Vorrei tornare allo stadio con te – un racconto di Benedetta Bindi
“Questo amore tutto intero, ancora, ancora così vivo, tutto pieno di sole, è tuo e mio” Jacques Prèvert
Carla è a letto, non sta bene. L’intervento non è stato difficile, anzi molto semplice ha detto il dottor Arnaldi, il medico che l’aveva già operata quattro anni fa. Lei però si sente a terra, come se l’avessero schiacciata con un carrarmato.
Sperava di esserne uscita, invece…
Tutti i controlli ai quali si era sottoposta negli ultimi tre anni, erano sempre stati ottimi. Poi un’esame del sangue aveva rivelato dei valori alterati. Si era sottoposta a visite mediche tempestive, quelle che lei avrebbe voluto dilatare nel tempo, perché temeva una recidiva, e ne era spaventata.
Il nostro animo è strano, a volte preferisce non sapere la verità, che affrontare un dolore troppo grande. Cristiano invece , suo marito, non era della stessa opinione, si era mobilitato con una velocità impressionante, aveva chiamato subito il medico che aveva in cura sua moglie, il quale l’aveva sottoposta ad altri accertamenti, poi la dura sentenza.
Il male non se n’era andato, si era solo nascosto, per rispuntare allegro come dicesse:” salve, mi ero solo addormentato”
Così di fretta un’altra operazione, seguita da una cura immunologica, nulla di più, fortunatamente. Eppure Carla non riusciva a essere felice che tutto fosse andato bene, ora aveva solo voglia di dormire, e non svegliarsi più.
La sua coscienza però le diceva che non poteva farlo, c’era suo marito nell’altra stanza, aveva bisogno di lei. Sentiva arrivare dall’altra stanza la radio cronaca della partita, e lui inveire contro l’arbitro. Una volta era andata allo stadio, si era anche divertita. Ricordava ancora il bicchierone di birra gigante tra le mani, faceva fatica a non farlo cadere, mentre cercavano posto tra le tribune. Era tornata a casa brilla, tanto che aveva anche esultato, per il goal dell’altra squadra, presa dall’alcol e dall’euforia dei cori. Improvvisamente un accenno di sorriso le appare sulla bocca, al ricordo di quella serata, soprattutto pensando allo sguardo che gli aveva rivolto suo marito udendola urlare, l’avrebbe voluta far scomparire. Solo allora aveva capito l’errore, e trattenuto il riso.
Pensava sempre a Cristiano ultimamente. Continuamente.
Ora lui si trovava solo sul divano, avevano discusso qualche ora prima. Lui si era cucinato la pasta, lei era certa che l’aveva mangiata davanti alla televisione. Una cosa che faceva sempre in sua assenza. Carla gli aveva detto che non voleva mangiare ma dormire, e avevo chiuso la porta della stanza. Desiderava ancora cucinare per lui, desiderava dargli degli figli, che non erano mai arrivati, come se avessero saputo in anticipo che lei era una mamma: “malandata“, e che era meglio crescere in una pancia sana.
Ripensava alla loro lite, alla frase che lei istintivamente aveva detto, facendolo infuriare: ”vai pure a letto con un’altra, però cerca di non innamorarti, d’accordo?” Di sicuro alcuni suoi amici sposati sarebbero stati contenti di sentirsi dire una frase del genere, lui no. Lui era diverso, ed era per questo che se n’era innamorata. Pensò che poteva evitare di ferirlo, dopo tutto quello che faceva per lei, ma ormai la frase era stata detta, e poi nel profondo era stata anche sincera. Nella sua testa si radicava come una pianta infestante, la convinzione che suo marito avrebbe dovuto scegliersi un’altra donna, una sana che non lo facesse soffrire. Lei voleva dargli gioia, figli, risate, non medici, malattie e camere d’ospedale. Era sprofondata nel più totale sconforto, si era tirata il lenzuolo sul viso e aveva pianto. Poi passato lo sfogo, si era asciuga le lacrime, e aveva deciso di leggere un romanzo sulla vita di Giovanna D’arco, regalatogli dalla sua migliore amica.
Carla è dai tempi del liceo che legge biografie di donne coraggiose, si è sempre sentita anche lei una guerriera.
Dopo la seconda operazione però, vorrebbe gettare via l’armatura e la spada, è indecisa. Legge una ventina di pagine. Poi d’improvvisoi le passano in testa tutte le donne che suo marito incontra durante la settimana. Il Presidente della società dove lavora, che gli ha sempre sbavato dietro. Lei se n’è accorta quando è stata invitata ad una serata di beneficenza, la tipa arrossiva ogni volta che parlava con lui. La cameriera del bar sotto casa, esageratamente prosperosa, che a lui fa il cappuccino, e ci disegna tutte le volte un cuore. Quando Carla glielo faceva notare, suo marito ci rideva, e rispondeva: “ma và lo fa a tutti” e lei ribadiva sempre: ”a me no!”
Poi c’è la ragazza riccia che porta fuori i cani del quartiere. Esce sempre quando Cristiano è al parco con Rocky, il loro bastardino. Lei gli li ha visti chiacchierare affacciandosi alla finestra della sua camera. Non è una bellezza ma giovane e robusta.
Guarda le pillole poste sul comodino, deve prenderle, quelle tolgono il dolore dell’anima, ma le cancellano ogni desiderio, la rendono come liquida, mentre la vita continua. Decide di evitare la compressa, almeno per oggi, sente Cristiano urlare: ”goal!!!”
Rocky abbaia, lei decide di sforzarsi e uscire da quel letto che vuole risucchiarla. Cristiano, come la vede comparire in salone, le sorride, come se avesse visto la cosa più bella del mondo. Non è arrabbiato, no, per quella frase infelice. Carla si siede accanto a lui e gli dice: “voglio vederla anch’io la partita, sai vorrei tornare allo stadio con te!”
Lui l’abbraccia stretta, e lei pensa che alla fine è fortunata perché non potrebbe essere più amata, e che adesso forse quel male è proprio sparito, anzi non deve pensarci più: a lui, alle altre donne. Ora deve solo indirizzare le sue energie verso tutte quelle cose che deve ancora fare. Appoggia il volto sul petto torace di lui, sente il suo cuore battere. Poi si scosta, gli mette le mani sul viso, lo guarda e lo bacia, mentre l’arbitro fischia la fine della partita.