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La musica di padre in figlio, di nonno in nipote

Ho avuto il privilegio di conoscerne di ragazzi che alla musica affidano sogni e speranze. Alcuni di questi li ho presentati una seconda volta a Veroli dopo una serata a Colleferro. Alla fine di un campus musicale organizzato dall’Accademia Ars Nova dalla musica classica alla moderna, con maestre e maestri che sono stati per loro fratelli maggiori. Beatrice, Loretta, Luigi e Stefano, in ordine alfabetico.

Mi sono emozionato per una serie di motivi. Perché ad esempio ho capito quanto può costare in termini di emozione cantare una canzone dal vivo. C’è chi ha pianto già alle prove per il “peso” dell’esibizione (e poi è stata perfetta) e chi ha cantato una canzone che mi ha commosso per il significato attribuito. L’hanno cantata insieme fratello e sorella, l’originale era di Laura Pausini e Biagio Antonacci e non mi aveva colpito. Eseguita da loro ha dato una scossa diversa a tutti. E i ragazzi dell’orchestra classica che fra tanti brani hanno suonato “la vita è bella” cui ho detto senza fronzoli “cazzo quanto siete bravi”.

È stato bellissimo raccordare tutti, vederli in una familiarità che vista da fuori li rendeva bellissimi. Sono bellissimi. E spero non si rovinino e non mettano sogni in solaio.

Una piccola digressione personale: tra chi ho presentato c’era mio figlio. E vi assicuro che farlo è difficilissimo. Perché come tutti i ragazzi non sopporta le lodi sperticate e l’ostentazione di fierezza. Perché ha una sua individualità che non è mia e non lo sarà mai. E perché con gli altri della band ha arrangiato brani e scritto uno tutto loro che vi assicuro, quando l’ho sentito ho detto al maestro “questa è la hit dell’estate”. Un reggae ma con parole di riflessione sul nulla che ci avvolge e una parte recitata.

E un motivo sopra tutti. L’ho presentato il giorno del compleanno di mio padre e quando ha introdotto il brano, il suo maestro ha detto scherzando “facciamo parlare del significato del nichilismo il professore Zanca”. Un appellativo col cognome che non sentivo da anni. L’ha ripreso, per scherzo, lui.

E sono sicuro che se suo nonno fosse qui, direbbe ironicamente “a guardare mio nipote e a guardare te è indubbio che l’intelligenza ha saltato una generazione passando da me a lui”. È stato bello e grazie all’Accademia per l’immenso regalo che mi ha fatto di parlare di musica in un ambiente sano. Di famiglia. E non solo per la presenza parentale.

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