chiesa

A casa di Don Bosco

A una certa se vuoi conoscere qualcuno devi darti una mossa e andarlo a trovare a casa. Allora quando Margherita si è offerta di portarmi da don Giovanni le ho detto sì, e lei mi ci ha portato.

Menomale.

Pensavo di conoscere già don Bosco, e invece non ci avevo capito mica molto.

Ho visto coi miei occhi le stanze tirate su coi sassi assieme ai ragazzi, i posti dove pregava, il crocifisso che gli faceva compagnia durante le celebrazioni, la statua di Maria che lui guardava ogni giorno. Ho visto la povera sciarpa rattoppata, quella aveva e quella usava, lui aveva da pensare ai ragazzi. (Ho visto anche una statua di Maria di una tenerezza disarmante, che ne vorrei una uguale da mettermi sul comodino come memento).

A casa di don Giovanni ho conosciuto anche i suoi amici, Domenico Savio e Francesco di Sales.

Con Domenico c’erano tanti fiocchi nascita, perché lui protegge le partorienti, veglia sui parti difficili. Ha iniziato a farlo quando era ancora bambino, con sua madre che stava per morire di parto, e pare da allora non abbia più smesso.

Di Francesco di Sales ho scoperto invece che doveva fare l’avvocato, ma la sua vocazione era il sacerdozio, inoltre da giovane aveva un carattere niente male limato pazientemente fino a diventare mitissimo. Forse c’è speranza pure per quelli come me, forse.

La san Tommasina che mi vive dentro ha vette mistiche e pozzanghere di incredulità. Se non vedo non è che non credo, però se vedo è meglio.

Dunque oggi ho visto, e devo dire grazie.

A Margherita che senza conoscermi ha deciso di volermi bene, ai santi che parlano oggi come ieri, all’amicizia che fa uscire dai propri comodi per andare verso l’alto.

Che bello questo fatto che anche i santi avessero bisogno degli amici.

Non ci si salva da soli, ed è bellissimo così.

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