Il dubbio – un racconto di Benedetta Bindi
“Col dubbio siamo giunti alla verità”. Cicerone
Pioveva. Era seduta su una panchina, esausta dopo aver corso per un’ora, si guardava le sneakers colorate. Aveva le gambe distese, i talloni appoggiati sul terreno. Faceva toccare le punte dei piedi tra loro, per poi allontanarle come fosse una bambina irrequieta.
Si era precipitata nel parco sbattendo la porta di casa, pensando che una corsa a ritmo sostenuto l’avrebbe calmata, ma non era andata così. I dubbi, come fossero edera, le erano saliti dai piedi al cervello. Ne era totalmente invasa. Intanto l’acqua cadeva inarrestabile e le scivolava nei vestiti. Era disposta a bagnarsi fino dentro le scarpe, pur di non tornare da lui.
Le cose con suo marito avevano sempre funzionato, nonostante l’impegno per crescere due figli equilibrati. Il problema con suo marito era solo uno: i nuovi amici del circolo. Lei gli aveva consigliato di fare sport, perché negli ultimi anni era ingrassato notevolmente. Lui si era iscritto al club poco distante dall’ufficio, insieme a un collega che si era rivelato pigro, e rinunciava sempre all’ultimo con una scusa. Così suo marito aveva cercato qualcuno con cui fare amicizia, che giocasse a paddle o a tennis, per non buttare i soldi spesi.
Ultimamente tornava a casa dopo essersi allenato, e gli raccontava le “scappatelle” dei suoi nuovi amici, i quali si passavano l’abitudine del tradimento l’uno l’altro, come il testimone con la staffetta. Lei temeva che prima o poi sarebbe caduta anche nelle mani di lui. Seduta su quella panchina, si domandava se non gli fosse già capitato. I suoi racconti la turbavano, ma aveva sempre taciuto, pensando che finchè la rendeva partecipe, pericolo non c’era. Ma nel tempo la sua sicurezza si era slabbrata, come fosse un elastico troppo usato.
Quella domenica mattina, sorseggiando il caffè e con stampato in volto un risolino divertito, suo marito le aveva raccontato come la giovane tirocinante, di un tipo con il quale aveva giocato a tennis, si era sdraiata semi nuda sulla sua scrivania. Lui era rientrato da una riunione, e aveva trovato la bella sorpresa. Claudia non sapeva se avesse detestato di più in suo marito, quel risolino complice, o le sue parole, e si era rabbuiata.
Lui le aveva detto: ”Claudia non fare quella faccia, è una scappatella, non una malattia incurabile. La ragazza ha ventisei anni, non sedici, e l’ha provocato appena ha messo piede nel suo ufficio. Mi ha fatto vedere la foto ed è bella parecchio. Io le avrei detto rivestiti, lui no! Sai che aveva tatuato sulla pancia la tipa? Sono tua!”
Lui spalmava la marmellata sul pane tostato, e scuoteva sorridendo la testa. A Claudia era parso davvero teatrale quel: ”io le avrei detto rivestiti“, come se suo marito fosse al di sopra di ogni tentazione. Così aveva indossato la tuta, preso il marsupio e le cuffie, ed era uscita sbattendo la porta, anche se aveva iniziato a tuonare.
Sedeva ormai da dieci minuti sotto l’acqua, ma non riusciva a muoversi. Pensava alla moglie di quel tipo, con un marito che mostrava negli spogliatoi la foto del suo trofeo: una trentenne mezza nuda.
E quella tipa, perché andava con un uomo dell’età di suo padre? Essere fedeli poi le appariva una rarità, una scelta folle, alla quale temeva che solo lei aveva creduto per tanti anni, e con coraggio ci si era aggrappata.
In lontananza vede arrivare suo marito con un ombrello, nel momento esatto in cui le scappa uno starnuto e i piedi le si stanno gelando: “così ti verrà una polmonite! Andiamo Claudia, non essere stupida. Sono un gruppo di uomini con i quali faccio sport, quelli del circolo, stop. Mi hai consigliato tu di smaltire i chili di troppo, ricordi? Giacomo non viene mai, ed io ho trovato quei quattro matti con i quali giocare. Mi fanno ridere i loro racconti, nulla di più. Credi che in ufficio non se ne senta di storie, non te le ho mai raccontate, ma queste sono esagerate. A volte dubito addirittura che siano vere”.
Lei si alza in silenzio, camminano insieme, lui a un certo punto si arresta. Sono davanti a un laghetto, le barchette ormeggiate al molo dondolano all’unisono. Lui le dice: ”facciamoci una foto, la mando a Luca, a lui piaceva tanto salire su queste barchette, ricordi? Francesco invece le detestava, aveva paura di cadere nell’acqua”.
Lei ricorda, eccome, prova nostalgia del tempo che laggiù, in quel parco, ha trascorso con loro. Un tempo dove non c’erano i dubbi, perché tutto filava così liscio e veloce, che a volte si addormentava nel letto senza nemmeno struccarsi, ma con il sorriso stampato sul volto.
È sorpresa che suo marito voglia farsi un selfie, lui odia farsi fotografare. Non vede più da tempo, alcuna relazione tra il sessantatreenne che è nelle immagini, e l’uomo pieno di energie che sente ancora di essere. Di solito è lei quella che vuole ritrarre tutto con l’obiettivo, a volte anche un piatto al ristorante, per poi rifarlo. Ora invece lui scatta, lei non sorride, lui ci riprova, lei accenna a muovere gli angoli della bocca, lui scatta e con coraggio la bacia sulla bocca. Lei si lascia baciare.
Poi lui le dice: “questa la mostro domani negli spogliatoi”.
Lei risponde: ”non fare il cretino”, e gli dà un piccola spinta sulla spalla.
La pioggia ha smesso di cadere. Lui chiude l’ombrello e le prende la mano. La signora anziana dell’ultimo piano, sporgendosi dal balcone, lì vede avvicinarsi al portone, e pensa che sono sempre stati una bella coppia. Claudia dopo aver tolto i vestiti bagnati, entra in doccia, e mentre l’acqua calda scorre su di lei, ha lo stesso pensiero.