Dall’orfanotrofio al tetto d’Europa: la lunga corsa di Yeman
Quella di Yeman Crippa è una storia di integrazione come tante, ma dal sapore particolare perché rappresenta un viaggio attraverso la speranza, il sacrificio e la determinazione. A guidare questo percorso, una narrazione potente che emerge non solo attraverso le sue parole ma anche dalle battute finali delle competizioni che ha dominato e che sta dominando.
Yeman è un ragazzo che viveva con la sua famiglia sull’altipiano di Dessiè, a 300 chilometri da Addis Abeba, la capitale dell’Etiopia. Poi è arrivata la guerra con l’Eritrea, che come tutti i conflitti porta distruzione e perdite. Di sogni, e di vite umane. Nell’arco di poco tempo entrambi i genitori muoiono e Yemaneberhan (che aramaico significa “il braccio destro di Dio”) finisce in orfanotrofio con tre sorelle, due fratelli e tre cugini. Ci resta per alcuni anni, fino a quando nel suo cammino incrocia due persone speciali.
Roberto e Luisa Crippa partono da Milano nel 2003 per adottare tre fratelli rimasti orfani. Ma, una volta arrivati, scoprono che i fratelli sono 5, oltre a 3 cugini, tutti molto legati tra loro. I coniugi Crippa lo capiscono e, così, decidono per un gesto che a tutti appare folle: adottarli tutti. Non subito, naturalmente. Prima sono rientrati in Italia con i tre fratelli per i quali erano arrivati, negli anni a seguire sono tornati in Etiopia per riunirli tutti e stabilirsi in Trentino.
Raccontava Yeman:
“L’orfanotrofio non era un bel posto dove vivere. Nessuno, tra noi cugini, parlava della possibilità che ci dividessero. Entrambe le cose non ci piacevano: né restare lì, né l’idea di finire in famiglie diverse. Quando sei costretto a scegliere tra due veleni è meglio non scegliere per niente, tanto saranno gli altri a farlo per te. Sai per certo che qualcosa ti farà stare male, ma almeno ti risparmi il senso di colpa. Mi sento fortunato ad essere stato adottato, questa, in fondo, è la mia seconda vita. In Etiopia mi aspettava un’esistenza misera, da orfano in orfanotrofio, non avevo idea di come sarebbe andata a finire. I miei genitori adottivi mi hanno dato una possibilità: una vita normale, un tetto, la scuola, l’atletica. Sono partito dal nulla. Avere dei vestiti e dei libri di scuola in Trentino era già tantissimo. I miei compagni avevano tutto. Io non ho mai avuto né giochi né vestiti comprati, mai avuto cose materiali. Io e i miei fratelli ci siamo sempre dovuti meritare tutto, ma va bene così. Ho imparato a soffrire, a sacrificarmi, a lavorare con determinazione per un risultato. Il mezzofondo, in confronto, mi è parso quasi facile”.
Yeman Crippa, che si ispira a Stefano Baldini – oro olimpico ad Atene 2004, e la cui storia sportiva è iniziata tra le montagne del Trentino, sabato ha vinto la medaglia d’oro nella mezza maratona dei Campionati europei con lo stratosferico tempo di 1h01’03. Attualmente è il miglior mezzofondista azzurro di sempre, detenendo tutti i record, dai 3000 m alla maratona.
Dispiace leggere commenti e post discutibili circa il colore della pelle di alcuni atleti italiani.
Crippa è da considerarsi italianissimo, vive in Italia, paga le tasse in Italia e mostra molto più attaccamento al nostro paese rispetto ad altri atleti con la pelle più chiara. Uno come Crippa, partito dal basso e venuto dalla guerra, semmai dovrebbe essere visto come l’esempio per eccellenza del potere trasformativo dello sport. La sua umiltà e la grande determinazione costituiscono un modello davvero importante, soprattutto in un periodo storico in cui spesso i giovani nati e cresciuti in Italia tra la bambagia e le comodità, preferiscono il divano e i videogiochi al sacrificio della corsa e dello sport in generale.
Corri Yeman e non fermarti: l’Italia della corsa sogna con te.
di Sebastiano Alicata