Paolo Palliccia, Le Bonifiche nel Lazio (Discendo Agitur, 2024)
Dalla Prefazione di Paolo Velonà leggiamo: “A volte gli storici si dedicano troppo ai ‘grandi uomini’; altre volte, invece, la loro attenzione si concentra tutta sui documenti e sui numeri. Ci sono libri, infine, che restituiscono alla storia il suo volto più umano ed eroico. Il lavoro di Palliccia è tra questi. Contadini, operai, medici, ingegneri, maestri: la bonifica fu una grandiosa opera collettiva di una comunità. L’autore ci racconta l’epopea di queste donne e di questi uomini con un linguaggio semplice ed efficace, senza perdere con ciò il suo rigore scientifico.”
Il saggio di Palliccia è un viaggio trasversale, dall’Agro Romano a quello Pontino, con l’intento di contribuire alla totale riscoperta di una storia, quella delle bonifiche laziali, ricca di significati umani, sociali e politici. La bonifica romana e pontina rappresenta una fase di vita di chi, lontano dalla sua terra e da aree più salubri, ha gettato il cuore oltre l’ostacolo, in un’avventura coraggiosa fatta di sacrifici e dolore. Infatti, come ricordava Arrigo Serpieri, il termine ‘bonifica’ ha un significato etimologico ampio, che individua tutte quelle azioni, legislative ed operative, finalizzate a «render buono, rendere migliore». Bonifica non solo come trasformazione della terra ma anche e soprattutto come azione trasversale e globale tesa al miglioramento, attraverso il grande impegno scientifico e sociale profuso dai medici del Regno, i quali, fra enormi difficoltà, hanno contribuito, con i loro studi e il loro impegno politico, ad eradicare la malaria dalle paludi dell’Agro romano e pontino. La lotta antimalarica venne condotta da medici-eroi come Angelo Celli che, grazie alle vaste conoscenze acquisite e, soprattutto, all’enorme impegno umano e professionale, non solo debellarono il “grande flagello”. La malaria, per millenni, aveva infestato le terre laziali rendendo impossibile qualsiasi tipo di struttura agricola stabile. Il settore agricolo, attraverso una vasta opera di bonifica integrale, ha ritrovato terre disponibili e condizioni salubri adatte ad una produzione agricola duratura e fruttuosa. L’introduzione del chinino come baluardo contro la “mal’aria” ha rappresentato una svolta epocale completata, poi, con l’utilizzo del DDT.
L’iter, ricco di personaggi ed eventi storici di grande importanza, che ha permesso la soppressione del flagello malarico e la conquista delle terre paludose ed insalubri riconsegnate all’agricoltura ha, però, fatto emergere anche molti errori e difficoltà, evidenziate chiaramente all’interno del saggio a completamento di un quadro storico che è frutto di mille combinazioni tenute assieme da un collante unico: l’impegno umano.
Basti pensare alle difficili condizioni alle quali erano sottoposti i contadini dell’Agro romano, spesso vessati dal padrone e massacrati dalle febbri malariche; oppure alla grande epopea dei braccianti romagnoli dell’AgOBR (Associazione generale Operai Braccianti del Comune di Ravenna) i quali, condizionati dalla difficile situazione socio-politica romagnola, si trovarono catapultati ex abrupto nella grande opera di bonifica del litorale romano.
Paolo Palliccia è particolarmente sensibile alla Storia, alla Geografia, all’Agronomia (botanica, zootecnia, entomologia), alla Sociologia, alla Politica (legislazione), alla Medicina, ed al sentimento dell’amore (quella magia che porta l’uomo ad aver compassione per un proprio simile). È proprio quest’ultimo aspetto che traspare dai racconti e dagli aneddoti relativi a questa epopea della storia di questo territorio. Al di là della bonifica del territorio (sia meccanico-idraulica che integrale, come amava definirla Serpieri) indubbiamente è avvenuta un’altra bonifica – ancor meno nota agli storici – nell’anima di quei medici che hanno sacrificato gran parte della loro vita al servizio dell’altro, del debole, del bisognoso. Il dolore, lo sforzo, la sofferenza, il sacrificio (sacrum facere) pare che siano mezzi fondamentali per la catarsi dell’anima umana, per una purificazione interiore che permetta di guardare all’altro in maniera meno soggettiva ed egocentrica. Questa è stata l’epopea eroica dei medici (Grassi, Celli, etc.), degli insegnanti (maestri di vita e formatori di coscienze) e soprattutto dei tanti dei braccianti (come i Ravennate, che già provenivano da situazioni difficili), alcuni dei quali hanno pagato anche con la vita questo cammino di bonifica globale. Un felice esempio (e nella storia ve ne sono stati pochi) d’incontro di classi sociali che pur nella loro diversità di estrazione culturale hanno collaborato per un fine comune: il bene, per ciò che è buono (la bonifica).