Mia madre che era in acqua, capendo le mie intenzioni, mi ha urlato: “Francesco ma cosa fai?! Rimani qui, dove vai?!”

Ma ero già distante e la sua voce era solo un’eco lontano. Ad ogni passo notavo che l’incendio non era al Bagno Tirrenia, non era al Venere, ma era al Bagno Miramare. Subito ho notato un movimento di gente, mentre  i bagnini con degli idranti si davano da fare a  spegnere  l’incendio,  divampato in una cabina. Io ho riempito il mio secchio alla doccia e l’ho portato  alle persone più vicine all’incendio. Due volte mi hanno detto grazie, alla terza  mi sono sentito rispondere: ”non serve”. In effetti erano riusciti  a spegnere anche l’ultima fiamma. 

Uno dei bagnini mi ha messo una mano sui miei  cappelli scompigliandogli, e mi ha detto: “bravo, sei coraggioso!”

Tornato al mio stabilimento, ho raccontato tutto a mia madre, che pur rimproverandomi di essere scappato,  si è presa il merito del mio gesto. Ha detto che è stata una storia Senegalese, che mi leggeva sempre da bambino a influenzarmi. La ricordo ancora: ”Una volta nella foresta scoppiò un incendio, tutti gli animali scapparono, il Leone fu l’ultimo ad andarsene perché era il Re della foresta. Appena accertato che giraffe, elefanti, tigri, pantere, gufi…  fossero andate via, si diresse nella parte opposta del fuoco, quando vide arrivare un uccellino con una goccia sul petto. Il leone gli domandò cosa stesse facendo, e se non volesse morire arrostito. Il volatile gli rispose che aveva una goccia d’acqua e voleva fare anche lui la sua parte”. 

Forse è vero, ha ragione la mamma, quella favola mi ha educato la mente. 

Oggi in ogni caso ho capito una cosa: che non importa  se hai i muscoli, o sei secco, se dimostri pochi anni o molti, è cosa hai dentro che fa la differenza! 

Anzi ne ho capite due di cose, se Laura preferisce Jonathan a me, se lo tenga, lei  non mi interessa più!

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