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L’Intelligenza Artificiale non sa far ridere e non sa tradurre Platone

Non so molto di Intelligenza Artificiale, ma ho sempre pensato che ci sarebbe stata una cosa che non sarebbe stata capace di fare, e cioè far ridere. L’umorismo prevede uno scarto tra attese e realtà, tra premesse e conseguenze che nessuna macchina saprà mai fare.

Ieri ho scoperto dai titoli dei giornali che c’è almeno un’altra cosa che l’IA non può fare: tradurre Platone.

Il greco non ha regole meccaniche, non basta conoscere la grammatica, quella è necessaria, ovvio, ma poi serve l’intuito, la capacità di cogliere i salti del pensiero, le sue figure, insomma l’intelligenza umana. Infatti era un uomo Lorenzo Rocci, il sacerdote che pubblicò il mitico vocabolario greco italiano nel 1939, senza computer quindi, scrivendo a mano, appoggiandosi a un archivio cartaceo sterminato all’interno del quale si muoveva grazie al metodo, alla memoria, alla sua prodigiosa testa, altro che intelligenza artificiale. Quando dopo avere perso tre diottrie trovavi la frase della versione e stavi per esultare, quasi sempre scoprivi che NON era tradotta, perché ci dovevi arrivare dal contesto. Dopo l’estrema unzione padre Rocci espresse il desiderio di fumarsi un sigaro, prima di morire nel 1950, ma giuro non è stata colpa mia: io gli accidenti glieli ho mandati negli anni ’80.

(Scherzo, l’ho amato così tanto che un nuovo Rocci è stato il mio regalo di maturità).

Costanza Miriano

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