cultura

L’acero del nonno – un racconto di Benedetta Bindi

“Quando ti viene nostalgia, non è  mancanza, è presenza, è una visita” Erri De Luca

Tre anni fa ad agosto, dopo ore di stanchezza, caldo, sudore, sono arrivata alla casa del mare. È una piccola villetta bianca, con un giardino rettangolare con al centro un acero. È  stato un regalo di mio nonno, per i miei quindici anni. Ricordo l’emozione, quando tornata dal mare, lo vidi piantato nel punto esatto dove io dicevo sempre: ”qui manca un albero”.  L’ha costruita lui la casa, quando era ancora sano, forte e vivo, mentre io ero solo nei sogni dei miei genitori. 

Io e il nonno eravamo molto legati, è rimasto vedovo da giovane, e la madre di mio padre, non l’ho mai conosciuta. Lui mi  ha insegnato tante cose: il nome delle piante, a pescare, a non aver paura, a piantare un ombrellone, ed infine a sognare. 

In quel caldo agosto,  avevo compiuto da poco vent’anni, e avevo un terribile bisogno di lui. 

Quando è morto, sono rimasta per due settimane chiusa a casa. In quei giorni le ore che si susseguivano fino alla sera, sono state onde invalicabili. Con lui avevo parlato sempre di tutto, anche della caducità della vita, tema che mi ossessionava sin da bambina.

Con mio padre e mia madre ho iniziato a erigere muri, che per un lungo periodo ci hanno divisi. 

Senza il nonno mi sono sentita persa.

Però grazie alle parole che mi aveva dispensato negli anni, ho trovato la forza di reagire.  

Quell”estate sapevo che andando in Sardegna, l’isola dove lui era nato e cresciuto, sarebbe stato come averlo più vicino. Mi ero sentita subito meno sola, entrando tra quelle mura intrise di bei ricordi. Certo tesa lo ero sempre. Aspettavo una risposta, dovevano dirmi se mi avevano scelto, per interpretare la parte di un’eccentrica ragazza, in una pièce teatrale. 

La voglia di recitare è sorta in me da piccola, quando la maestra in quinta elementare mi fece fare la parte di una contadinella, che animava la vita di un paesino. Fui molto  brava, ricordo ancora gli applausi, e mio nonno in prima fila, che era venuto a Roma per l ‘occasione, che urlava: “brava Celeste!

Su un palco si è protagonisti, mentre su un set, si recita a singhiozzi. Sei sette minuti massimo, e poi senti urlare:”stop”. Ripeti, se ti va  bene, sette volte,  sempre la stessa battuta, finché il regista non è soddisfatto. Mi annoierebbe. Quando reciti gli occhi del pubblico sono su di te, è fantastico, io mi  riempio di energia. In un film l’attore non ha il rapporto diretto con lo spettatore. Per questo mi sono concentrata sul teatro. 

All’inizio mia madre era molto arrabbiata con me, sperava facessi il suo lavoro: la farmacista. Mio padre mi ha detto : “Celeste l’attrice è una professione difficileprovaci se vuoi, ma devi nuotare tra gli squali ”. All’epoca davo  ripetizioni agli studenti, per pagarmi i corsi di recitazione, e chiedere il minimo ai miei genitori. Luca, mio fratello, mi ha consigliato più volte di fare teatro, ma sopratutto di iscrivermi all’università, come aveva fatto lui. 

Io sogno di diventare un’attrice . Tutte le mie energie devono concentrarsi sul teatro, lo vuoi capire! Nonno diceva sempre che avrei dovuto desiderare nella vita, anche  più di quanto riuscirò mai a realizzare!

Questo gli ho risposto una sera a cena, quando davanti ai miei mi elencava le varie facoltà che avrei potuto fare. 

Tu fai veterinaria e sei felice, lascia che lo sia anch’io!”, gli ho quasi urlato, prendendo il guinzaglio e scappando con Teddy, il nostro barboncino, fuori di casa. 

Questo accadeva tre anni fa, pochi giorni prima di fare  un provino con un famoso regista teatrale, in un caldo luglio romano. Mi hanno fatto dire sei minuti di battute, e poi solo un indifferente : “ti facciamo sapere”, mentre il regista mi scrutava da dietro due lenti piccolissime e  tonde. 

Passavano i giorni e la risposta non arrivava. Per questo ho preso il biglietto del traghetto, senza interpellare nemmeno un’amica e sono partita per la Sardegna. Dovevo cercare di distrarmi. Per un’attrice è normale attendere, ma io avevo trascorso un inverno difficile. Il nonno era morto da un anno, per ben due volte mi avevano soffiato la parte in due spettacoli, e non per bravura ma per raccomandazioni.  Ero stanca, irrequieta, avevo tanti dubbi sul mio futuro, anche se fingevo sicurezza. Poi la sera prima di ferragosto, sono andata a bermi una birra al tramonto sotto il mio acero. Il vento si è alzato improvvisamente, alcune foglie sono cadute sulle mie gambe  e un bigliettino è atterrato sul mio piede. Era piccolo, come quelli che mettono nei  biscotti che ti danno al ristorante cinese, avvolti in una carta dorata. 

C’era scritto:” State molto attenti con i vostri sogni, perchè corrono il rischio di avverarsi“”. 

Il giorno dopo mi sono svegliata di buon umore, avevo sognato nonno Alberto, ma non ricordavo cosa era accaduto, sapevo solo che eravamo insieme ad una festa, e brindavamo felici. Il tempo di bere un  caffè  e  mi è arrivata una telefonata.

 Ho fatto le valigie piangendo, perchè mi avevano preso, perchè quel bigliettino che tengo ancora nel portafoglio, per me in qualche modo me l’ha mandato lui. 

Adesso ogni volta che  il sipario sta per chiudersi, immersa negli applausi guardo la sala, e sento che lui è lì che mi sorride, è presenza, in qualche atomo intorno a me lui c’è sempre. 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *