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La rivoluzione silenziosa del perdono quotidiano e metropolitano

Sono una donna italica media sonnopriva di quelle bone e care, che al bisogno attutiscono spintoni e offese.

Finché non ci vanno di mezzo i nostri bambini (ma pure quelli degli altri per osmosi). Ovvero se mi tocchi i figli non è che you’re gonna hear me roar, come dice Kate Perry, e basta. Eh no.

Ti pigli pure l’onda d’urto appresso che sbalanza fuori dal sistema solare.

Eppure non è che non so perdonare.

Ad esempio riuscirò a perdonare, entro il 2026, il tizio che taglia la strada a tutti che tu dici sarà di sicuro un cardiochirurgo in partenza per l’Africa, e invece quello si ferma 500 metri dopo, lento lento, al bar.

Posso provare a conciliare con il vigile urbano che mi fa la multa perché ho oltrepassato con un quattordicesimo di ruota anteriore destra la striscia blu del parcheggio a pagamento.

Respirando a fondo molte volte, raggiungendo vette mistiche altissime, arriverò probabilmente a provare una simpatica affezione per la ragazza con la faccia di cartongesso che mi sorpassa in fila al bagno del centro commerciale, l’unico funzionante, e ci si chiude dentro per la durata di un paio di atti della Traviata, per uscirne alfine con un vestito paillettato al posto del jeans con cui ci è entrata.

Ma perdonare il tizio che ieri, vedendo una madre attraversare sulle strisce pedonali carica come un mulo mano per mano con due bambini, invece di rallentare ha accelerato facendoci lo slalom a un pelo dai talloni, perdonare lui? Ma non credo proprio.

Non gli ho lanciato una ciabatta dietro semplicemente perché non avevo arti utili a disposizione, ma la tentazione è stata immensa.

Amare chi davvero ci punge sul vivo? Chi ci fa male negli affetti più cari?

Non ho idea di come si faccia. Non chiedetelo a me.

Ma c’è un Padre che fa sorgere il sole pure sulla capoccia di quel fetente pirata della strada, figlio suo come me, invece di lanciargli le meritate saette infuocate del caso.

In quest’epoca di rivalse e rivendicazioni e battaglie a ogni pie’ sospinto, c’è una rivoluzione silenziosa che si chiama perdono.

L’unica alla fine in grado di innescare davvero la pace, a partire dai nostri cuori.

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