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Non si può avere il posto fisso alle poste e fare la vita spericolata

Più o meno nell’indifferenza generale di un’Italia distratta dall’afa e dal calcio, la nazionale di pallavolo femminile ha vinto qualche giorno fa la medaglia d’oro nella Volleyball Nations League 2024, battendo per 3-1 il Giappone e proiettando le azzurre ufficialmente tra le migliori squadre che disputeranno le Olimpiadi a Parigi 2024.

Da gennaio la formazione femminile è guidata dal grande Julio Velasco, il tecnico argentino naturalizzato italiano che ha cambiato la storia della pallavolo italiana. Velasco infatti è lo storico coach della “Generazione di Fenomeni”, la nazionale italiana maschile che negli anni ’90 ha vinto tre mondiali consecutivi ed è stata nominata Migliore squadra del secolo dalla Federazione internazionale di pallavolo. Con 2 titoli mondiali, 3 europei, 5 titoli della World League e un argento olimpico, coach Velasco ha costruito le fondamenta che, negli ultimi 30 anni, hanno portato il volley italiano ai massimi livelli internazionali.

Julio Velasco ha vissuto tutto. Nasce professionalmente come insegnante di filosofia, giocatore e poi allenatore a tempo perso di volley. Scappa dall’Argentina della dittatura militare, della repressione e dei desaparecidos e negli anni ’80 approda a Jesi. Da lì una serie di fattori si allineano alla perfezione e fanno uscire fuori prima l’uomo e poi il tecnico che dalla serie A nella cittadina marchigiana, si sposta nel tempio della pallavolo mondiale, a Modena dove vince 4 scudetti e prende le redini della Nazionale scrivendo la storia della pallavolo italiana.

Da allora ha portato alla vittoria tutto ciò che toccato, oggi ha 72 anni ed oltre essere un allenatore illuminato e rivoluzionario, è diventato anche un grande formatore e motivatore, dal momento che compito del coach è, oltre tutto, motivare la sua squadra alla vittoria. E Velasco porta questa sua capacità di convincimento anche negli ambiti aziendali, spiegando – spesso attraverso metafore sportive – concetti come Leadership e Lavoro di Squadra, riassunta dal diretto interessato in una sorta di DECALOGO:

Regola numero 1: l’allenatore non fa, ma convince a fare. Ecco perché (punto 2) nell’errore bisogna cercare il motivo e non il colpevole. Per ricreare armonia nello spogliatoio, Velasco attinge al “3”: la squadra si costruisce cominciando a stabilire i ruoli. Punto propedeutico al successivo, “Festeggiare anche gli errori” anche perché, come recita… l’articolo 5, “Sì sì, pero è no”: Quando si deve dire di no, lo si deve fare in modo chiaro, senza tergiversare. Anche incoraggiarsi fa parte del decalogo. È il punto 6. “Dire più spesso “bravo”, anche ai bravi. Alle donne moltiplicate per quattro! Questo perché le donne tendono a essere molto critiche verso se stesse. È importante riconoscere quando qualcuno fa qualcosa bene, anche perché l’emotività è importante per tutti… anche per i maschi alfa! Tutti hanno bisogno di riconoscimenti. Ma a volte non basta. E allora ecco il comandamento numero 7: “Serve qualcuno che ci spinga in piscina per costringerci a nuotare” e senza (punto 8 ) paura di chiedere perché nell’andare oltre i propri limiti. Concetto riassunto nel nono comandamento, forse il più importante di tutti:

“Non si può avere il posto fisso alle Poste e fare la vita spericolata”. Se si vuole inseguire un sogno occorre dedicarcisi anche a costo di lasciare una scelta magari più comoda ma che potrebbe alla lunga rivelarsi insoddisfacente. Velasco cita come esempio i suoi primi anni da allenatore: per allenare a Jesi ha mollato tutto, accettando un contratto al minimo sindacale. Se avesse continuato ad allenare a tempo perso non sarebbe diventato il miglior allenatore del mondo e forse non avrebbe avuto nessuna soddisfazione nemmeno dal suo vecchio lavoro.

L’ultimo comandamento, il decimo, non ha bisogno di commenti: “Chi vince festeggia, chi perde spiega”: La soluzione del problema non sta nel parlarne me nel trovare ogni modo possibile per risolverlo.

Sebastiano Alicata

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