Il Premio “Microfono d’Oro” raccontato da un amico de Ilcentuplo
Sono un amico del Centuplo. L’unico “giornale” del mondo – posso chiamarlo “giornale” vi prego? – dove una mattina ci trovi un articolo di Alberto Pellai, un’altra quello del vicino di casa di Giorgio e un’altra ancora quello di un genitore affidatario, che ti racconta la sua esperienza.
Il Centuplo è così: una casa che accoglie tutti, che ascolta tutti, che ospita qualsiasi storia, purché chi la racconti non stia lì a piangersi
addosso, ma faccia tesoro di ciò che gli è accaduto.
Non so come la pensiate voi, ma secondo me nel mondo esiste una legge: il bene genera altro bene; un’azione buona ne tira dietro altre; ed ecco spiegato perché al Centuplo, che fa del bene, gli capitano sempre cose belle. Proprio come è accaduto l’altro ieri, al Campidoglio.
Il Centuplo – in compagnia della trasmissione radiofonica gemella che va in onda su Radio Mater – ha vinto il “Microfono d’oro”, premio che il comune di Roma dà ai programmi, che si sono distinti nel vasto panorama dell’etere romano e nazionale.
Vi dicevo, appunto, che io sono un amico del Centuplo, nonché di Giorgio Gibertini, il suo direttore, e dunque non ho resistito alla tentazione di andare alla premiazione, per assistere all’evento. Mentre son qui, però, che vorrei raccontarvi di ciò che ho visto e vissuto al Campidoglio, la mente mi tira un brutto scherzo, vedo la simpatica facciona di Giorgio, che mi compare dall’altra parte della scrivania:
“Solo cose belle, solo cose belle, solo cose belle, mi raccomando Paolo, non fare come al tuo solito, scrivi solo cose belle!”
“D’accordo Giorgio ci proverò”… – mento spudoratamente. E inizio a scrivere. Scrivo di come la premiazione sarebbe dovuta iniziare alle 17; ma in perfetto stile romano ospiti, premianti e premiati si presentano con tutta calma a partire dalle 17 e 20.
Poi sotto gli occhi sconcertati dei presentatori, comincia il gigioneggiamento generale: ciascuno gioca con il proprio telefonino, fa selfie ai piedi del palco, domande, riprese e interviste. Cosa assai curiosa ognuno è sia intervistante che intervistato, finito di fare le domande a Tizio, risponde ai quesiti di Caio, poi tutti si voltano sorridenti verso l’obiettivo di Sempronio, deformano la bocca, la stringono a culo di gallina per far sparire le rughe, e fanno gli occhi ridenti e fuggitivi. Alle 17 e 50 i presentatori, ormai affranti, ci invitano a fare silenzio. La premiazione può avere inizio… finalmente.
Parte così la corsa ad accaparrarsi i posti migliori; i premiati scalano in terza e quarta fila, perché la prima è riservata ai vip e la seconda a quelli
che aspirano a diventarlo. Alcuni litigano, altri si accusano di essersi rubati la sedia:
“L’ho vista prima io!”
“No io!”
“Ma io sono più importante di te!”
“Non lo metto in dubbio – provo a replicare – però…”
“Mi dispiace, chi va a Roma perde la poltrona!”
Al che non posso neppure rispondere: “sono stato al Campidoglio e la poltrona la rivoglio!” perché al Campidoglio ci stiamo tutti. I presentatori ci scongiurano disperati di fare silenzio. In realtà di sedie ce ne sono in abbondanza, più di 400! Gli animi in qualche modo si placano, i premiati iniziano così a salire sul palco; giornalisti famosi, di testate importanti, si susseguono l’un l’altro. Il Presidente dell’Ordine, il Responsabile della Redazione, il Direttore della Testata… poi all’improvviso si sente sussurrare: “ritira il prossimo premio Giorgio Gibertini” segue un timido applauso.
Tutti si guardano perplessi, come a dire: “e questo chi è?”. Giorgio sale sul palco. Non ha abiti da sera, né da cerimonia; è vestito con una polo rossa, con su il logo del centuplo; non sorride al Direttore di Omega, non saluta il Presidente si Alfa, ma gli organizzatori e i figli, la moglie e gli amici; poi stringe il microfono e in una sala distratta inizia a parlare con la sua inconfondibile “erre lombarda”.
“Sono convinto che vi siano più cose belle che brutte da raccontare, più persone belle che brutte da incontrare e far conoscere, più luoghi belli che brutti da visitare e da divulgare”.
Si fa improvvisamente silenzio:
“Noi raccontiamo questo. Ci impegniamo a scovare il bello che c’è nel quotidiano, nel vicino di casa, nella vita di famiglia, nelle esperienze della vita di tutti i giorni.”
Siamo rapiti – o meglio rapiti – dalle sue parole così dirette, semplici e umili. Poi la chiusura che non ti aspetti:
“Marconi diceva che la radio avrebbe unito il mondo e l’avrebbe reso migliore; ecco io aggiungo che, se arricchiamo le nostre trasmissioni di cose belle, lo rendiamo ancora più migliore.”
Qualche istante di stupore, poi un applauso fragoroso. Di nuovo tutti si guardano come a dire “ e questo chi è?”; questa volta però in un senso completamente diverso.
Grazie direttore, per averci offerto l’ennesima cosa bella!
Paolo Velonà